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Tag: salute gionocchio

In ginocchio! Parte 2

Ecco la seconda parte del post sul ginocchio. La prima parte la trovate QUA.

Riduzione di statura
Le origini dell’inginocchiamento come atto di sottomissione sono nell’antico Egitto: nella tomba di Tutankamon fu rinvenuto un anello in oro massiccio, a forma di cartiglio, che raffigurava il re, inginocchiato, intento a offrire doni alla dea Maat. Ancora oggi la preghiera e l’ingresso nei luoghi sacri richiede la genuflessione, un atto simbolico per sembrare più piccoli, e quindi sottomessi, innanzi a un potente. Dal punto di vista anatomico, il ginocchio è uguale nell’uomo e nella donna e persino in molti animali, come nei cani e nei gatti, la struttura è sempre quella. È l’articolazione che ha a monte l’estremità inferiore del femore (l’osso della coscia), e a valle l’estremità superiore della tibia (l’osso principale del polpaccio) e in mezzo la rotula, quell’ossicino piatto e rotondo che sembra sospeso davanti alle due ossa lunghe. Il femore termina con due protuberanze quasi sferiche (i condili), come gli ossi dei cani dei fumetti. La tibia, che sta al di sotto, ha invece la forma di un capitello e si appoggia al femore con due specie di piatti, ognuno dei quali accoglie uno dei condili del femore.

Una cerniera anatomica
Proprio qui si trovano i famosi menischi, croce e delizia di sportivi e ortopedici: due cuscinetti molli a forma di semiluna, più spessi ai bordi e piatti al centro, che si deformano a ogni movimento avanti o indietro, facendo aderire le ossa. I menischi raddoppiano la superficie di contatto fra tibia e femore e dimezzano la pressione su ogni punto; abbracciando il femore, contribuiscono a tenerlo saldo sopra la tibia. A stabilizzare l’articolazione intervengono i due legamenti crociati, chiamati così perché si incrociano a X dentro l’articolazione. Ai lati due legamenti trattengono il ginocchio in posizione: i collaterali. La rotula ha l’unica funzione di proteggere la struttura sottostante.Tutta questa complessità ha un senso: il ginocchio deve sostenere il peso del corpo, quando è fermo e soprattutto quando si muove. Il sovrappeso lo danneggia perché lo costringe a sopportare un carico eccessivo, per il quale non è attrezzato. Da fermi, si tratta “solo” dell’intero peso corporeo (escluso ovviamente il peso della parte inferiore). Ma in movimento questo carico viene moltiplicato per 3, per 4 o anche di più, a seconda che si cammini, si facciano le scale (soprattutto in discesa!) o si corra.

Donne a rischio
Tra uomini e donne le differenze cominciano in traumatologia. Le donne, infatti, a parità di età e di attività sportiva, hanno, rispetto ai maschi, un maggior rischio di torsione del ginocchio e quindi di danneggiare le strutture di sostegno dell’articolazione. Soprattutto per tre motivi: intanto perché la loro muscolatura è meno sviluppata. I muscoli infatti sono importanti per mantenere il ginocchio in posizione quasi quanto menischi e legamenti: se i muscoli sono molto robusti, il ginocchio si mantiene stabile lo stesso, cosa che ha permesso, per esempio, a Paolo Rossi di giocare i Mondiali del 1982 nonostante 3 menischi rotti. Poi c’è una questione di debolezza legamentosa, che sembra essere maggiore nel gentil sesso. E, infine, tra uomini e donne c’è un’importante differenza anatomica nel bacino, stretto nei maschi e largo nelle femmine. Così, mentre negli uomini femore e tibia sono uno sull’altra praticamente in verticale, nella donna la coscia tende a essere leggermente inclinata rispetto all’asse della gamba. Questo problema di disassamento è particolarmente presente nel caso del ginocchio varo (gambe da cavallerizzo) e del ginocchio valgo (gambe a X). Nel ginocchio varo, pur avvicinando i piedi, le ginocchia restano lontane. In quello valgo le ginocchia si avvicinano, ma restano lontani i piedi. In entrambi i casi il peso grava prevalentemente su metà ginocchio, usurandola e facilitando l’insorgere di un’artrosi femoro-tibiale interna (varismo) o esterna (valgismo). Nelle signore, anche l’artrosi del ginocchio ha un’incidenza doppia rispetto agli uomini, e sono proprio i danni alla struttura articolare a favorirne la comparsa. Se una, cioè, ha le ginocchia storte e si rompe un menisco, dopo i 50 anni ha più probabilità di andare incontro ad artrosi del ginocchio, soprattutto se è sovrappeso.

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In ginocchio! Parte 1

Lo portiamo sempre con noi, anche se sarebbe meglio dire che è lui che porta noi. Esiste nella versione “della lavandaia”, “del prete” e “del saltatore”. Chi deve farsi perdonare ci cammina sopra, mentre chi si annoia può averne due pieni di latte. E quando si rompe, come è successo a Fidel Castro e a Roberto Baggio, sono guai. È il ginocchio, una delle articolazioni più complesse del corpo umano, capace di tenerci in piedi, di farci correre, nuotare, saltare e volare in alto su un’altalena. In due parole, capace di sostenere il nostro peso e di far muovere il nostro corpo.

Sinonimo di guancia?
Un’articolazione fondamentale nella vita di tutti i giorni, quindi. Il suo nome deriva da un diminutivo, il cui significato iniziale era “piccolo ginocchio, ginocchino”. Gli antichi Romani, infatti, il ginocchio lo chiamavano solo genu. Poi prevalse l’uso di geniculum (che nel Medioevo divenne genuculum), probabilmente perché la parola “genu” si confondeva con un altro termine indicante una parte del corpo, cioè “gena”, che vuol dire guancia. Non in tutte le lingue derivate dal latino è andata così, tant’è che in francese ginocchio si dice genou, che si pronuncia proprio “genù”. La parola ginocchio, dunque, non ha niente a che spartire con le altre parole italiane che contengono “gin”, come ginecologo o androgino, perché queste non derivano dal latino, ma dal greco, in cui gynè vuol dire donna. Ma proprio perché deriva dal latino, ginocchio al plurale finisce in “a”, come succede a dito, grido, osso e a tante altre parole che in latino sono neutre. Per questo si dice “le ginocchia”, anche se per l’Accademia della Crusca va considerata corretta anche la forma “i ginocchi”. Del resto, se in Italia ci sono ben 182 famiglie Ginocchio, i Ginocchi sono 74 mentre non si trova nessun Ginocchia negli elenchi telefonici di tutto il Paese.

Un mini-scandalo
Il ginocchio è importante anche nella moda. È rimasto rigorosamente al coperto per secoli, un inno alla castità muliebre fino a quando, intorno agli anni ’20 del secolo scorso, Gabrielle Chanel detta Coco accorciò una prima volta le gonne sino al ginocchio. Nell’epoca del Charleston l’abito femminile, un tubino corto e dritto, giocherà con un “ti vedo-non ti vedo” del ginocchio grazie a frange e perline. Poi, nel difficile dopoguerra, tornerà rigorosamente coperto, finché nel 1964 Mary Quant creerà la minigonna, scandalizzando il mondo. Nei maschi invece il ginocchio restava scoperto per tutta l’infanzia: pantaloni corti e calzettoni anche d’inverno, fino al giorno della prima comunione, quando si indossavano i primi pantaloni lunghi. La scelta aveva motivazioni economiche: con bambini che si buttano per terra, lottano e vanno in bicicletta, il pantalone lungo era a particolare rischio sulle ginocchia, mentre quello corto durava di più. Almeno fino all’arrivo della resistente tela da jeans, quindi, meglio sbucciarsi un ginocchio che strappare il pantalone.

Noia… alle ginocchia
E la lavandaia, che c’entra? Il famoso ginocchio della lavandaia, o ginocchio del prete, è un danno da prolungato inginocchiamento, una malattia professionale, insomma. In sostanza è un’infiammazioni a livello della rotula che provoca un versamento di liquidi all’interno dell’articolazione. In questo caso si tratta di acqua nel ginocchio, mentre il famoso “latte alle ginocchia” è solo un modo di dire, che significa che qualcuno si sta annoiando mortalmente. Secondo alcuni linguisti, l’espressione sarebbe molto antica e deriverebbe dall’immagine del seno che si allunga, per la noia, fino al ginocchio. Invece sull’origine dell’espressione “le ginocchia mi fanno Giacomo-Giacomo” ci sono più ipotesi: potrebbe derivare da “ciac ciac”, cioè dal suono di due gambe stanche dopo un lungo cammino. Oppure potrebbe essere san Giacomo (Santiago) di Compostela (in Spagna), da cui i pellegrini si recano in pellegrinaggio sin dal Medioevo, percorrendo l’Europa a piedi.

Fra due giorni la seconda parte! Se ti va, nella parte destra del blog puoi cliccare sull’elefantino per iscriverti ai feed o puoi inserire la tua email per ricevere gli articoli nella tua posta elettronica!

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