Ecco il terzo articolo su quest’organo a dir poco fondamentale. Sarà possibile leggerli tutti cercandoli nella categoria Salute del Cervello.
Le malattie che colpiscono il cervello sono diverse, e seguono una evoluzione che dipende dall’età del soggetto interessato. Ci sono cioè disturbi tipici della gioventù, della maturità e della vecchiaia, sempre diversi.
Vediamo i principali.
Peccati di gioventù
La completa maturazione dell’encefalo avviene nei primi anni di vita, quando i neuroni, ovviamente già presenti al momento del parto, vengono stimolati dall’esterno. In questa fase possono comparire i primi attacchi epilettici. L’epilessia è la malattia neurologica (si manifesta con convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza o altri disturbi legati alla zona encefalica colpita dal fenomeno patologico) più frequente nei bambini e nei giovani. In circa tre quarti dei malati non è però possibile trovarne la causa. I primi attacchi compaiono normalmente tra i 2 e i 14 anni. Quando i fastidi si presentano in età neonatale bisogna pensare invece a malformazioni, malattie metaboliche rare o traumi da parto, mentre un’epilessia che compare in età adulta può essere il primo segno di un tumore cerebrale o di altre malattie. Come funziona l’epilessia? Nel caso di epilessia a insorgenza focale (cioè in un punto determinato del cervello) un certo numero di neuroni, spontaneamente o in seguito a uno stimolo (per esempio, rumori o luci intense) produce una scarica elettrica anomala. Da questa può derivare un transitorio stato confusionale oppure anche scosse muscolari ripetute in una parte del corpo. In questo caso si parla di crisi parziali. Se l’epilessia è generalizzata invece la scarica anomala si diffonde immediatamente all’intero cervello. Attenzione però anche un cervello normale, in condizioni di ipoglicemia o carenza di ossigeno, oppure quando stimolato con farmaci che possono indurre convulsioni, può essere soggetto a crisi epilettiche. La cura dell’epilessia, che in molti casi può anche sparire da sola, prevede diverse possibilità: dai farmaci che mettono “a riposo” il potenziale elettrico cerebrale (per esempio i barbiturici) a quelli che aumentano la disponibilità di mediatori cerebrali a funzione inibitoria (come l’acido gamma aminobutirrico o Gaba), fino a piccoli interventi chirurgici che rimuovono il nucleo di cellule responsabile degli attacchi. Se le crisi sono invece legate alla presenza di un tumore, o sono l’esito di un passato trauma cerebrale, la terapia va ovviamente scelta in base alla causa.
Crescendo, crescendo
Più si va avanti con gli anni, più i neuroni si deteriorano. Questo avviene per un normale fenomeno di invecchiamento che può però essere accelerato dalla presenza di malattie cerebrovascolari o malattie cerebrali. Il cervello ha costantemente bisogno di nutrimento, tanto che almeno il 15 per cento del sangue circolante è destinato proprio a questo organo. Ed è irrorato da una rete di vasi che può compensare, almeno per un certo tempo, eventuali deficit dovuti alla presenza di lesioni aterosclerotiche. Ma a volte questi meccanismi compensativi non bastano. E’ in questi casi che possono comparire le patologie cerebrovascolari: dall’attacco transitorio, causato da una temporanea ma reversibile alterazione dell’apporto di sangue a una zona cerebrale, fino al vero e
proprio ictus, legato alla morte di un certo numero di neuroni per un blocco della circolazione sanguigna. Anche un’emorragia cerebrale può causare un ictus. Per la terapia occorre anzitutto diagnosticare con certezza se si tratta di una forma ischemica o emorragica. Si deve cioè fare una Tac per conoscere l’origine della lesione. Poi si procede al trattamento: nella forma ischemica si cerca di far ricircolare il sangue aumentandone l’afflusso e riducendo l’edema che comprime le cellule colpite. Nella forma emorragica bisogna, al contrario, evitare che la pressione arteriosa elevata faccia aumentare la perdita di sangue.
Anziani a rischio
La forma più diffusa di malattia cerebrale negli anziani è il morbo di Alzheimer: nelle prime fasi esso induce confusione e perdita delle memoria, in un secondo momento porta il paziente a una totale scomparsa dell’indipendenza psicofisica. Per ora ci sono soltanto ipotesi sui meccanismi che conducono all’Alzheimer. Probabilmente esiste una predisposizione genetica (sul cromosoma 21 c’è infatti un gene che codifica la proteina precursore della sostanza amiloide che invade i neuroni nella malattia). Di sicuro nei malati esiste un difetto nell’attività di alcuni neurotrasmettitori, in particolare dell’acetilcolina, con conseguente allentamento nello scambio di informazioni all’interno del cervello. Nel tessuto cerebrale dei malati si formano placche che lentamente portano a una degenerazione dei neuroni, in particolare nella corteccia e nell’ippocampo una formazione interna del cervello che coordina la memoria, il pensiero e la percezione). Piano piano vengono danneggiate anche le sinapsi, cioè le zone di contatto tra i diversi neuroni, e si crea così una sorta disconnessione tra le cellule. Oggi non esistono farmaci risolutivi, per l’Alzheimer. Quadri clinici simili a quello della malattia di Alzheimer, si possono avere anche in altre patologie: soprattutto nel morbo di Parkinson, una malattia dovuta alla riduzione el numero dei neuroni cerebrali, e da un deficit di dopomina, una sostanza che favorisce il passaggio dei messaggi tra le terminazioni nervose. Si manifesta con lentezza e povertà dei movimenti, rigidità muscolare, tremori.
A tutte le età
Indipendentemente dall’età, poi, una serie di malattie può in effetti interessare il cervello. Alcune infezioni come la meningite o le malattie fungine, per esempio, possono avere gravi conseguenze. Anche alcuni virus del gruppo herpes possono entrare nel tessuto cerebrale, causando una encefalite erpetica: si tratta di una patologia grave, perché il virus avanza distruggendo le cellule cerebrali e formando aree “vuote” di tessuto. Anche il morbillo può provocare una encefalite, e per questo è sempre bene provvedere a una vaccinazione. Lo stesso Aids può interessare l’encefalo: nelle fasi più gravi della malattia si possono avere manifestazioni già definite, come “Aids dementia complex”, che portano a difficoltà di concentrazione, debolezza e difficoltà di mantenere la posizione eretta. Influenza possono avere anche le malattie respiratorie e renali. Una grave bronchite o un enfisema polmonare inducono per esempio un ridotto apporto di ossigeno al cervello, mentre una insufficienza renale può provocare un accumulo di sostanze tossiche non adeguatamente eliminate dai reni. In questo caso i messaggi nervosi non vengono condotti nel modo migliore, e si ha un rallentamento dell’attività cerebrale. Qualcosa di simile accade anche in caso di grave insufficienza epatica legata soprattutto alle cirrosi. Infine le malattie ormonali. Alcune di esse (come l’ipotiroidismo o il morbo di Cushing) possono realmente provocare quadri di demenza, che si manifestano anche con disturbi nei movimenti