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Tag: neuropeptidi fame

Dove nasce la fame. Parte 2

Ecco la seconda parte del post in cui si spiega dove nasce la fame. La prima parte la trovate QUA.

Calore ed emozioni
Qualcosa di simile avverrebbe anche con la temperatura corporea. Un’altra ipotesi elaborata di recente infatti individua nell’aumento termico dell’organismo, che avviene in seguito al metabolismo (cioè la trasformazione) delle sostanze nutritive, un indice di sazietà. E c’è chi pensa che siano proprio i grassi accumulati nel tessuto lipidico a inviare questi segnali inibitori al cervello. Anche gli stimoli biochimici, pur se in un modo ancora da definire meglio, controllano il senso della fame. Esiste cioè una serie di sostanze, in particolare ormoni capaci di avere effetti sui centri dell’ipotalamo. Un composto proteico, il neuropeptide Y, è infatti in grado di “attivare” proprio il centro della fame, e la sua attività è regolata dal sistema limbico, quella parte del cervello che “organizza” le emozioni. Questo spiega, almeno in parte, il complesso rapporto che esiste tra situazioni emotive e assunzione di cibi. Di norma, infatti, quando ci si sente depressi si tende a mangiare più del normale, con particolare predilezione per i cibi ricchi di carboidrati. L’azione del neuropeptide Y sembra anche crescere in corrispondenza del buio, e ciò spiegherebbe la necessità di introdurre carboidrati con il primo pasto della mattina. Anche il gusto e l’olfatto possono giocare un ruolo importante nella “gestione” del senso di fame. Se in laboratorio si introduce saccarina (dolce ma non nutriente) direttamente nello stomaco di un ratto l’animale ha sempre fame. Lo stesso però non avviene se lo stesso cibo passa naturalmente attraverso la bocca. E’ un fenomeno che sembra superare i meccanismi di controllo dell’organismo di cui abbiamo parlato fino a ora: non conta tanto quello che si mangia, ma come lo si mangia. Alla fine del pasto, infine, ci si “sente pieni”. Nello stomaco esistono infatti strutture nervose rilevano lo stato di pienezza del viscere e subito segnalano al cervello la distensione della cavità gastrica, contrastando così l’assunzione di altro cibo.

Controlli cerebrali
In realtà è soprattutto la nostra psiche a condizionare la quantità di alimenti e la scelta dei cibi. I bisogni nascono spesso negli adulti da modelli nutrizionali seguiti fin dall’infanzia, e non da necessità reali dell’organismo. Soltanto nel giovane e nello sportivo la situazione è leggermente diversa. Il meccanismo di sazietà, per esempio, viene efficacemente controllato: basta pensare a chi segue una dieta e afferma che tre mele lo rendono sazio come un piatto di pasta (fatto tecnicamente impossibile perché gli zuccheri della frutta sono semplici, e quindi vengono assorbiti rapidamente, e altrettanto velocemente terminano la loro azione). Oppure a chi riesce a rimanere con un caffè fino alla cinque del pomeriggio, affermando di non avere fame. In questo caso, il controllo mentale sul senso di sazietà è evidentemente elevatissimo.

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Dove nasce la fame. Parte 1

L’uomo ha bisogno di mangiare. Come ogni altro essere vivente. E la sua “vita alimentare” può essere interpretata proprio come un susseguirsi di episodi: a una fase di fame fa seguito sempre un periodo, più o meno lungo, di sazietà, che si mantiene fin quando non ritorna il desiderio di mangiare. Il meccanismo che regola questo equilibrio nasce dalla presenza contemporanea di diversi fattori: segnali interni (come il senso di riempimento dello stomaco, o l’innalzamento della glicemia, cioè i livelli di glucosio nel sangue, nel dopo pasto), ma anche variabili ambientali, come per esempio l’ appetibilità del cibo, che è un fattore anche culturale, cioè acquisito: in genere, un piatto di pastasciutta fumante o una fetta di torta stimolano più di due mele.

Tanti messaggi da decodificare
In tutti i casi, esiste una centrale operativa che regolamenta e coordina tutti questi segnali. E’ l’ipotalamo, un organo che si trova all’interno del cranio, più o meno dietro agli occhi: ha il compito di decodificare i messaggi che giungono al cervello e inviare i messaggi di risposta. Ebbene, sembra che proprio nell’ipotalamo ci siano i sistemi regolatori dell’alimentazione: innanzitutto i “centri della fame”, che se stimolati spingono l’animale ad assumere altri alimenti, e che si trovano nei nuclei ventrolaterali. L’azione di queste strutture nervose è compensata da quella dei “centri della sazietà”, che si trovano al centro dell’organo, e che arrestano l’introduzione del cibo. Se negli animali da esperimento viene distrutta la parte dell’ipotalamo dove si trova il centro della sazietà, si ha come risultato l’introduzione di grandi quantità di cibo, e l’obesità. Nell’uomo esiste una rara malattia, la sindrome di Kleine- Levin, che si manifesta proprio con aumento dell’appetito e tendenza a dormire più del normale, ed è dovuta proprio a una lesione di questa parte dell’ipotalamo.

Fame da glucosio
L’ipotalamo dunque ha la funzione di recepire i segnali che arrivano dal corpo, e di convertirli in stimoli. L’organismo infatti invia una serie di indicazioni metaboliche, ormonali o più semplicemente nervose, che guidano l’introduzione del cibo. Per esempio, alla fine di un pasto si ha naturalmente un innalzamento della glicemia, che non viene completamente compensato dalla produzione di insulina. Secondo la “teoria glucostatica” il cervello sarebbe in grado di registrare questa aumentata presenza di glucosio nel sangue e quindi di bloccare l’ulteriore apporto alimentare. Come? Facendo “passare la fame”. La glicemia, dunque, rappresenta un efficace e semplice segnale per l’organismo: in caso di digiuno il glucosio scende, e si sente allora il bisogno di reintegrare le riserve con un pasto, che a sua volta termina non appena i valori glicemici crescono.

Fra due giorni la seconda parte! Se ti va, nella parte destra del blog puoi cliccare sull’elefantino per iscriverti ai feed o puoi inserire la tua email per ricevere gli articoli nella tua posta elettronica!

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