Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

Tag: decrescita

Come passare al cibo locale

mondo

Come iniziare a spostarci verso il cibo locale?

Molti politici spingono verso una globalizzazione alimentare, cercando solo la crescita del commercio. Come risultato, tanti prodotti uguali si incorciano attraverso il globo, senza alcuna logica se non quella di una economia impazzita.
Un primo passo immediato sarebbe assicurare che prodotti identici non vengano allo stesso momento importati ed esportati.

Ma per cambiare mentalità servirebbe riscrivere tutti trattati commerciali, puntendo sui diritti dei cittadini. Dovrebbero cambiare tutto il sistema degli incentivi spostandolo verso le realtà locali oltre alla scrittura di linee guida nuove e più “intelligenti”.

La prima cosa da fare per passare al cibo locale è quella di inizare a “boicottare” le grandi catene di supermercati e cercando di fare aquisti presso i produttori locali magari organizzandosi in dei gruppi d’acquisto eco e solidale che ci permettono di risparmiare tempo e soldi e soprattutto di comprare prodotti locali o quanto meno provenienti ma mercati solidali.

Il biologico non esiste solo nei negozi bio ma lo potete trovare anche presso un contadino che ama ancora la terra; basta approfondire la conoscenza del contadino magari visitando i suoi terreni per essere tranquilli di ciò che si compra.

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Pensa globalmente… mangia localmente!

mondoMangiare il cibo locale cambia il mondo? Si! Vediamo come.
Qualcuno troverà esagerata e irrealistica l’affermazione che orientarsi al locale sia la risposta più efficace alla globalizzazione. Ma quanto realistico è continuare a spingere l’intera popolazione del mondo in un’unica economia?
Oggi, le economie locali fanno ancora fronte a larga parte dei bisogni di circa la metà della popolazione mondiale, soprattutto nei paesi ‘in via di sviluppo’. Se si distruggono queste economie, le loro esistenze miglioreranno? Che cosa può offrire ai più la globalizzazione, se non promesse irrealistiche?
La localizzazione implica meno sconvolgimenti sociali ed ambientali della globalizzazione, ed è di gran lunga meno costosa da realizzare. In effetti, ogni aspetto del locale, sia a livello politico che nelle nostre comunità, porta con sé tutta una serie di vantaggi a cascata. Localizzazione significa essenzialmente spostare l’attività economica nelle mani di milioni di piccole e medie imprese, invece di concentrarla in un numero sempre minore di mega-società. Localizzazione non vuol dire che ogni comunità debba essere completamente autosufficiente; significa semplicemente accorciare il più possibile la distanza fra produttori e consumatori.
Dal momento che di mangiare tutti, ovunque, hanno bisogno ogni giorno, passare dal cibo globale a quello locale è il miglior modo per cominciare. La gente in tutto il mondo sta imparando che il cibo globale è troppo costoso; dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Si sta cominciando a cercare alimenti locali, ed un intero movimento sta guadagnando terreno.

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Su Pallante, lo yogurt e la decrescita felice

Sabato a Putignano (Bari) ho partecipato all’ incontro dal titolo “La felicità non si misura con il PIL” che aveva fra i principali relatori Maurizio Pallante.
Non ero l’unico blogger presente e quindi per la descrizione vi invito a leggere il post pubblicato sul blog Verde non è un colore.
Tempo fa ho pubblicato sul sito psycosomatica.it la ricetta per preparare lo yogurt normale o di soja in pochi semplici passi, semplice da fare e ottimo da gustare.
Lo yougurt preparato in casa è infatti uno dei simboli della decrescita felice; vi cito una parte dell’articolo tratto dal sito decrescitafelice.it: “Un vasetto di yogurt comprato, prima di raggiungere la mensa del consumatore percorre qualche migliaio di chilometri, quindi contribuisce alla crescita dei consumi di fonti fossili e dell’effetto serra; produce tre tipologie di rifiuto: carta, plastica e alluminio; ha bisogno di sostanze conservanti che spesso uccidono i fermenti lattici riducendo il suo valore nutrizionale; incorpora nel prezzo di vendita oltre i costi di trasporto e confezionamento, i costi di produzione industriale, di intermediazione commerciale e pubblicitari. Uno yogurt autoprodotto non deve essere trasportato, non produce rifiuti, è ricchissimo di fermenti lattici vivi e, non richiedendo nessun costo oltre quello del latte, ha un prezzo inferiore di due terzi.

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