Niente fumo. Attenzione all’inquinamento urbano. Attività fisica. Ma soprattutto rigoroso controllo della dieta.

Sono queste le regole generali della prevenzione dei tumori: e se dei danni provocati dal fumo si sa ormai quasi tutto, è proprio l’alimentazione ad avere assunto un ruolo importante, negli ultimi anni. Nel processo di cancerogenesi il fattore alimentare ha un ruolo valutabile fra il 30 e il 60 per cento. La percentuale è variabile soprattutto perché è difficile una precisa valutazione dei modelli alimentari del singolo, che spesso non hanno regole fisse.
In termini generali, però, due elementi vengono considerati un vero fattore di rischio: l’eccesso di grassi (in particolare di origine animale), e il sovrappeso, collegato all’ eccessivo introito calorico. Una alimentazione molto ricca in grassi è correlata con l’incremento di rischio del tumori al colon e alla mammella, mentre chi è in sovrappeso si ammala più facilmente (almeno secondo le statistiche) di tumore all’endometrio (la mucosa uterina), all’intestino, alla prostata e ancora alla mammella. Per quest’ultimo, addirittura, sembra che un peso eccessivo nelle giovani dopo le prime mestruazioni rappresenti un fattore di rischio significativo. Da non sottovalutare inoltre il problema rappresentato dall’alcol. L’assunzione di quantità elevate di alcolici è statisticamente correlata con l’aumento del tumore al cavo orale e all’esofago. E il rischio è moltiplicato per chi beve e fuma, insieme. Infine, una alimentazione che prevede un abbondante impiego di cibi conservati in salamoia può creare seri problemi oncologici allo stomaco.
Esiste una dieta antitumore?
Esiste una dieta che riduce i rischi. E’ quella a base di pasta, pane, riso, pesce, olio d’oliva (che può avere azione antiossidante), frutta e verdura fresca e cruda. In questi ultimi alimenti, oltre alle fibre, sono presenti diverse vitamine (soprattutto C e A, sotto forma di provitamina betacarotene), e avere le vitamine direttamente dagli alimenti è più utile, perché nei vegetali sono presenti altre sostanze (fenoli e indoli) ad azione potenzialmente protettiva. Infine non vanno dimenticati i prodotti caseari leggeri, per l’apporto in calcio. Proprio il calcio sembra svolgere una azione protettiva nei confronti delle cellule intestinali. In particolare ne riduce la proliferazione (e dunque blocca anche un eccessivo sviluppo di eventuali cellule cancerogene) e contrasta l’effetto dei grassi in eccesso, riducendo la trasformazione dei pericolosi sali biliari. Per valutare l’entità di questa azione protettiva è partita una indagine che coinvolge diversi centri di ricerca europei. In pratica, nelle persone ad alto rischio, perché già operate per la presenza di un polipo intestinale, si sta valutando l’effetto della dieta nei confronti della formazione di nuove forme tumorali. Qualcosa di simile avviene anche a livello dello stomaco. Si è visto, infatti, che la somministrazione quotidiana di un supplemento di vitamina C alla dieta può risultare utile ai pazienti ad alto rischio. Come avviene l’indagine? Dopo aver bonificato lo stomaco dalla presenza dell’Helicobacter pylori (un batterio potenzialmente tossico per la mucosa) con antibiotici, si somministra vitamina C a una serie di pazienti, mentre altri seguono la normale dieta. Presto si saprà se questo tipo di prevenzione è applicabile su larga scala. E’ invece già noto l’effetto benefico delle fibre: esse acidificano l’ambiente intestinale, migliorando così la flora batterica, e soprattutto riducono l’eventuale tempo di contatto, con le pareti intestinali, delle sostanze cancerogene eventualmente presenti. Sia inglobando queste ultime nella propria massa, sia accelerando comunque il transito delle feci nell’intestino.

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