
Troppo sapone fa male alla pelle. Eppure ci si lava sempre di più. Perché?
E’ nato per caso in Mesopotamia, nel 3000 avanti Cristo. Cuocendo gli alimenti sul fuoco, il grasso, colando sulla brace, si mescolava con la potassa dando origine a una crema densa: ecco il sapone. Una scoperta che ha rivoluzionato la vita dell’uomo, tanto che oggi in Italia si spendono mille miliardi l’anno per l’igiene del corpo. Troppi, secondo i dermatologi.
Rifiutare l’animale
Ma perché ci si lava? Le ragioni di questa consuetudine dipendono dalla stessa termoregolazione umana. Probabilmente in tempi antichissimi l’uomo si è accorto che per rinfrescare la propria pelle c’era un’alternativa al sudare: quella di immergersi nell’acqua fresca di un fiume o di un lago. L’origine del lavaggio sta in questa prima scoperta. Dal semplice “bagno per rinfrescarsi”, nel giro di alcuni millenni si è però arrivati all’attuale amore per la pulizia e all’uso frequente di saponi e deodoranti. A volte, quasi una mania. Lo scopo principale del lavaggio oggi non è più raffreddare la pelle, ma è l’annullamento totale degli odori corporei. E la volontà di cancellare il proprio odore individuale dipende solo in parte dai condizionamenti indotti dai messaggi pubblicitari. Le vere cause sono più profonde: la nostra razionalità tende a rifiutare tutto ciò che non può controllare, odori compresi, perché sono legati agli aspetti più “animali” dell’essere umano.
Il business dei profumi
Così, è stato lo sviluppo della ragione che ha lentamente trasformato il caratteristico odore della specie umana (in sé né buono, né cattivo) in una puzza. Nessun animale, infatti, cancellerebbe mai il proprio odore: è un segno di riconoscimento fondamentale per indicare l’appartenenza a un gruppo e, allo stesso tempo, per affermare la propria individualità. E doveva essere certamente così anche per gli antenati dell’uomo moderno. Non solo: l’odore individuale è tuttora necessario. Infatti ci si profuma, perché l’esigenza di distinguersi dagli altri per il proprio odore è avvertita praticamente da tutti. I dati del mercato lo confermano: ogni anno in Italia si spendono quasi diecimila miliardi in prodotti di bellezza per il corpo. «Troppi, in confronto alle reali necessità di pulizia », commenta Carlo Signorelli, docente di Igiene presso l’università La Sapienza di Roma. «Secondo un’indagine condotta pochi mesi fa dal nostro istituto, i ventenni italiani fanno cinque docce la settimana in inverno, nove in estate. Per pulirsi ne basterebbero molte meno. Abbiamo chiesto ai giovani perché si lavano molto. Hanno risposto di farlo soprattutto per gli altri, per non dar loro fastidio a causa dell’odore corporeo».
Pericolo sapone
Passare il sapone sul corpo, magari più volte al giorno, però, danneggia la pelle. Il detergente, infatti, non sa distinguere tra grassi “cattivi” (lo sporco) e i lipidi naturali che si trovano sulla pelle (grassi “buoni” che hanno la funzione di difendere l’epidermide dagli attacchi esterni e di impedire che perda troppa acqua). Una bella lavata li rimuove entrambi. «La superficie della nostra pelle è formata da strati cornei uniti tra loro da lipidi, che la rendono elastica e impermeabile. Dopo ogni lavaggio con un detergente, l’epidermide impiega dalle 12 alle 24 ore a rigenerare lo strato lipidico che la protegge. Spesso, perciò, il risultato di lavaggi ripetuti è una pelle sempre più secca, perché non riesce a rimpiazzare i lipidi eliminati», spiega Marcello Monti, dermatologo e ricercatore presso il Policlinico di Milano.
Puzza di progresso
Un metodo alternativo è usare le mucillagini. Si tratta di farine di riso e avena che, a contatto con l’acqua, si gonfiano e assorbono lo sporco superficiale. Certo, non saranno efficaci come il sapone, ma per chi si lava spesso sono ideali. Ma eliminando il sapone, non si rischia di puzzare? Niente affatto, gli aborigeni australiani e i membri di alcune tribù africane non si lavano mai. Si bagnano solo quando piove. Eppure non sono sudici, né puzzano. La nostra pelle, quando riesce a mantenersi in equilibrio con l’ambiente esterno, si difende benissimo da sola. Le cellule superficiali, sfaldandosi, eliminano lo sporco da sé. Inoltre i batteri presenti sull’epidermide impediscono attacchi da parte di funghi o di altri microrganismi patogeni. Il discorso cambia nella nostra società industriale: in città l’inquinamento è tale che sulla pelle si deposita un velo di fuliggine e polveri che va rimosso. Inoltre i vestiti fanno ristagnare il sudore. Un barbone che non si lava mai ha la pelle quasi nera e, naturalmente, puzza. La necessità di lavarsi, quindi, è data solo dal progresso. Il motivo è semplice: lo sporco cutaneo in realtà non esiste. Il sudore e il sebo che spesso rivestono l’epidermide contribuiscono al suo equilibrio e non possono essere considerati sporcizia. La pelle è davvero sporca solo quando si ricopre di un grasso estraneo (per esempio quello di un motore di auto che rimane sulle mani di un meccanico). Su un grasso come questo, che viene dall’esterno, si depositano polveri e batteri che possono provocare infezioni. In questo caso lavarsi è indispensabile. La polvere, terreno ideale per la crescita dei batteri, non viene invece catturata dai grassi naturali dell’epidermide, perché questi si trovano tra uno strato corneo e l’altro, e non, come il vero sporco, tra l’aria e la pelle.
Una rinuncia impossibile
L’uomo, dunque, non è nato per lavarsi col sapone. Eppure quando i dermatologi sconsigliano l’uso del detergente ai pazienti affetti da dermatite (comunissima quella alle mani nelle donne che lavano spesso stoviglie e indumenti) vanno incontro a forti resistenze. Il concetto che lavarsi ogni giorno, in profondità, con il sapone sia necessario quanto mangiare o respirare è infatti molto radicato, perché? Il bisogno di lavarsi oggi non è più fisico, ma psicologico. Il relax nel bagno di casa è un momento di intimità con noi stessi e con il nostro corpo al quale non vorremmo mai rinunciare. Il lavaggio mattutino poi è un rito profondo, perché il contatto dell’acqua tiepida sulla pelle è estremamente piacevole . Tutti, infatti, siamo stati immersi per nove mesi nel liquido amniotico, che ci ha fornito le prime sensazioni esterne di calore. Il neonato conserva per un po’ di tempo la memoria di queste emozioni, tant’è vero che, se viene immerso nell’acqua tiepida, si rilassa. Il rito del lavaggio, quindi, si sovrapporrebbe a ricordi inconsci profondi e piacevoli. E allo stesso concetto di ingresso nel mondo attraverso un liquido, si richiamano alcune cerimonie religiose, come il battesimo. Il concetto di pulizia è strettamente legato a quello di purificazione. L’immersione o l’aspersione con acqua segnano l’ingresso in una nuova comunità, quella cristiana. L’individuo abbandona la vita precedente per un’esistenza nuova.
