Il rosso eccita, il blu calma, il giallo rende allegri, il verde fa sentire più sereni. Molti studi psicologici, negli ultimi anni, hanno avuto come oggetto l’effetto dei vari colori sulla nostra psiche. «Osservare un colore provoca in noi anzitutto risposte di tipo fisiologico », spiega lo psicoanalista Claudio Widmann, collaboratore di Max Lüscher, lo psicologo svizzero più attivo in questo tipo di studi. «Se un soggetto viene sottoposto a una luce rossa, la sua pressione sanguigna, il ritmo cardiaco e il ritmo respiratorio subiscono un’ accelerazione. Diminuiscono, al contrario, se il soggetto viene sottoposto a una luce blu. A queste reazioni si associa poi un effetto psichico: per il rosso l’eccitazione, per il blu l’azione sedativa». Il primo a trovare una prova scientifica dell’influenza del colore sul nostro organismo fu Albert Szent Giörgyi, premio Nobel per la medicina nel 1937: in primo luogo scoprì che ormoni ed enzimi “possiedono” colori propri. Poi scoprì anche che questi ormoni venivano stimolati a svolgere le loro funzioni se sollecitati con luce colorata. «Questo perché il colore non è altro che l’emissione di luce e quindi di un’onda elettromagnetica. Dentro alle nostre cellule noi abbiamo dei recettori in grado di captare queste onde», dice l’immunologo e allergologo Attilio Speciani. «Oggi sappiamo, per esempio, che la melatonina, un ormone secreto dalla ghiandola epifisaria e regolatore delle funzioni immunitarie, agisce soltanto dietro stimolazione luminosa». I colori dunque possono agire sia come regolatori biologici sia come stimolatori psicologici.
L’ industria e la pubblicità sfruttano già da tempo questi principi. I fast food, per esempio, sono sempre di colore rosso e giallo, perché devono attirare l’attenzione e creare uno stimolo alla fame. Per lo stesso motivo gli aperitivi sono sempre di colore rosso: quando negli anni Settanta si tentò di introdurre bevande di colore blu, fu un fiasco clamoroso, perché il blu non ha alcun effetto stimolante.
Queste valenze psicologiche attribuite ai colori sono radicate anche nel linguaggio: in tedesco, per esempio, prendere una sbronza si dice “andare in blu”, per sottolinearne l’effetto depressivo. Per quanto riguarda il giallo, invece, è il colore del sole e della luce e quindi, secondo gli psicologi, evoca liberazione e sollievo dalle tenebre. Forse non è un caso se è anche il colore favorito, nei test, da gran parte delle donne in avanzato stato di gravidanza. Tempo fa, la compagnia aerea Swissair chiese allo stesso Max Lüscher di scegliere un colore che rendesse meno claustrofobici gli interni degli aerei e lui consigliò proprio il giallo. Pare che, di conseguenza, i passeggeri di Swissair siano aumentati del 20 per cento. Un altro esperimento singolare è stato tentato in alcune carceri degli Stati Uniti, dove è stato prescelto, per la divisa dei reclusi, il rosa: sembra che contribuisca a smorzare la tendenza alla litigiosità.
L’effetto psicologico dei vari colori è conosciuto da tempo anche nel settore architettonico. Il blu viene consigliato, negli interni, per arredare la camera da letto, il giallo e il rosso per la cucina e la stanza dei bambini, il verde per pavimenti e moquette (infonde serenità e senso di pulizia). Tuttavia nella scelta degli arredi alla fine prevalgono la moda e la tendenza culturale dei singoli Paesi. Negli anni Ottanta, con il boom dello stile postmoderno, in Italia si usavano soltanto colori pastello. Oggi stiamo assistendo all’impiego di toni più forti. Stanno arrivando anche i primi televisori e frigoriferi colorati. E’ una novità: l’Italia, infatti, a differenza di Stati Uniti e Francia, è un Paese molto refrattario ai colori accesi. Il timore, da noi, pare sia quello di mandare messaggi sbagliati e cioè di trasmettere, anziché vivacità, chiassosità. L’unico momento della nostra storia in cui il colore è entrato con prepotenza nelle case sono stati gli anni Sessanta: si facevano mobili, divani, tendaggi in arancione. Non a caso, sostengono gli psicologi: erano gli anni del boom economico e l’arancio rappresenta la voracità.
Come nell’arredo delle case, anche negli uffici le relazioni tra colore e psiche vengono tenute in scarsa considerazione. Negli standard tecnici per gli ambienti di lavoro non si parla mai di colori: l’unica indicazione è che pareti e oggetti debbano essere chiari e opachi, mai bianchi e lucidi, perché rifletterebbero la luce rendendo difficoltosa la lettura e provocando lacrimazione e annebbiamento della vista.

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