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Tag: ricerca psicologia

Quanto ci vuole per creare un’abitudine?

cattiva abitudine

Se desiderassimo creare una nuova abitudine, tipo fare più esercizio fisico, mangiare in modo più sano o scrivere un post sul blog ogni giorno, quante volte dovreste fare un’azione prima che questa diventi un’abitudine?

Chiaramente può dal tipo di abitudine si stia cercando di creare e dal quanta coglia si ha nel perseguire l’obiettivo. Ma ci sono delle linee guida generali che ci dicono quanto tempo ci vuole prima che dei nuovi comportamenti diventino automatici?

Chiedi a Google e otterrai una cifra che varia tra i 21 e i 28 giorni. In realtà non c’è alcuna prova concreta su questo numero. Il mito di 21 giorni può provenire da un libro pubblicato nel 1960 da un chirurgo plastico, il Dr. Maxwell Maltz, il quale notò che le persone che hanno subito un’amputazione hanno bisogno in media di 21 giorni di tempo per adattarsi alla perdita dell’arto e da questo dato sono state tratte delle considerazioni generali.

Fare senza pensare
Ora, però, ci sono varie ricerche psicologiche su questa questione e se ne è parlato in un articolo recentemente pubblicato nella European Journal of Social Psychology. La Dr. ssa Phillippa Lally e dei suoi colleghi dell’ University College di Londra hanno reclutato 96 persone interessate a creare una nuova abitudine, tipo mangiare un pezzo di frutta ad ogni pranzo o fare 15 minuti di corsa ogni giorno (Lally et al. 2009). Ai partecipanti, ogni giorno, furono fatte una serie di domande per valutare quanto sentissero automatici questi loro nuovi comportamenti. Fra le varie domande ve ne erano alcune che valutavano se la nuova azione fosse “difficile da non fare” o se potesse essere fatto “senza pensarci”.
Quando i ricercatori hanno esaminato le abitudini differenti, molti dei partecipanti hanno dimostrato una relazione curva tra la pratica e l’automaticità dell’azione. In media si raggiungeva l’automaticità dopo 66 giorni, in altre parole si era creato un’abitudine difficile da mandare via.
Anche se la media era di 66 giorni, c’erano grosse variazioni fra i vari tipi di abitudini, partendo da 18 giorni fino ad arrivare a 254 giorni. Come potrete immaginare, bere un bicchiere al giorno di acqua è diventato molto rapidamente un gesto automatico mentre c’è voluto molto più tempo per abituarsi a fare 50 flessioni prima di colazione.
I ricercatori hanno inoltre osservato che:
Saltare un giorno non incide sulla possibilità di creare una abitudine.
– Un sottogruppo ha necessitato di molto più tempo rispetto agli altri sotto gruppi, suggerendo forse che alcune persone sono ‘abitudine-resistenti’.

Non 21 ma 60.
Ciò che questo studio rivela è che quando vogliamo sviluppare l’abitudine relativamente semplice come mangiare un pezzo di frutta ogni giorno o fare una passeggiata di 10 minuti, potrebbero volerci poco più di due mesi prima che il comportamento diventi un’abitudine. Saltare un giorno non incide più di tanto anche se sono proprio i primi giorni a darci una spinta importante al cambiamento. Quindi ci vogliono ben più di 21 giorni ma anche 60 giorni in fin dei conti non sono tanti se l’abitudine acquisita (bere più acqua o camminare ) molto probabilmente vi allungherà al vita di qualche anno.
Via

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Cosa vedono i bambini?

occhi bambino

Oggi vi parlo di uno studio molto semplice ma molto interessante fatto da Robert Fantz, specialista in psicologia dello sviluppo. Quasi sicuramente fissando negli occhi un bambino vi sarete domandati quanto il piccolo riesca a capire di ciò che lo circonda, ecco anche il Dr. Fantz si è posto questa domanda e ha provato a trovare una risposta nonostante le evidenti difficoltà di comunicazione con i bambini.
Nel 1961, quando Fantz ha effettuato il suo esperimento, non c’erano molti strumenti utili a scoprire che cosa passasse nella testa del bambino. L’unico strumento che utilizzò fu l’osservazione e quindi, armandosi di tanta e santa pazienza, si mise ad osservare i bambini.
Una caratteristica principale della natura umana è la curiosità, quindi se c’è qualcosa di interessante vicino a noi, noi generalmente la esaminiamo. Così Fantz ha installato un tabellone sopra il bambino a cui sono state attaccate due immagini (Fantz, 1961). Un’immagine rappresentava un bersaglio l’altra un abbozzo di un viso umano. Si è poi nascosto dietro il tabellone e tramite un buco ha osservato lo sguardo del bambino.

Risultati

La prima cosa che scoprì fu che un bambino di due mesi osserva l’immagine del viso umano per il doppio del tempo rispetto all’immagine del bersaglio. Questo gli suggerì che i bambini avessero capacità di discernere le forme e i modelli. Prima di quella scoperta si credeva che i bambini che osservassero un mondo caotico di cui potevano cogliere quasi nulla.
Nella psicologia moderna i risultati di questo esperimento sono ancora usati per scoprire che cosa i bambini capiscono del mondo che li circonda. Si è quindi pian piano compreso che i bambini ad un mese possono seguire un oggetto che si muove lentamente, a due mesi possono “incrociare” gli occhi e e cominciare a distinguere gli oggetti lontani, a tre mesi possono comprendere la differenza fra i membri della famiglia (Hunt, 1993).
Come conseguenza di questa e di simili studi, gli psicologi hanno ipotizzato che l’essere umano nasce con una decisa preferenza per l’osservazione dei visi umani. Questo ha certamente un significato evolutivo poiché i volti umani contengono tutta una serie di informazioni utili (ad es. veicolano le emozioni) che sono vitali per la nostra sopravvivenza.
Mica male come conclusioni scaturite dalla sola osservazione degli occhi di un bambino!

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