Gli scienziati ci avvertonoo che la crescente tendenza a curarsi dalla tristezza come se fosse una malattia non è certo un fatto positivo: si arresta la crescita del nostro lato introspettivo e si rimuove la nostra dimensione emozionale.
Il proverbio che dice “ Quel che non ci uccide, ci rende più forti”, dice il vero infatti essere tristi, attraversare momenti di melanconia può renderci più in grado di affrontare la sofferenza e quindi di non arretrare di fronte alla sfide della vita, ci rende più coraggiosi e ci stimola ad andare avanti.
I ricercatori asseriscono che nella nostra società tutto sembra essere a portata di mano, anche la felicità è fuori dalla porta di casa, l’unica cosa da fare è afferrarla. Visto questo punto di partenza è facile comprendere che esiste una scarsa tolleranza alla sofferenza causata dalla perdita di un lavoro, dall’interruzione di una relazione oppure dalla morte di una persona cara, tutto questo non è contemplato dalla nostra cultura.
Si registra un aumento piuttosto rilevante di individui che ricorrono ad un farmaco per non affrontare un momento di tristezza. Questa tendenza è all’origine di un’attenta analisi da parte degli esperti delle malattie mentali che non vedono positivamente questo consumo eccessivo di farmaci.
Lontano “dall’esistenza liquida” frutto della vita moderna, che non prevede momenti in cui ci si ferma, l’essere umano ha sofferto di stati depressivi da millenni e questo ha dato effetti benefici alla specie umana. Si stima che una persona su quattro soffrirà di stati depressivi in alcuni momenti della propria vita- il cinque per cento della popolazione in questo momento convive con questo “disturbo”.
Un numero crescente di psichiatri dubita che le compagnie farmaceutiche e i medici stiano indirizzando i pazienti verso le adeguate terapie, ovvero che i pazienti assumono farmaci troppo potenti e potenzialmente nocivi.
Jerome Wakefield, professore di psichiatria dice:” Quando riscontriamo qualcosa che è presente in maniera profonda dal punto di vista biologico dobbiamo presumere che è sopravvissuto ai processi di selezione a cui gli esseri umani sono stati sottoposti nel corso del tempo perchè apportava alcuni vantaggi- altrimenti non sarebbe giunto sino a noi. Eliminare questa parte è impossibile, questa sorta di make up biologico è un modo per barare con noi stessi. “
Il professor Wakefield, della New York University, ritiene che la tristezza umana ci faccia imparare dai nostri errori. Egli afferma :” Io penso che una delle funzioni delle emozioni negative molto intense sia quella di farci fermare, e di far focalizzare la nostra attenzione su qualcos’altro.”
La rivista “New Scientist” riporta che la tristezza potrebbe fungere da deterrente per non compiere in futuro errori per cui abbiamo sofferto molto.
Il dottor Paul Keedwell, uno psichiatra dell’Università di Cardiff, afferma che la depressione può persino essere una manna dal cielo in alcune circostanze infatti può salvarci da effetti di stress a lungo termine. Egli dice che senza prendere un po’ di tempo per riflettere si può incorrere “ in uno stato cronico di stress cornico, fino al punto di esaurire completamente le nostre risorse vitali e arrivare al decesso.”
bastet
sono pienamente d’accordo con l’articolo…
ma, secondo me, tristezza e depressione sono due stati diversi; almeno questo è quello che ho capito dopo diverse esperienze personali…
o no?
DanieleMD
@ bastet: Alla parola depressione associamo uno stato patologico molto serio ma in realtà esistono anche eventi depressivi cosidetti minori (ad esempio in seguito ad un lutto) che sono fisiologici e che possiamo paragonare alla tristezza.
Grazie mille per il commento ;)
Niki Costantini
Bel post, sono contenta di averlo letto perché in qualche modo conferma quello che avevo sempre sentito.
Gli stati di tristezza, i periodi bui fanno parte della nostra vita, è impossibile pensare che non capitino mai. Ne sto attraversando uno ora e ovviamente non mi piace, ovviamente non sto bene, ma credo sia un modo per fermarmi un attimo e guardare un po’ in me. Dall’esterno arrivano continuamente degli stimoli di segno contrario: bisogna sempre essere al massimo, felici, positivi, ottimisti e tutto quanto non rientra in questi standard viene rigettato come “non normale” e quindi non auspicabile.
Per quanto riguarda me posso dire che le lezioni più grandi della mia vita le ho imparate proprio durante i periodi tristi; certo preferirei non averne, ma non li combatto a priori.
Con questo mi lascio trasportare, sperando che passi… :)
Moreno
Sono completamente d’accordo con il professor Wakefield. Le emozioni cosidette “negative” hanno lo scopo di attirare l’attenzioni in qualcosa che dobbiamo ancora risolvere dentro noi stessi.
Focalizzare gli interventi nell’eliminare questo sintomo non fa altro che aggravare la situazione, alla stessa maniera di coprire la spia rossa del cruscotto che da giorni sta accesa. Certamente così non la vedo, ma il problema che segnale rimane, e sicuramente in futuro, genererà molti pià problemi rispetto all’avergli dato la “giusta” attenzione.