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Tag: religione

Nella mente di un complottista.

undici settembre

Chi crede al complotto è per sua natura sospettoso”, lo rivela uno studio.

Subito dopo gli attacchi terroristici che distrussero il World trade Center e una parte del Pentagono, sono apparse teorie di presunte azioni cospirative riguardanti movimenti segreti e ostili contro il governo americano. Uno studio di psicologia conoscitiva applicata descrive il profilo psicologico di coloro che credono nella cospirazione dell’11 settembre.

Un gruppo di psicologi guidata dal prof. Viren Swami dell’Università di Westminster a Londra ha rilevato diversi tratti in comune tra coloro che sostengono la veridicità della cospirazione alle Torri Gemelle tra i cittadini Britannici. Queste caratteristiche consistono nell’aver sottoscritto altre teorie cospirative a prescindere dall’11 Settembre, nell’aver una grossa sicurezza nel descrivere come sono andati i fatti quel giorno a New York, nell’assumere una costante approccio cinico sulla politica, nell’ insofferenza verso l’autorità, nell’avere un comportamento generalizzato di sospetto verso gli altri e mostrando un piglio inquisitore e una forte immaginazione.
“Spesso, quel che viene usata come prova non è sufficiente a dimostrare il complotto, ma serve a nutrire il sospetto e ad alimentare l’ideologia stessa” afferma Swami.
Le sue conclusioni fanno eco alla teoria del sociologo Ted Goertzel del 1994. Dopo aver condotto una serie di interviste telefoniche a 347 residenti del New Jersey, Goertzel asserì che il credere agli indizi di un complotto costituiva la base per un’altra teoria, escludendo così il bisogno di prove.
Il credere alla cospirazione dell’11 settembre alimenta l’idea che il Governo tenga nascosto le prove dei contatti con gli extraterrestri oppure che John F. Kennedy non sia stato ucciso da un solo uomo.
Goertzel afferma che il nuovo studio fornisce un intrigante ma parziale sguardo sulle ragioni del pensiero della cospirazione. Tali convinzioni dipendono da quello che il professore americano definisce “scetticismo selettivo” . I sostenitori della cospirazione sono fortemente dubbiosi riguardo alle informazioni dispensate dal governo o da molte altre fonti, ma non oppongono alcuna critica a tutte le informazioni coincidenti con il loro punto di vista.
Swami ha riscontrato che i sostenitori del complotto dell’11/9 hanno discusso soprattutto con individui che la pensavano come loro dando luogo alla tesi che “i teorizzatori del complotto costituiscono una comunità di credenti”.
Anche lo storico Robert Goldberg della Utah University a Salt Lake City ha studiato le varie teorie dei complotti degli Stati Uniti.
I pensatori del complotto partono da una convinzione ottimistica che è “possibile trovare la verità e diffonderla alle masse e favorire, in questo modo, un grosso cambiamento sociale, secondo Goldberg.
In questi ultimi 50 anni, i ricercatori e gli osservatori di dinamiche sociali hanno tracciato il collegamento tra la fede nella teoria del complotto e i tentativi di aumentare l’autostima, il senso d’impotenza e la scarsa fiducia nelle politiche governative. Una tipologia di credenza come ad esempio la convinzione che il governo degli Stati Uniti ha inventato il virus HIV/AIDS per attuare un genocidio, o un’altra che parla di strani esperimenti effettuati su individui di colore a cui sarebbero state negate le cure.

La ricerca di Swami
Swami e i suoi colleghi hanno somministrato dei questionari a 257 cittadini Britannici adulti, inclusa una versione breve di un test di personalità standard. I partecipanti avevano diverse provenienze sociali, etniche e religiose rappresentative della popolazione Britannica.
Lo studio, non ancora pubblicato, mostra che i sostenitori della tesi del complotto possiedono una maggiore propensione a saltare a conclusioni sulla base di prove limitate rispetto a quelli che non condividono l’ipotesi cospirativa.
“ Sembra probabilmente che il credere al complotto abbia una funzione psicologica simile alla credenza superstiziosa, paranormale e anche alla fede religiosa. Questo costituisce un aiuto per alcuni individui nel raggiungimento di un maggiore controllo sull’imprevedibilità del mondo.”

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Cosa mangerebbe Gesù?

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Cosa hanno in comune Gesù, Abramo e Maometto ?
Tutti loro seguivano un’alimentazione biologica.
Secondo quanto riportato dal New York Times, si sta diffondendo una setta che segue un’alimentazione e metodi produttivi dei cibi sulla base dei testi sacri: “Il Sig. Lively sostiene una dieta che crede sia stata seguita da Gesù. Il signor Wiesenfeld afferma che la Bibbia fornisce delle indicazioni sull’impiego di metodi biologici che rispettino la Terra, sul trattamento rispettoso degli operai e l’allevamento di bestiame che serva al sostentamento della famiglia.”

“La ricerca di una pratica più umana è quella applicata dal sign. Lively, tuttavia questi metodi sostenibili per molti Americani rappresentano soltanto un’attestazioni di fede, e rientrano poco nelle tecniche di conduzione delle fattorie. Tuttavia va registrato che il numero delle persone divenute sensibili alla sostenibilità ambientale è aumentato sensibilmente a prescindere dal discorso religioso. Sicuramente negli ultimi anni stiamo assistendo alla protezione dell’ambiente come un dovere morale a cui i credenti non sembrano sentirsi esclusi, infatti una nuova sensibilità sta prendendo piede, un rinnovato modo di attestare la propria fede anche attraverso il rispetto dell’ambiente”.

Negli Usa Molte iniziative di supporto economico sono emerse per sostenere questi gruppi di fede che si occupano anche di agricoltura organica.
Bisogna affermare che questi individui professano un’alimentazione etica che fa un gran bene al nostro pianeta, se questa tendenza insieme ad una maggiore consapevolezza sull’alimentazione continuasse ad aumentare sarebbe davvero una bella fortuna a prescindere dalla fede.

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Dio e religione: è tutto nella nostra mente?

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La scienza non potrà mai dimostrare o confutare l’esistenza di Dio o di un Potere Superiore. Dopo tutto non è forse questa la pietra angolare della fede? Una fede che non ha bisogno di prove?
Ma forse la prova è sempre stata nei nostri cervelli.

Le nostre percezioni, emozioni e reazioni al mondo intorno noi cominciano alla nascita e modellano i nostri atteggiamenti e le nostre interazioni durante tutta la nostra vita e, attraverso queste, capiamo di chi fidarci, cosa aspettarci e come far fronte alle cose. La formazione delle credenze coinvolge varie aree del cervello. Benché i meccanismi esatti non possano essere ben definiti, gli scienziati sanno che la nascita delle credenze causa dei cambiamenti fisiologici nel cervello.
Come in effetti viviamo l’esperienza delle Fede se non attraverso il nostro cervello? Il nostro cervello processa ogni esperienza che incontriamo – sensitiva, somatica, emotiva e metafisica. Il cervello deve processare ed interpretare le nostre esperienze con le nostre credenze, le nostre emozioni ed incontri precedenti e con la sua struttura fisica e chimica.
Un aumento di attività nella parte anteriore del cervello è stata evidenziata nei monaci buddisti tibetani mentre meditano e nelle suore mentre pregano. Tuttavia è stato visto, nei monaci e nelle suore, che questa parte di cervello aumenta la sua attività anche durante mansioni che richiedono una forte attenzione. La domanda interessante è quindi se i loro cervelli siano stati cambiati dalla pratica spirituale o se siano più suscettibili sin dall’inizio alle forti esperienze religiose.

E’ noto che i lobi temporali sono coinvolti nelle esperienze religiose e spirituali; l’ amigdala e l’ippocampo sono coinvolti nelle visioni mistiche e nelle emozioni religiose. Questo richiama alla mente un possibile collegamento fra i disordini mentali e le esperienze soprannaturali. Ad esempio, alcuni pazienti, durante le crisi epilettiche, specialmente nei casi di epilessia del lobo temporale, raccontano di aver avuto premonizioni e visioni religiose poco prima o poco dopo la crisi. Questi ritrovamenti scientifici dimostrano che c’è un meccanismo neuronale alla base delle esperienze religiose?

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