
Se l’uomo fosse efficiente come la mosca, fabbricherebbe 10 grammi di vitamina C al giorno. Invece non ne produce affatto. Se ruminasse come la mucca, saprebbe sintetizzare un altro gruppo indispensabile di vitamine, che si sciolgono nei grassi e perciò sono dette liposolubili. Macché: in questo campo siamo incapaci di cavarcela da soli e ci dimostriamo inferiori alla maggioranza degli animali. Gatti e cani vivono senza frutta e verdura, ricche di vitamine. Noi, se ci provassimo, moriremmo. E anche piuttosto dolorosamente. Se dovesse mancare nel nostro cibo la prima vitamina in ordine alfabetico, cioè la A (contenuta, tra l’altro, nell’olio di fegato di pesce, nel rosso d’uovo e nel burro), alcune cellule degli occhi comincerebbero a funzionare alla rovescia. Anziché produrre il muco che lubrifica la cornea, deporrebbero una proteina secca, la cheratina. Come se ci riempissero gli occhi di sabbia. La malattia è la xeroftalmia, che oltre un certo stadio porta alla cecità irreversibile. Insomma: è fuori strada chi crede che le vitamine servano soltanto contro il raffreddore. Hanno un ruolo ben più complesso. In comune hanno due cose: sono esogene, cioè il nostro corpo in genere non le produce, e se ne usano quantità minime, pochi milligrammi o microgrammi al giorno.
Una leggenda da sfatare
La questione è proprio questa: a un certo punto si è cominciato a pensare (alcuni ancora lo credono) che più vitamine si prendono, meglio è per la salute. Ma non è vero. Una ventina di anni fa, si scoprì che la vitamina A, oltre alle sue funzioni “normali” (mantiene integra la pelle e aiuta la funzione visiva), riusciva anche a regolare la riproduzione e moltiplicazione cellulare, il processo che si altera nel caso dei tumori. Scoperto questo, si pensò di provare gli effetti antitumorali delle vitamine (non soltanto la A) in dosi massicce. Con risultati sorprendenti, ma purtroppo in senso negativo. Fra gli studi epidemiologici più clamorosi, ce n’è uno finlandese (su 30 mila fumatori maschi) e uno americano, il cosiddetto Caret (25 mila maschi scelti fra fumatori e addetti alla lavorazione dell’amianto). Lo studio finlandese voleva provare se forti dosi di betacarotene (sostanza dalla quale il corpo umano ricava la vitamina A) e vitamina E potessero prevenire il cancro ai polmoni. Nel gruppo trattato con vitamina E si ottenne un’impennata di ictus emorragici mortali, in quello che riceveva betacarotene, invece, un eccesso di morti per tumore polmonare. Esattamente lo stesso effetto dello studio Caret. L’aumento dei tumori polmonari spinse a interrompere la ricerca dopo soli quattro anni, contro i dieci previsti. Conclusioni: per ora quantità supplementari di queste vitamine si sono rivelate inutili se non dannose.
Niente megadosi, dunque, meglio puntare sull’alimentazione. Ma in quali cibi si trovano le vitamine? Su quali organi agiscono? E che accade se mancano, o sono troppo abbondanti? Per rispondere (sfatando qualche pregiudizio) seguiamo il loro cammino cominciando dall’inizio, e cioè dalla prima colazione.
Al mattino? B, C e D
Al mattino, oltre al caffè, ci vogliono energie. Zuccheri, dunque. Per utilizzarli si ricorre ad alcune vitamine del gruppo B, che troviamo nel pane e nel latte. Senza la B1 e la B2 non avremmo energia. La B1 (o tiamina), produce acetilcolina, che permette alla cellula di utilizzare i carboidrati e influisce sulla velocità di trasmissione degli impulsi nervosi. Se manca, i muscoli, cuore compreso, non lavorano e la macchina umana si ferma. La carenza di tiamina (si trova nei cereali integrali, nel latte, nella frutta secca e in alcuni ortaggi, ma soprattutto nella carne) provoca il beri-beri, la “malattia della stanchezza”. Ai malati di beri-beri, per guarire, basta mangiare riso integrale (ricco di tiamina) anziché riso raffinato, mentre per far riprendere dal coma i casi più gravi si somministra vitamina B1 in alte dosi.
Nel latte intero troviamo la vitamina B2 (o riboflavina): aiuta a trasferire energia alle cellule per la sintesi delle proteine e si concentra nel fegato. Come tutte le vitamine del gruppo B è piuttosto delicata: sensibile soprattutto alla luce. Buona idea, dunque, confezionare il latte nel cartone anziché nelle bottiglie trasparenti. A proposito di latte: mentre lo beviamo, se c’è un po’ di sole, mettiamoci alla finestra. Rinforza le ossa. Il corpo umano, infatti, è in grado di sintetizzare, attraverso la pelle, una parte di vitamina D (o calciferolo, contenuta anche nel latte) partendo dalla luce solare. Più l’epidermide è bianca, maggiore è la capacità di produrre calciferolo: in un nordico è doppia rispetto a un africano. Semplice il motivo. Poiché in Africa il sole è più efficace, la pelle scura fa da filtro per evitare l’eccesso di vitamina D, che provocherebbe sete, pruriti, diarree, depositi di calcio nelle vene e nei reni.
Kiwi antiveleno
I dietologi insistono perché al mattino si consumi frutta, meglio se agrumi o kiwi, che contengono vitamina C, l’acido ascorbico. È una vitamina di pronto intervento: tampona l’azione nociva dei radicali liberi a mano a mano che si formano. Le scorte vanno rinnovate di freuente: abbiamo un’autonomia massima di due o tre giorni. Partecipa alla produzione di anticorpi (ecco perché è anti-infettiva), inattiva alcune tossine, protegge da veleni come fosforo e benzolo, aiuta ad assorbire il ferro. Per averne abbastanza è sufficiente mangiare frutta al mattino, verdura cruda a pranzo e a cena.
Non sempre l’olio fa bene
Contenuta nel germe dei cereali, nelle uova e negli ortaggi a foglie (broccoli, broccoletti, spinaci), la vitamina E, o tocoferolo, protegge dalla degradazione la vitamina A e dall’ossidazione i grassi polinsaturi (quelli, per intenderci, dell’olio di semi), fino a qualche anno fa considerati capaci di difendere cuore e arterie da infarti e aterosclerosi. Ma ora si è scoperto che troppi grassi polinsaturi, soprattutto se ossidati perché accompagnati da poca vitamina E, sono dannosissimi. Durante la giornata è anche bene fare scorte di pro-vitamina A, o retinolo, non solo per la vista, ma anche per conservare la pelle integra. Alcuni alimenti la contengono direttamente (uova, latticini, burro, carne), altri sono ricchi del suo precursore (il betacarotene della frutta e della verdura di colore giallo-arancio: albicocche, cachi, zucca e carote). Sulla pelle, una crema alla vitamina A viene usata per curare ittiosi e ipercheratosi (cioè un ispessimento dello strato corneo), serve anche come efficace antirughe (mai però sotto il sole: in crema, la vitamina A rende la pelle sensibile alla luce e può macchiarla indelebilmente). Resta un’ultima vitamina liposolubile, la K. L’uomo ne produce quantità più che sufficienti: la sintetizzano, infatti, i batteri della flora intestinale. Una cura di antibiotici potrebbe distruggere la flora batterica e privare l’organismo della vitamina K, che interviene nel processo di coagulazione del sangue. Se non prescritti dal medico, però, vietatissimi i supplementi: un sovradosaggio può avere gravi effetti su cuore e circolazione.
A pranzo: carne o pesce
A pranzo e cena, mangiando carne o pesce ci riforniamo di altre vitamine del gruppo B: per esempio la B3, o niacina. È chiamata anche PP, cioè “pellagra preventiva”, perché chi ne aveva una forte carenza veniva colpito dalla malattia, che attacca pelle, apparato gastrointestinale e sistema nervoso centrale. La vitamina PP aiuta a produrre e utilizzare le proteine. Per averne abbastanza, bisogna mangiare almeno mezza porzione di secondo a pranzo e una porzione a cena. Quanto alle altre vitamine del gruppo B, la B5 (acido pantotenico), la B6 (piridossina), la B12 (cobalamina) entrano nel metabolismo dei nutrienti, nell’utilizzo di altre sostanze (la B6 e la B12 sono antianemiche, per esempio), nella sintesi del Dna e nella riproduzione cellulare. Molto importante, infine, l’acido folico, che lavora con la vitamina B12. Se manca durante la gravidanza, può dare malformazioni al feto. Il rischio più alto è la spina bifida, che colpisce 4 neonati su mille: uno studio americano su 23 mila donne ha confermato che il supplemento di acido folico nei tre mesi precedenti il concepimento e nei primi tre mesi di gravidanza riduce del 75 per cento il rischio di questa malformazione. Fuori dalla gravidanza, comunque, i supplementi non servono.
Conclusione
Alla fine della giornata è una sola. Le vitamine ci consentono di vivere.Ci servono in quantità minime. Il limite di flessibilità dell’organismo di fronte a dosi massicce dev’essere valutato con molta attenzione. E i supplementi? Forse in futuro riusciremo a scoprire cocktail di vitamine sintetiche calibrati in maniera tale da poter davvero curare o prevenire malattie. Per ora, la scienza non ha ottenuto risultati. Non ci resta che mangiare con intelligenza.
