Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

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Salvare vite nel Terzo Mondo? Talvolta la “ricetta” è semplice.

Con una bibita si potrebbero salvare milioni di bimbi dalla diarrea.

A volte basterebbe poco per salvare milioni di vite nei Paesi in via di sviluppo. Un cucchiaino di sale e 8 di zucchero sciolti in 1 litro d’acqua pulita (o bollita) da bere lentamente e continuamente: con questa semplice ricetta si potrebbero salvare 5 mila giovani vite al giorno, stroncate dalla disidratazione da diarrea cronica: più della malaria, dell’Aids e della Tbc insieme. Lo zucchero fa assorbire il sale, e il sale trattiene l’acqua nei tessuti: in più del 90% dei casi la disidratazione si inverte. La ricetta fu sperimentata nel 1971 nell’epidemia da colera sviluppatasi nel campo profughi ai confini tra l’India e il Bangladesh, e ora sta diffondendosi. Ma ancora oggi molti genitori non la conoscono, e la diarrea miete 1,9 milioni di morti l’anno solo fra i bambini di età inferiore a 5 anni.

Vaccini salvavita
Poi c’è il problema dei vaccini: dal 1999 la Gavi (Global Allian- ce for Vaccines and Immunisation) che riunisce Oms, Unicef, Bill and Melissa Gate Foundation e le industrie farmaceutiche, si prefigge di vaccinare i bambini del Terzo Mondo contro le malattie prevenibili. Dei 130 milioni di bambini che nascono ogni anno, 2-3 milioni moriranno di malattie che un vaccino avrebbe potuto prevenire. Dal 2000 il programma vaccinale di Gavi ha salvato milioni e milioni di vite.

Brevetti contesi
Ma i vaccini non bastano. Ci vogliono farmaci. E quelli del mondo industrializzato costano troppo per i Paesi in via di sviluppo. Il primo a reagire fu il Sud Africa che per arginare l’ecatombe dell’Aids iniziò a produrre, a prezzo contenuto, i farmaci nonostante fossero coperti da brevetto: 38 aziende farmaceutiche risposero facendogli causa. Le proteste dell’opinione pubblica mondiale le convinsero a ritirarsi e il 14 novembre 2001 l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) firmò la dichiarazione di Doha che dava la priorità alla salute pubblica rispetto ai brevetti. Ma il principio non è accettato ovunque. L’azienda svizzera Novartis,per esempio, ha fatto ricorso contro la legge indiana sui brevetti. L’India è una delle principali fonti per tutti i Paesi in via di sviluppo di farmaci generici a prezzi accessibili, incluse molte versioni di medicine contro l’Aids. La legge indiana riconosce infatti solo i brevetti sui medicinali veramente innovativi e rifiuta i miglioramenti insignificanti apportati sulle molecole già in commercio. I farmaci indiani sono “copie” dei farmaci occidentali con la stessa efficacia (spesso certificata dall’Oms),ma molto più economici: la meflochina, un antimalarico, costa 37 $ negli Usa e 4 in India. L’Azt per l’Aids costa 239 $ al mese negli Usa e 48 in India. Metà dei farmaci utilizzati nella lotta all’Aids nei Paesi poveri provengono dall’India. Ma per fortuna la Novartis ha perso il ricorso!

Mancano quelli veri, in compenso abbondano i falsi
L’Oms stima che sul mercato del mondo in via di sviluppo un farmaco su 4 sia falso. Non vengono tutti da Paesi del Terzo Mondo: il 30% di questi viene da Paesi sviluppati. Sono farmaci che contengono principio attivo in dosi insufficienti o ingredienti sbagliati. Si tratta di ormoni, analgesici, ma soprattutto antibiotici, antimalarici e anti Aids. L’ordine dei farmacisti della Guinea per esempio ha segnalato che più del 70% degli antimalarici venduti in quel Paese è contraffatto.
Pure in Occidente Anche in Europa e nel resto del mondo sviluppato si diffondono i falsi. L’Oms stima infatti che il 60% dei falsi vada nel Terzo Mondo e il 40% nei Paesi industrializzati. Dove internet è il canale privilegiato; qui infatti costano poco e non richiedono ricetta: soprattutto psicofarmaci, compresi gli antidepressivi, e il Viagra. La legge li vieta, ma è difficile fermarli perché sono recapitati in pacchetti anonimi.

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Farmaci: meglio pochi ma buoni.

Ne consumiamo troppi e spesso sono superflui: perché li pretendiamo dal medico; il medico si affida all’informazione dei produttori;e i produttori fanno più marketing che ricerca (vd post “Le fasi di sviluppo di un farmaco“)…

Si chiama disturbo da carenza di motivazione (Mo- DeD, Motivational deficiency disorder). Secondo il prof. Leth Argos, dell’University of Newcastle, Australia, affligge il 20% della popolazione; chi perde anche la voglia di respirare ne muore. Ma una piccola azienda di biotecnologie, di cui Argos è consulente, sta sperimentando Indolebant, molecola efficace e ben tollerata.T anto che le associazioni di pazienti fanno pressione per accelerarne sperimentazione e autorizzazione.Tutto falso: il MoDeD non esiste e il professor Leth Argos neppure; il Bmj, autorevole rivista per medici, riportava la notizia il 1° aprile: era un pesce, ma non molto diverso dalla realtà. Negli ultimi anni le malattie si sono moltiplicate: dalla disforia (irritabilità) mestruale alla sonnolenza diurna eccessiva, dalla disfunzione sessuale femminile al disturbo sociale ansiogeno, alla sindrome da deficit di attenzione. E spesso la nascita di ogni malattia coincideva stranamente con la scoperta, casuale, di una nuova indicazione per un vecchio farmaco. (per approfondimenti vedi anche il post Parola Di Marco Mamone Capria )

Malattie strategiche
Di pari passo è cambiata la strategia delle aziende, che oggi puntano su due diverse categorie di farmaci: una, difficile da scoprire, rimborsabile, considerata innovativa, che in genere ottiene dallo Stato un prezzo di vendita più elevato. L’altra facilmente smerciabile non rimborsabile, che concerne lo stile di vita e non una malattia, spesso “inventata” sfruttando l’effetto collaterale di un farmaco della prima categoria. Il mercato per tutti i farmaci viene poi creato con un efficace marketing ribattezzato disease mongering, cioè vendita delle malattie, che usa 3 strategie: 1. allargare il mercato di farmaci esistenti; 2. medicalizzare normali processi dell’esistenza; 3. trasformare i fattori di rischio in malattie.

Gioco al ribasso
L’ipertensione è un esempio della prima strategia. Finora si considerava iperteso chi aveva una pressione superiore a 140/90. Poi l’American Society of Hypertension riscrisse la definizione inventando la pre-ipertensione che inizierebbe da 120/80: è sano solo chi ha una pressione così bassa da non stare in piedi. Il New York Times svelò però che Merck, Novartis e Sankyo, tutte produttrici di farmaci anti- per-tensivi, avevano “unto” gli ingranaggi: dei 7 scopritori della nuova patologia, 6 ricevevano denaro delle aziende interessate e il 7° ne era azionista. E l’American Society of Hypertension aveva intascato 75 mila dollari più altri 700 mila per un ciclo di lezioni di aggiornamento per medici tenuto…in un ristorante. Il ritocco dei numeri ampliava il mercato degli anti-ipertensivi di 6 milioni di pazienti americani. Ma il trucco è ormai una regola; sono stati ritoccati i tassi di colesterolo, glicemia, peso corporeo, e persino la definizione delle malattie mentali del Dsm (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), bibbia dei criteri diagnostici: chi ha stilato gli aggiornamenti era pagato dai produttori.

Calvizie: una malattia?
Altra strategia è medicalizzare le naturali fasi dell’esistenza. È normale che dopo i 40 anni i maschi comincino a perdere i capelli, come è normale che le donne in menopausa soffrano un po’ di insonnia e abbiano le vampate,e pure che dopo una certa età maschi e femmine abbiano meno interesse per il sesso. Nel 1997, 19 urologi riuniti a congresso a spese delle aziende hanno inventato la disfunzione sessuale femminile definendone i sintomi: ridotto desiderio, rapporti dolorosi, incapacità di raggiungere l’orgasmo. Secondo Ed Laumann, sociologo dell’University of Chicago, a libro paga della Pfizer, la patologia affliggerebbe il 43% delle donne: ohibò, 1 su 2 non ha più orgasmi? La Fda statunitense non ha autorizzato cerotti e creme al testosterone per “curare” questa malattia perché il testosterone è sospetto cancerogeno; li ha autorizzati l’Emea, ente europeo, e sono già nelle nostre farmacie.

Confini sfumati
Il colesterolo è invece un esempio di come si può trasformare un fattore di rischio in malattia. Negli anni ’90 gli esperti dei National Institutes of Health americani avevanoformulato la definizione di colesterolo “alto”sul quale intervenire con i farmaci. In base a quella definizione e allo stile di vita Usa, c’erano 13 milioni di americani da trattare. Nel 2001 un altro comitato di esperti, 1/3 dei quali finanziati dai produttori di statine (molecole che riducono il colesterolo) ha ritoccato il tasso aumentando il mercato a 36 milioni di pazienti. Altro ritocco nel 2004: il comitato questa volta era di 9 esperti, 8 dei quali pagati dall’industria delle statine (avrebbero dovuto dichiararlo, ma non l’hanno fatto). Risultato: gli americani da trattare lievitano a 40 milioni. Ma ormai è la norma: uno studio ha calcolato che il 90% degli estensori delle direttive sull’uso dei farmaci lavora per le aziende produttrici.

Consigli interessati
Di fronte a queste situazioni i medici che prescrivono farmaci dovrebbero usare spirito critico, ma le facoltà di medicina non spiegano le strategie di marketing delle aziende. E l’aggiornamento dei camici bianchi, in Italia, è affidato ai 30 mila informatori farmaceutici che ogni giorno visitano 8-10 medici. In pratica, 300 mila contatti al giorno non per invitare il medico a essere attento e critico, ma per far aumentare le vendite» . Da più di 10 anni ci sono anche i corsi di educazione continua in medicina, obbligatori: i medici devono frequentarli per accumulare il punteggio che consente loro di continuare a esercitare. Gran parte di questi corsi è finanziata dall’industria sanitaria: farmaci, dispositivi, attrezzature, test di laboratorio o servizi. Chi organizza un corso per ottenerne l’accredito dal ministero della Salute deve rispondere via Internet ad alcune domande. Una chiede: in questo corso esistono conflitti di interesse? Se si risponde sì, il corso non viene accreditato. Quindi tutti rispondono no. Anche perché nessuno ha precisato cosa si intende per conflitto di interesse!

Acqua fresca
Forse è un caso: la legge italiana rende poco trasparente l’attività di pressione dell’industria, ma sono noti i contributi dati all’elezione di George W. Bush nel 2000: 80 milioni di $ venivano dall’industria farmaceutica e fra i primi 30 finanziatori del partito repubblicano ci sono ben 5 colossi farmaceutici. Con queste premesse non stupisce che l’Emea, l’ente regolatore europeo dei farmaci, non dipenda dalla Sanità, ma dalla direzione generale dell’Industria. «Come se il farmaco fosse un bene di consumo qualsiasi. Se non bastasse, il bilancio dell’Emea è fatto al 70% dai versamenti dell’industria: la valutazione del prodotto è direttamente pagata dall’industria stessa. Se diminuissero i farmaci presentati all’Emea, diminuirebbe il suo bilancio. E questa è un’arma di ricatto. Poi c’è la valutazione della qualità dell’efficacia e della sicurezza, ma invece di confrontare il farmaco nuovo con un altro già presente sul mercato per capire se funziona meglio, lo si confronta spesso con il placebo, l’acqua fresca. E così può essere approvato un farmaco meno sicuro e meno attivo di quelli già esistenti. Inoltre sono tenuti segreti i dati farmacologici, tossicologici e gli studi clinici in base ai quali è stato approvato il farmaco. E tutta la documentazione è fornita dall’azienda che ha interesse a far approvare il farmaco, mentre almeno uno studio sui malati dovrebbe essere fatto da un organismo indipendente.

Rischi mortali
Né funziona la farmacovigilanza dopo l’approvazione. Finora l’Emea non ha mai segnalato casi di tossicità dei farmaci e i ritiri sono stati decisi dall’industria. La lista è lunga: prima la terapia sostitutiva della menopausa dava il cancro al seno. Poi una statina che faceva morire di infarto. Infine il Vioxx, l’antinfiammatorio della Merck ritirato nel 2004: aveva causato da 88 mila a 140 mila infarti solo negli Usa, e l’azienda lo sapeva dal 2001. I farmaci veramente innovativi sono pochi perché l’industria spende più in marketing che in ricerca: nel 1999 i 12 maggiori gruppi Usa del settore hanno impegnato il 12,4% del loro fatturato in ricerca e sviluppo contro il 34,3% in marketing e costi amministrativi. Con ottimi risultati: nei primi 9 mesi del 2006, le dosi prescritte in Italia sono aumentate del 7,2% rispetto allo stesso periodo del 2005.

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12 consigli per un uso intelligente dei farmaci.

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1) evitare di prendere pastiglie alla presenza dei bambini, perche’ cio’ potrebbe stimolare curiosita’ e pericolose imitazioni;
2) non conservare vicino ai medicinali sostanze facilmente evaporabili (trielina, ammoniaca, canfora, naftalina, ecc.) perche’ i loro vapori possono alterare i farmaci;
3) lasciare sempre i farmaci nelle confezioni originali, non solo per controllare la scadenza, ma anche per evitare pericolose confusioni;
4) non mettere mai nelle confezioni vuote dei farmaci altre sostanze pericolose;
5) non gettare i foglietti illustrativi, perche’ le istruzioni sull’ uso i dosaggi e le controindicazioni sono sempre utili;
6) non modificare i tempi della cura o i dosaggi di propria iniziativa, perche’ un miglioramento non corrisponde sempre a guarigione e per ogni dubbio chiedere spiegazioni al medico o al farmacista;
7) non scambiare cucchiai, misurini o contagocce tra un prodotto e l’ altro, perche’ i dosaggi potrebbero cambiare;
8) annotare sulla scatola la data di apertura del flacone, perche’ a parte le confezioni monodose o le pillole in blister, gli altri medicinali hanno una potenzialita’ ridotta dopo l’ apertura (per esempio, colliri e pomate oftalmiche devono essere usati entro 15 – 20 giorni dall’ apertura, le gocce entro 1 – 2 mesi, le pomate in tubo entro 2 – 3 mesi, le gocce e gli spray nasali entro 15 – 20 giorni, gli sciroppi entro 2 – 3 mesi);
9) evitare di curarsi da soli durante la gravidanza e l’ allattamento, se si e’ allergici o se si soffre di altre malattie (come ipertensione, diabete, ecc.), informare sempre il farmacista o il medico prima di iniziare una cura e non usare di propria iniziativa neanche farmaci che si sono assunti in precedenza;
10) non bere alcolici quando si usano farmaci e non guidare se si tratta di medicinali che possono dare sonnolenza o altri effetti collaterali pericolosi;
11) non usare un farmaco perche’ ha fatto bene a un amico, non lasciarsi condizionare dalla pubblicita’ ;
12) non pensare che i farmaci siano in grado di risolvere ogni problema, o che possano correggere le cattive abitudini alimentari e di vita dei vostri figli.

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Benefici effetti collaterali!

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Emicranie, vertigini, battito cardiaco irregolare e diarrea: nuove scoperte suggeriscono che questi effetti indesiderati dei farmaci ci potrebbero essere d’aiuto.
Ricercatori tedeschi che hanno pubblicato le loro ricerche sulla rivista” Science”, hanno affermato che sono il risultato dell’analisi sistematica degli effetti collaterali di 746 farmaci. Effetti collaterali molto simili potrebbero indicare la presenza di azioni molecolari simili; in alcuni farmaci simili scoperte erano già venute alla luce, ma nuovi medicinali hanno riservato interessanti sorprese.
Tra questi ricordiamo il Donazepil, farmaco per la cura dell’Alzehimer che causa effetti collaterali che coincidono con l’antidepressivo Venlafaxine, suggerendo così che il donezepil in futuro potrebbe avere un effetto terapeutico anche per la depressione. Un farmaco assunto dai malati di osteoporosi il Reloxifene potrebbe apportare effetti benefici anche a chi assume il Tegaserod, prescritto a chi ha problemi all’intestino.

I risultati finora riscontrati fanno ben sperare per interessanti scoperte, tuttavia è importante sottolineare che queste scoperte riguardano soltanto i ricercatori. Nessuno deve usare farmaci in maniera inappropriata e soprattutto senza la supervisione di un medico. E’ bene incoraggiare questo genere di studi poiché questo nuovo approccio fa sperare in tempi più brevi per la scoperta di nuovi farmaci. In bocca al lupo ai ricercatori!

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I farmaci e lo stile di vita…

Per Pasquetta (Auguri!) vi riassumo un articolo un po’ lunghetto ma molto interessante sui farmaci dal titolo: I farmaci per cambiar vita.

Ruth Ann McClain, flautista di Memphis, nel Tennessee, soffriva di “panico da palcoscenico”: la sola idea di salire sul palco e suonare la terrorizzava; una patologia debilitante per un artista che si esibisce per lavoro. Ma anche la sua patologia è risolta dalla chimica.
Ruth Ann McCain, la flautista racconta «Mi sudavano le mani tanto che temevo il flauto mi sfuggise di mano. E i tentativi di rilassarmi prima del concerto servivano a poco». Nel 1995 il suo medico le prescrisse un beta-bloccante. «Ero un’altra: mi esibivo senza alcuna paura». All’epoca insegnava flauto al Rhodes College di Memphis e così iniziò a raccomandare beta bloccanti agli studenti adulti che soffrivano di crisi d’ansia prima delle esibizioni. E per questo fu licenziata.

Ecco un esempio di lifestyle drugs, molecole che cambiano lo “stile di vita”. Grazie ad essi si supera la paura, la fame, il sonno, i limiti delle eiaculazioni quotidiane. Oppure sono scorciatoie per non impegnare la forza di volontà, e smettere comunque di ingrassare, fumare, drogarsi, stancarsi.

Non c’è da stupirsi, il mercato di queste sostanze è enorme: vale 20 miliardi di dollari, e si prevede che salirà a 29 per il 2007 perché sono gli stessi pazienti a chiederle. E sono costose. Certo non possono essere definite medicine perché in questi casi non servono a curare nulla. Fumare per esempio è uno scelta di stile di vita, non una malattia. Il farmaco è una molecola che cura una malattia. Ma che malattia è la paura da palcoscenico?

McClain ovviamente non è un’eccezione. I Beta-bloccanti, presi a bassi dosaggi frenano l’ansia, apparentemente senza effetti collaterali. Ora nel mondo della musica classica i farmaci sono onnipresenti, come il doping nello sport.

Ormai sono più di 10 le molecole che vengono prescritte per utilizzi che non possono essere definiti clinici.

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E tutte richiedono una prescrizione medica. «Sono tutti malati i consumatori di queste molecole? O hanno solo dei desideri o dei bisogni insoddisfatti? Quando il bisogno diventa malattia e quando un’aspirazione diventa un fine terapeutico legittimo?» si cheide Rod Flower dei dipartimento di biochimica farmacologica del William Harvey Research Institute a Londra. E prosegue.
Per prima cosa bisogna definire cos’è una malattia. Il vocabolo è scivoloso, e anche il termine salute è sempre più difficile da definire. La malattia sembra sempre più diventare una deviazione da uno standard considerato norma. Chi è fuori da quella norma è malato. Se poi si aggiunge che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce salute “il benessere completo fisico, psicologico e sociale” , lo stato di salute diventa qualcosa di difficilmente raggiungibile. Tanto che c’è chi sostiene che è probabile raggiungerlo solo nel caso di un orgasmo simultaneo.
Il processo ha un nome vecchio, si chiama “medicalizzazione”, e non ce ne libereremo presto. Per questioni economiche: il settimanale economico Business Week ipotizza addirittura che il boom delle lifestyle drugs «potrebbe rendere l’industria farmaceutica il motore della crescita per l’intera economia Usa».

Una sola malattia non sarà mai segnalata dalle aziende: è la telecondria, affligge decine di migliaia di italiani. Se anche la cura esistesse, e fosse in grado di immunizzare i telespettatori e i lettori dei giornali dalla martellante pubblicità di malattie e terapie orchestrata dalle aziende farmaceutiche, nessuno ne parlerebbe, perché di chi sarebbe l’interesse a parlarne?

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Come si smaltiscono i farmaci?

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Spesso dimentichiamo i farmaci nello stipetto del bagno, a volte riemergono se frughiamo in qualche cassetto, oppure li ritroviamo abbandonati nelle valigie che abbiamo usato nell’ultimo viaggio all’estero.
E quando ci servono ancora, ci accorgiamo che sono scaduti e li buttiamo via distrattamente. Niente di più sbagliato: un medicinale non è spazzatura qualunque,

Contenitori da usare per i farmaci
I farmaci danno origine a rifiuti speciali, che non possono essere gettati nell’ambiente come se niente fosse. Perché contengono sostanze attive, in grado di interagire con l’ecosistema. Si calcola che ogni anno le famiglie italiane si disfino di circa un miliardo di compresse: una quantità che può alterare i normali ritmi biologici dell’acqua e del suolo. Questo esercito di pastiglie, creme, fiale e quant’altro dovrebbe finire negli speciali contenitori bianchi posti al di fuori delle farmacie, che servono a raccogliere i farmaci ormai scaduti o non più usati. Sono facili da individuare e non richiedono sforzi particolari: basta ricordarsi di portare con sé le vecchie medicine (dopo avere gettato le scatoline di cartone insieme alla carta da riciclare) in una delle nostre visite alla farmacia. In qualche Comune sono presenti anche nelle piazzole ecologiche.

Inceneriti o in discarica
I medicinali destinati alle terapie anticancro vengono trattati separatamente, a causa della loro particolare tossicità. Gli altri finiscono direttamente nei termovalorizzatori, dove vengono bruciati: questi impianti possono essere specializzati nella distruzione di soli farmaci oppure essere anche usati per bruciare normali rifiuti solidi urbani. Qualcuno potrà storcere il naso, ma in realtà la combustione è il modo migliore per eliminare questo tipo di sostanze. La fiamma dei moderni termovalorizzatori (a 600 – 900 gradi) è in grado di scomporre le complesse molecole organiche dei principi attivi nei componenti di base, che hanno un basso impatto ambientale. Inoltre i sistemi di filtrazione delle ciminiere degli inceneritori hanno filtri tali da permettere di bloccare la maggior parte degli inquinanti più pericolosi.

L’alternativa è la discarica, dove invece i rischi che le sostanze filtrino nel terreno e contaminino l’acqua delle falde è molto più alto.
Fonte.

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Dedicato a voi…

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A te che quando hai un figlio/a amico/a parente che ha un po’ di ansia e che non riesce a prendere bene sonno gli dici: “Prendi qualche goccia del mio ansiolitico preferito e vedrai che passa tutto!”.
A te farmacista che vedi un ragazzino comprare due/tre volte a settimana la sua confezione di ansiolitci e anzichè chiedergli spiegazioni gliela vendi, felice di intascarti qualche euro in più (perchè tu ne guadagni pochi e c’è la crisi…).
A te medico di famiglia che di fronte ad un adolescente che ha paura ad affrontare un’interrogazione gli dici: “Prenditi qualche goccia di ansiolitico e vedrai che prenderai 9!”
Ecco a voi mi rivolgo e dico: “Ma perchè cavolo non ti vi fate i caz fatti vostri??”

A parte gli effetti collaterali questi farmaci danno una dipendenza persino più pesante dell’eroina! Ma è così difficile suggerire un rimedio naturale o un po’ di psicoterapia ? Mah…

Giusto per chiarire: non sono contrario all’uso di questi farmaci ma vorrei sottolineare che solo il medico dovrebbe prescriverli e dovrebbe anche indicare al paziente un piano terapeutico con le dosi e la durata di assunzione del farmaco.

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Come vengono decise le date di scadenza dei farmaci?

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Qualche decennio fa, non c’erano le farmacie come noi le conosciamo, in cui i medicinali sono già preparati dale industrie farmaceutiche, ma i farmacisti preparavano i vari rimedi miscelando le varie sostanze secondo le prescrizioni dei medici, e le vendevano sia in forma liquida, sia sotto forma di polveri. A volte l’assistente del medico era solito miscelare lui stesso i vari componenti delle ricette.
Questo tipo di farmaci non avevano un’etichetta che rendesse evidente quale fosse la data di scadenza, perchè i pazienti utilizzavano le medicine da loro prescritte in poco tempo.

In seguito le industrie farmaceutiche hanno iniziato a preparare e a vendere gli stessi composti farmaceutici in forma di compresse o capsule. E si è smesso di preparare i farmaci direttamente nelle farmacie. Con questi presupposti nessuno poteva più avere la certezza che i medicinali fossero consumati in pochi giorni dalla loro produzione. Se i farmaci rimangono inutilizzati per un periodo di tempo troppo lungo, questo può alterare le proprietà degli ingredienti con cui sono composti, specialmente se sono conservati in ambienti non adatti, troppo caldi o troppo umidi.
Anche l’efficacia del medicinale può essere compromessa, per cui diventa essenziale indicare la data di scadenza sulla confezione del farmaco.

Il miglior metodo per determinare la data di scadenza di un medicinale è quello di conservare il farmaco per un lungo peridoo in una stanza ad una temperatura normale, e verificarne l’efficacia. Le industrie farmaceutiche però evitano questo metodo che richiede tropo tempo. Invece di solito utilizzano quattro campioni di farmaco a quattro temperature differenti per un periodo prederminato di tempo, e ne misurano l’efficacia del principio attivo dopo tale trattamento. Misurano la perdita di efficacia dei campioni e determinano la data di scadenza basata sulla perdita media di efficacia.

Come sempre, era meglio il metodo dei nostri nonni…

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Oro incenso e.. mirra??? Cosa è la mirra e in che modo può far bene alla salute.

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Sono anni che in questo periodo sentiamo parlare di oro incenso e mirra e sono anni che ci chiediamo:”cosa cavolo è la mirra?”
Oggi come regalino di Natale vi spiegherò al volo cosa è e come può essere utilizzata per migliorare la nostra salute.

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Si usano troppi antibiotici!

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Photo by limowreck666

“Troppi antibiotici nella vita degli italiani che ne usano sempre di piu’ e male e cresce l’antibiotico resistenza: ogni giorno un milione e mezzo di cittadini assume questi medicinali ed e’ cresciuto del 400% l’uso di alcuni prodotti. Il pericolo e’ quello di trovarci fra qualche anno senza gli strumenti per combattere le infezioni, proprio a causa della capacita’ dei batteri di modificarsi imparando a resistere all’attacco dei farmaci.

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