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Psicoterapia: 7 falsi miti.

psicoterapia

A dispetto della sua popolarità la psicoterapia psicodinamica a lungo termine spesso non è ben conosciuta. Concezioni errate diffuse (possiamo definirle come dei falsi miti) spesso sono le seguenti:

  1. Lo psicoterapeuta non parla quasi mai.
  2. Repentini progressi nel processo terapeutico si verificano in occasione di drammatiche catarsi emotive quando ricordi rimossi vengono improvvisamente riportati alla luce.
  3. La terapia si focalizza principalmente sulla sessualità del paziente.
  4. Tutte le reazioni nei confronti del terapeuta sono sono distorsioni della situazione attuale basate sulle precedenti relazioni.
  5. La terapia è interminabile ed inefficace (come per i protagonisti di molti film di Woody Allen).
  6. Lo psicoterapeuta è come un volto inespressivo, uno schermo bianco: non rivela nessuna delle sue reazioni personali al paziente.
  7. Lo psicoterapeuta non esprime mai opinioni che contengono giudizi su ciò che dice il paziente.

Oggi gli psicoterapeuti a orientamento psicodinamico tendono in genere a essere attivamente coinvolti, a partecipare emotivamente agli stati affettivi del paziente, ad essere tutt’altro che passivi o inespressivi, a parlare anche a lungo quando lo ritengono utile e a prestare attenzione alle modalità con cui contribuiscono alla percezione che il paziente ha di loro. Sono inoltre raramente testimoni di drammatiche rivelazioni che emergono da un passato profondamente sepolto.

Bibliografia
Introduzione alla psicoterapia psicodinamica, Glen O. Gabbard. Raffaello Cortina Editore

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Nella mente di un complottista.

undici settembre

Chi crede al complotto è per sua natura sospettoso”, lo rivela uno studio.

Subito dopo gli attacchi terroristici che distrussero il World trade Center e una parte del Pentagono, sono apparse teorie di presunte azioni cospirative riguardanti movimenti segreti e ostili contro il governo americano. Uno studio di psicologia conoscitiva applicata descrive il profilo psicologico di coloro che credono nella cospirazione dell’11 settembre.

Un gruppo di psicologi guidata dal prof. Viren Swami dell’Università di Westminster a Londra ha rilevato diversi tratti in comune tra coloro che sostengono la veridicità della cospirazione alle Torri Gemelle tra i cittadini Britannici. Queste caratteristiche consistono nell’aver sottoscritto altre teorie cospirative a prescindere dall’11 Settembre, nell’aver una grossa sicurezza nel descrivere come sono andati i fatti quel giorno a New York, nell’assumere una costante approccio cinico sulla politica, nell’ insofferenza verso l’autorità, nell’avere un comportamento generalizzato di sospetto verso gli altri e mostrando un piglio inquisitore e una forte immaginazione.
“Spesso, quel che viene usata come prova non è sufficiente a dimostrare il complotto, ma serve a nutrire il sospetto e ad alimentare l’ideologia stessa” afferma Swami.
Le sue conclusioni fanno eco alla teoria del sociologo Ted Goertzel del 1994. Dopo aver condotto una serie di interviste telefoniche a 347 residenti del New Jersey, Goertzel asserì che il credere agli indizi di un complotto costituiva la base per un’altra teoria, escludendo così il bisogno di prove.
Il credere alla cospirazione dell’11 settembre alimenta l’idea che il Governo tenga nascosto le prove dei contatti con gli extraterrestri oppure che John F. Kennedy non sia stato ucciso da un solo uomo.
Goertzel afferma che il nuovo studio fornisce un intrigante ma parziale sguardo sulle ragioni del pensiero della cospirazione. Tali convinzioni dipendono da quello che il professore americano definisce “scetticismo selettivo” . I sostenitori della cospirazione sono fortemente dubbiosi riguardo alle informazioni dispensate dal governo o da molte altre fonti, ma non oppongono alcuna critica a tutte le informazioni coincidenti con il loro punto di vista.
Swami ha riscontrato che i sostenitori del complotto dell’11/9 hanno discusso soprattutto con individui che la pensavano come loro dando luogo alla tesi che “i teorizzatori del complotto costituiscono una comunità di credenti”.
Anche lo storico Robert Goldberg della Utah University a Salt Lake City ha studiato le varie teorie dei complotti degli Stati Uniti.
I pensatori del complotto partono da una convinzione ottimistica che è “possibile trovare la verità e diffonderla alle masse e favorire, in questo modo, un grosso cambiamento sociale, secondo Goldberg.
In questi ultimi 50 anni, i ricercatori e gli osservatori di dinamiche sociali hanno tracciato il collegamento tra la fede nella teoria del complotto e i tentativi di aumentare l’autostima, il senso d’impotenza e la scarsa fiducia nelle politiche governative. Una tipologia di credenza come ad esempio la convinzione che il governo degli Stati Uniti ha inventato il virus HIV/AIDS per attuare un genocidio, o un’altra che parla di strani esperimenti effettuati su individui di colore a cui sarebbero state negate le cure.

La ricerca di Swami
Swami e i suoi colleghi hanno somministrato dei questionari a 257 cittadini Britannici adulti, inclusa una versione breve di un test di personalità standard. I partecipanti avevano diverse provenienze sociali, etniche e religiose rappresentative della popolazione Britannica.
Lo studio, non ancora pubblicato, mostra che i sostenitori della tesi del complotto possiedono una maggiore propensione a saltare a conclusioni sulla base di prove limitate rispetto a quelli che non condividono l’ipotesi cospirativa.
“ Sembra probabilmente che il credere al complotto abbia una funzione psicologica simile alla credenza superstiziosa, paranormale e anche alla fede religiosa. Questo costituisce un aiuto per alcuni individui nel raggiungimento di un maggiore controllo sull’imprevedibilità del mondo.”

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La vicina curiosa: come sconfiggerla!

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La gente che ama i pettegolezzi o che necessità di conoscere i fatti vostri è guidata spesso da bisogni psicologici, ma non per questo dobbiamo dirgli i fatti nostri se non ci va!
Allora se ci colgono alla sprovvista con una domanda invadente proviamo a non dirgli la verità usando una di queste strategie.

Usa l’humor.

Rispondi scherzando alla domanda invadente. Ad esempio, se ti chiedono:“Hai perso molti soldi quando hai venduto la tua auto usata?” Rispondi: “Perché, vuoi darmi tu la differenza?”

Sii onesto.

“Quanto stai spendendo per mantenere tuo figlio all’Università?” Rispondi “Non mi va di discutere di questo.” O potete anche dire “Mia madre mi ha insegnato a non parlare dei soldi.”

Restituisci il “favore”.

Spiazza il tuo “avversario” con una contro domanda classica:”Perchè me lo chiedi?” Funziona in tutti i casi da: “Perché sei andato dal medico?” a: “Ti tingi i capelli?”

Stabilisci i limiti.

Usa il linguaggio del corpo per dire:”Fermo lì!”. Impugna le tue armi, guardali dritti negli occhi e dì:”Non credo che questa sia una cosa di cui parlare”.

Cambia l’oggetto.

E’ un metodo passivo che può essere utile nelle domande del tipo:”Quanto l’hai pagato?” Rispondi così: ”L’ho comprato in quel negozio in cui c’erano, e ci sono ancora, i saldi. E’ incredibile quanti negozi vuoti ci siano quest’anno, sarà la crisi?”

Così poco alla volta la vicina curiosa imparerà a farsi i fatti suoi!

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Funny Rorschach! Che ci vedi?

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Questo è una macchia di inchiostro tipica delle tavole del test di Rorschach. Non è certo una tavola originale ma è comunque simpatico sapere cosa i miei lettori ci vedono e poi interagire le risposte nei commenti.
Allora, voi cosa ci vedete?
Restate in contatto che in un prossimo post pubblicherò le riposte e le mie osservazioni.

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Sette mosse per adattarsi al proprio partner.

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Nessun uomo è un’isola a sé stante; ognuno è parte del continente.
~ John Donne

Non importa molto di come lavoriate sul vostro autocontrollo se non riuscite ad essere consapevoli che nella vostra vita le persone vi influenzano.
Trascorrete la metà del vostro tempo con i vostri quattro amici e l’altra metà col vostro coniuge? Non potete negare di essere ancora più soggetti alla sua influenza. Tale assimilazione può condurre ad una relazione sana e fiorente, oppure, oppure portarvi in un gorgo che vi trascinerà verso il basso. Difficilmente vedo coppie in cui una persona ha una pessima alimentazione mentre l’altro è straordinariamente sano.

Detto questo, diamo un’occhiata alla strada che possiamo intraprendere per adattarci ai nostri partner.

1. Passeggiare: L’esercizio suggerito è almeno tre volte alla settimana, di trenta minuti ciascuna. Potete fare un ulteriore passo e passeggiare dopo cena, prima di dormire, ogni giorno della settimana. Una grande occasione per comunicare e legare.

2. Sport di coppia: Trovate uno sport di coppia, come il tennis, il basket, la pallavolo, ecc. che potete praticare contro le coppie dei vostri amici. Ciò favorirà la collaborazione e il lavoro di squadra, che poi applicherete in altri momenti della vostra vita, tutto mentre vi mantenete in forma!

3. Pianificare pasti sani: Rimanere senza un pasto sano è come rimanere con le mutande di fuori (non è per un’esperienza personale). Prendetevi tempo per riuscire a capire chi sarà a preparare determinati pasti sani in modo da non ritrovarvi senza niente di salutare e ridursi a mangiare al fast food.

4. Buttare via il cibo spazzatura: Se in non c’è cibo spazzatura in casa difficilmente lo mangerete. Non lasciare cibo spazzatura in casa è un lavoro di squadra mai visto prima. Prendete questa decisione insieme e continuate con spuntini sani, come la frutta, le nocciole, gli yogurt e i frutti di bosco.

5. Condividete i vostri obiettivi: Se avete come obiettivo una determinate perdita di peso o un miglioramento della forma fisica non statevene per conto vostro. Standovene per conto vostro perderete sicuramente la motivazione. Infatti se condividi gli obiettivi con le persone a cui tieni, loro possono responsabilizzarti e ricordarti quando stai per mollare.

6. Dormire insieme: Non voglio intendere quello che avete pensato (a meno che non lo vogliate). Accordatevi sugli stessi ritmi di sonno in modo che nessuno di voi svegli l’altro. Ciò permetterà che il vostro corpo funzioni ottimamente, massimizzando il vostro sonno e l’uso del vostro ritmo circadiano.

7. Motivare (leggi: non criticare): C’è una sottile linea tra motivare il vostro patner e farlo sentire un cretino. L’autostima è molto legata al trattamento del nostro nostro corpo. Sii gentile, comprensivo e questo amore lo aiuterà ad aumentare i propri obiettivi invece di ingrandire i vestiti.

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I 3 principali motivi per cui continuiamo a rimandare i nostri impegni e le 3 soluzioni pratiche per combattere la sindrome “lo faccio dopo”.

procrastinazione

Nota dell’autore: questo è un guest post di Andrea Giuliodori del Blog EfficaceMente.com. Puoi seguirlo iscrivendoti ai suoi feed RSS.

Ammettilo, se hai iniziato a leggere questo articolo, forse è perché ti rispecchi in una di queste situazioni: studi fino alle 3 di notte il giorno prima dell’esame; non inizi a lavorare a quell’importantissimo progetto se non mancano meno di 48 ore alla scadenza; paghi una bolletta solo se è scaduta da almeno una settimana… insomma, se stai leggendo questo articolo, ci sono buone probabilità che tu sia un vero e proprio procrastinatore d.o.c..

Non preoccuparti… nulla di grave, leggi fino in fondo e ti prometto che la notte prima del prossimo esame dormirai come un bebè! ;-). Iniziamo dai motivi che ti spingono a procrastinare.

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Tu usi solo il 10% del tuo cervello…

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L’hai sentito da quando sei bambino e potrebbero averci scritto su anche un libro:” Usiamo solo il 10% del nostro cervello! Pensa a cosa potremmo fare se riuscissimo a controllare anche il resto!”
L’idea che il cervello abbia un potenziale illimitato potrebbe essere carina per quei professori i cui studenti si lamentano e si rifiutano di eseguire anche solo un altro esercizio di matematica. Ancora ci ricordiamo che i nostri professori ci informavano allegramente del fatto che stavamo usando solo il 10% dei nostri cervelli, e perciò avremmo potuto fare 10 volte di più se solo avessimo voluto. La conseguenza di ciò era, ovviamente, che se avessimo lavorato abbastanza, saremmo stati capaci di dare fuoco alla scuola con il potere delle nostre menti.

Perchè è un enorme str fesseria?
Quanto velocemente state leggendo questo post? Bene, supponiamo di stare utilizzando solo il 10% del nostro cervello, ora leggete 10 volte più velocemente. Su, su! Fatelo! Avete difficoltà? Certo, perchè non potete dedicare l’altro 90% a fare quello che volete. Ogni parte del cervello è specializzata, perciò cercare di usarlo tutto in una volta non ti renderà più intelligente. Sarebbe come cercare di diventare uno scrittore migliore usando tutti i tasti della tastiera in ogni frase.
Perciò la parte di cerv

Cosa vi fa imbarazzare?

Dopo il successo dello scorso documentario della Iena Gip sulla Rabbia vi propongo il suo documentario sull’imbarazzo.
Anche questo è fatto molto bene e dice cose serie e poi, con questo caldo estivo, non posso chiedervi di concentrarvi troppo nella lettura :)

Buona visione e buone risate.

La rabbia: un’emozione fondamentale.

Non è certo mia intenzione scrivere post molto complessi con questo caldo… quindi ho deciso di proporvi questo documentario sulla rabbia della Iena Gip.
Non è per nulla superficiale, anzi l’argomento “rabbia” viene trattato in maniera scientifica (sicuramente avranno avuto la consulenza di qualche psicologo). Di certo, oltre ad imparare, vi farete un bel po’ di risate ma non conosco metodo migliore per stemperare la rabbia :)

Perchè il 98% della popolazione risponde allo stesso modo ad un famoso test?

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In qesto post provo a dare una spiegazione al motivo per cui il 98% della popolazione risponde in un determinato modo a questo test in cui viene prima chiesto di fare dei calcoli rapidi e poi viene chiesta un’associazione. Se lo conoscete andate avanti nella lettura del post se invece non lo avete mai fatto vi consiglio di farlo subito (c’è da restare sbalorditi) e poi continuare questa lettura.

Ecco anche io ho risposto ******* ***** (metto gli asterischi per non rovinare il test a chi non lo ha ancora fatto…) ma la mia curiosità mi ha spinto a cercare di capire il motivo per cui le nostre menti reagiscono dando questa risposta.

Iniziamo analizzando il meccanismo del gioco e poi concluderemo con la teoria che dovrebbe essere alla base.

Ti viene detto di rispondere ad una serie di domande il più in fretta possibile e senza pensarci su. A questo punto ti vengono posti alcuni semplici calcoli matematici. Così facendo si attiva la parte della corteccia cerebrale implicata nella soluzione di calcoli semplici che è di certo un’area arcaica della corteccia e una di quelle che si attiva per prima nella vita delle persone (i calcoli semplici e le associazioni semplici sono le prime forme di pensiero ad essere attivate nella nostra vita). I calcoli da fare diventano progressivamente più difficili (anche se sempre abbastanza semplici) mentre l’ultimo calcolo torna ad essere semplicissimo (123+5 ) e ti permette di rispondere molto velocemente; il tutto condito da affermazioni del tipo “dai scorri velocemente le domande” e “manca poco alla fine del test”. A questo punto c’è la domanda finale che ti “obbliga” ad accedere ad un’altra parte del cervello (in cui si svolgono associazioni semplici casuali) e ad attivarla velocemente incalzato da chi pone la domanda.
Come detto in precedenza entrambe queste aree si sviluppano molto precocemente nella vita di un individuo e questo è il punto di partenza per associare la teoria che dovrebbe spiegare il risultato di questo test.

La teoria dei prototipi (Rosch, 1978), infatti, afferma che ogni stimolo fa parte di una classe di altri stimoli con i quali condivide le caratteristiche definenti quella classe. Secondo questa teoria il riconoscimento delle configurazioni si basa sul confronto con prototipi, vale a dire forme astratte che rappresentano gli elementi più rappresentativi della classe di stimoli cui la configurazione appartiene.
La teoria dell’analisi delle caratteristiche ipotizza che ogni pattern complesso sia composto di elementi più semplici o di caratteristiche. La rappresentazione memorizzata d’ogni caratteristica non consiste, però, in una copia della realtà ma in un derivato della media degli esempi già incontrati. Quindi, s’ipotizza che il processo di percezione inizi con l’estrapolazione delle caratteristiche dallo stimolo e prosegua con la combinazione delle varie caratteristiche in unità complesse che sono poi confrontate con quelle presenti nella memoria a lungo termine.
Per semplificare: quando impariamo una nuova parola la associamo ad una parola che è il referente principale del gruppo a cui la parola si riferisce; ad esempio quando impariamo la parola “uccello” prendiamo il pettirosso come esemplare a cui rapportare gli altri uccelli dal quale si discosteranno di vari gradi di differenziazione. Vicino al pettirosso sarà il cardellino mentre più lontano sarà l’aquila o il condor; lontanissimo sarà il pinguino. Se infatti chiediamo ad un gruppo di persone di scrivere il nome di un uccello o di disegnarlo la maggior parte scriverà la parola “pettirosso” o disegnerà un uccello dalla sue forme.

Quello che si evince quindi dal test è che il martello è l’utensile prototipo e il rosso è il colore prototipo. Altra conferma viene dal fatto che questo test non vale solo per chi parla italiano ma funziona in tutte le lingue.

Soddisfatti della spiegazione? Se non vi è chiaro o se avete altre teorie da proporre siete invitati a lasciare un commento.
LIBRO CONSIGLIATO

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