Per seguire al meglio i pazienti conta di più essere freschi di laurea e quindi aggiornati, oppure avere alle spalle lunghi anni di professione e la conoscenza di tanti e tanti casi clinici?
La risposta viene da un vasto studio americano. Che riserva qualche sorpresa: una lunga esperienza acquisita sul campo non è garanzia di professionalità.
Sembra un paradosso, specie in campo medico, ma è quanto emerso da uno studio statunitense della Harvard Medical School pubblicato sugli Annali of Internal Medicine. Coordinata da Niteesh Choudhry e basata su 54 indagini condotte negli ultimi 40 anni, la ricerca dimostra quanto l’ età dei medici condizioni la loro preparazione, i comportamenti, le capacità, i successi e gli insuccessi terapeutici su i pazienti.
I dati
Parlano chiaro: dal 73% degli studi è emerso che il rendimento dei medici diminuisce con l’ avanzare dell’ età. Non solo: per più della metà (52%) si parla addirittura di insuccessi a tutto campo, mentre per il rimanente 21% solo in alcuni aspetti della professione medica. Per i ricercatori questi numeri rispecchiano la situazione di disagio professionale che si è venuta a creare negli ultimi decenni nei medici piuttosto avanti con gli anni. Gli stessi che non hanno saputo (o voluto) adeguarsi a tecnologie sempre più sofisticate e neanche alle nuove correnti terapeutiche che si basano sull’ evidenza dei fatti.
«Colpa della vecchia cassetta degli attrezzi – sentenzia Choudhry – e cioè di quel bagaglio culturale e professionale che ogni medico ha diligentemente costruito durante i primi anni di carriera, mentre era ancora fresco di studi. Ma che in seguito non ha più aggiornato». Ma subito dopo l’ autore dello studio smorza il tono e riconosce che: «Anche l’ età del medico, però, ha i suoi vantaggi. Ci vuole tempo per instaurare un rapporto di fiducia con i pazienti e per conoscerli a fondo. L’ aspetto umano del rapporto medico/paziente è legato alla durata dello stesso».
E tu chi sceglieresti?