Quella del serial killer è una figura che suscita insieme orrore e attenzione. Che esercita una sua attrattiva, insomma: lo dimostra l’attenzione con la quale vengono seguiti i processi, il successo dei romanzi sull’argomento, e le domande che vengono poste. Vediamo insieme le più frequenti
Sono proprio gli Stati Uniti la patria dei serial killer?
In effetti su circa 200 “assassini seriali” attualmente catalogati con precisione dalle forze dell’ordine, almeno 150 sono americani. Le cause di questo numero elevato possono essere diverse. L’enorme estensione del Paese: nove milioni di chilometri quadrati dove ci si muove con facilità. Spesso i killer trasportano altrove la propria vittima e la abbandonano a centinaia di chilometri dal luogo del delitto. E ciò complica molto le indagini. In secondo luogo, gli assassini sono favoriti dalla proliferazione degli investigatori: in tutti gli Stati Uniti ci sono 16 mila autorità di polizia (sceriffi compresi), che non sempre si scambiano informazioni. Terzo motivo: la diffusione delle armi da fuoco, consentita dal secondo emendamento della Costituzione. Negli Usa circolano 211 milioni di pistole. Infine: la disintegrazione dell’istituzione familiare. Quasi tutti i killer vengono da famiglie disgregate. «Un tempo la famiglia era più stabile, aveva radici, e rappresentava un punto di riferimento. Oggi siamo di fronte a una società di nomadi: ogni anno 36 milioni di americani divorziano, o cambiano casa, o smembrano il gruppo familiare», spiega Roger Depue, autore di uno studio dell’Fbi sui serial killer. «Una famiglia, in media, si scioglie due volte prima che i bambini abbiano raggiunto la maggiore età». E’ anche vero, però, che l’elevato numero di serial killer americani dipende dalla serietà con cui si fanno studi e statistiche negli Usa. Secondo il gruppo del criminologo Francesco Bruno, infatti, ci sarebbero i presupposti (delitti insoluti, ecc) per censire un serial killer in ogni capoluogo di provincia in Italia: ma non i dati concreti su cui operare.
I serial killer uccidono di più durante l’estate?
E’ una realtà statistica. Gli studi dimostrano che il caldo favorisce i reati violenti. Esiste una spiegazione neurofisiologica: a soffrire per l’eccesso di calore sarebbe la corteccia cerebrale, cioè l’area del cervello che consente di inibire gli istinti e le pulsioni. Ed esiste una spiegazione sociale: d’estate l’abbigliamento è più leggero, ci si sente più liberi, cadono molti freni inibitori. Le donne, in genere vittime dei serial killer, appaiono più seduttive, e i soggetti patologici, incapaci di stabilire relazioni sociali equilibrate, non sanno fare fronte alla “provocazione”.
Esiste un fascino del serial killer?
Jeffery Dahmer, il “mostro di Milwaukee”, prima di essere ucciso in carcere, riceveva lettere di solidarierà e denaro da tutto il mondo, arrivando ad accumulare 12 mila dollari. Pietro Pacciani, condannato come presunto “mostro di Firenze”, ha ricevuto centinaia di biglietti d’auguri per Natale. A Pietro Maso (assassino dei genitori a Verona) e a Luigi Chiatti (omicida di due bambini a Foligno) arrivano proposte di matrimonio. Quasi tutti i grandi killer, insomma, esercitano un notevole fascino, soprattutto presso il pubblico femminile. Secondo Aldo Carotenuto, professore di psicologia della personalità a Roma, esistono due meccanismi inconsci che attivano questa capacità di seduzione. «Il primo è il tentativo di neutralizzare la violenza che è in loro, il secondo la convinzione di avere capacità di redimere». Secondo lo psicoanalista, cioè, chi manifesta solidarietà al “mostro” prova in realtà a soffocare la violenza che è in sé medesimo: «Se una persona che compie azioni disumane mi colpisce al punto di scrivergli, significa che essa non mi è così estranea. Amarla potrebbe essere un modo di disinnescare la mia violenza potenziale». Alla base della vocazione a redimere ci sarebbe, invece, il masochismo (a livello patologico) presente in quelle donne disposte a mettersi al completo servizio di un “mostro”. «Alla base del loro comportamento c’è un altro meccanismo: quello di proiettare all’esterno la parte negativa di loro stesse, per renderla più controllabile. Così queste donne fanno di tutto per entrare in relazione con una persona che, prima o poi, sicuramente le distruggerà».
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