cervello4

I ricercatori del Karolinska Institutet (Università di Medicina svedese) hanno mostrato per la prima volta che l’allenamento della memoria di lavoro (sovrapponibile concettualmente alla memoria a breve termine) determina cambiamenti visibili nel numero dei recettori della dopamina nel cervello umano. Gli studi sono stati pubblicati sulla rivista medica “Science”, sono stati condotti con l’aiuto della PET che ha fornito una comprensione più profonda della relazione tra l’aspetto cognitivo e la struttura biologica del cervello.

“La biochimica del cervello da sola non è sufficiente nella comprensione della nostra attività mentale; i nostri processi mentali possono anche interessare la biochimica,” dice il professor Torkel Klingberg, responsabile dello studio, “questo non è però mai stato dimostrato in passato, ci troviamo di fronte ad un territorio scientifico ancora da approfondire.”

Il neurotrasmettitore Dopamina gioca un ruolo chiave in molte funzioni del cervello. L’interruzione del sistema della Dopamina può produrre danni alla memoria di lavoro, può rendere più difficile ricordare delle informazioni anche dopo un periodo molto breve dall’acquisizione della stessa informazione, inoltre si riscontrano significativi problemi nei processi di problem solving. L’alterazione del funzionamento della memoria di lavoro è stata dimostrata come un fattore determinante nei danni cognitivi e nei disordini come ADHD e schizofrenia.

Il professor Klingberg ed i suoi colleghi hanno dimostrato che la memoria di lavoro può migliorare attraverso un allenamento intenso di alcune settimane. Con un progetto condotto nello Stockholm Brain Institute, i ricercatori stanno portando avanti un ulteriore analisi sul cervello usando la tomografia a emissione di positroni (studi sulla PET) ed hanno confermato che l’allenamento intenso del cervello conduce ad un cambiamento nel numero dei ricevitori della dopamina D1 nella corteccia.
I loro risultati possono essere di importanza vitale per lo sviluppo di nuovi trattamenti per i pazienti con i danni cognitivi, come quelli relativi a ADHD, alla sindrome cronica di affaticamento ed all’invecchiamento.
“I cambiamenti nel numero dei ricevitori della dopamina in una persona non forniscono la chiave per capire lo stato della memoria “dice il professor Lars Farde, uno dei ricercatori che hanno partecipato allo studio. “Dobbiamo chiederci anche se le deficienze possono essere causate da una mancanza di alenamento della memoria o da altri fattori ambientali. Forse potremo trovare nuovi, più efficaci trattamenti che uniscono il farmaco e l’addestramento cognitivo, in quel caso saremmo approdati a risultati veramente importanti.”

firma.png