Per Pasquetta (Auguri!) vi riassumo un articolo un po’ lunghetto ma molto interessante sui farmaci dal titolo: I farmaci per cambiar vita.
Ruth Ann McClain, flautista di Memphis, nel Tennessee, soffriva di “panico da palcoscenico”: la sola idea di salire sul palco e suonare la terrorizzava; una patologia debilitante per un artista che si esibisce per lavoro. Ma anche la sua patologia è risolta dalla chimica.
Ruth Ann McCain, la flautista racconta «Mi sudavano le mani tanto che temevo il flauto mi sfuggise di mano. E i tentativi di rilassarmi prima del concerto servivano a poco». Nel 1995 il suo medico le prescrisse un beta-bloccante. «Ero un’altra: mi esibivo senza alcuna paura». All’epoca insegnava flauto al Rhodes College di Memphis e così iniziò a raccomandare beta bloccanti agli studenti adulti che soffrivano di crisi d’ansia prima delle esibizioni. E per questo fu licenziata.
Ecco un esempio di lifestyle drugs, molecole che cambiano lo “stile di vita”. Grazie ad essi si supera la paura, la fame, il sonno, i limiti delle eiaculazioni quotidiane. Oppure sono scorciatoie per non impegnare la forza di volontà, e smettere comunque di ingrassare, fumare, drogarsi, stancarsi.
Non c’è da stupirsi, il mercato di queste sostanze è enorme: vale 20 miliardi di dollari, e si prevede che salirà a 29 per il 2007 perché sono gli stessi pazienti a chiederle. E sono costose. Certo non possono essere definite medicine perché in questi casi non servono a curare nulla. Fumare per esempio è uno scelta di stile di vita, non una malattia. Il farmaco è una molecola che cura una malattia. Ma che malattia è la paura da palcoscenico?
McClain ovviamente non è un’eccezione. I Beta-bloccanti, presi a bassi dosaggi frenano l’ansia, apparentemente senza effetti collaterali. Ora nel mondo della musica classica i farmaci sono onnipresenti, come il doping nello sport.
Ormai sono più di 10 le molecole che vengono prescritte per utilizzi che non possono essere definiti clinici.
E tutte richiedono una prescrizione medica. «Sono tutti malati i consumatori di queste molecole? O hanno solo dei desideri o dei bisogni insoddisfatti? Quando il bisogno diventa malattia e quando un’aspirazione diventa un fine terapeutico legittimo?» si cheide Rod Flower dei dipartimento di biochimica farmacologica del William Harvey Research Institute a Londra. E prosegue.
Per prima cosa bisogna definire cos’è una malattia. Il vocabolo è scivoloso, e anche il termine salute è sempre più difficile da definire. La malattia sembra sempre più diventare una deviazione da uno standard considerato norma. Chi è fuori da quella norma è malato. Se poi si aggiunge che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce salute “il benessere completo fisico, psicologico e sociale” , lo stato di salute diventa qualcosa di difficilmente raggiungibile. Tanto che c’è chi sostiene che è probabile raggiungerlo solo nel caso di un orgasmo simultaneo.
Il processo ha un nome vecchio, si chiama “medicalizzazione”, e non ce ne libereremo presto. Per questioni economiche: il settimanale economico Business Week ipotizza addirittura che il boom delle lifestyle drugs «potrebbe rendere l’industria farmaceutica il motore della crescita per l’intera economia Usa».
Una sola malattia non sarà mai segnalata dalle aziende: è la telecondria, affligge decine di migliaia di italiani. Se anche la cura esistesse, e fosse in grado di immunizzare i telespettatori e i lettori dei giornali dalla martellante pubblicità di malattie e terapie orchestrata dalle aziende farmaceutiche, nessuno ne parlerebbe, perché di chi sarebbe l’interesse a parlarne?
Lascia una risposta