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Tag: persuasione

L’ha detto la Televisione

Le notizie possono modificare idee e comportamenti? Si, ma solo in pochi casi…

Quasi tutti gli italiani guardano il telegiornale e seguono regolarmente alla tivù programmi culturali e d’attualità, per la precisione il 68,6 per cento (rispetto all’83 per cento che guarda la tivù ogni giorno). Il 60,2 per cento legge i quotidiani e il 32,6 ascolta abitualmente i radiogiornali. Lo rivela l’ indagine dell’Istat (l’Istituto di statistica) sui nostri comportamenti quotidiani. Riceviamo dunque ogni giorno da giornali, radio e televisione un vero bombardamento di informazioni. Secondo una teoria psicologica ogni notizia è come l’iniezione di un farmaco: ha un’influenza immediata sul comportamento delle persone, proprio come una medicina che, appena iniettata, scatena subito una reazione dell’organismo. Qual è dunque l’effetto delle notizie sulle persone? Davvero riescono a modificarne opinioni, comportamenti e scelte? E possono anche influire sul nostro inconscio? La risposta è sì, ma in modo diverso a seconda delle caratteristiche individuali, dei mezzi di informazione che ce le danno e di come ce le presentano di volta in volta.

In realtà i mezzi di comunicazione, più che alterare direttamente il modo di pensare e di agire del pubblico, selezionano gli argomenti sui quali tutti “devono” avere un’opinione. Quando i giornalisti diffondono determinate notizie, escludendone altre, creano una specie di “mappa dei fatti” sulla quale si concentra, e discute, la popolazione. C’è poi una seconda selezione: fra le notizie proposte da stampa, radio e televisione, ognuno sceglie quelle che lo interessano di più. Sui quotidiani, per esempio, gli adulti e i ragazzi leggono soprattutto gli articoli di politica e di attualità (70,3 per cento dei lettori), mentre le donne si concentrano sulla cronaca locale (76 per cento). Tutti, però, tendono a rivolgersi alle fonti d’informazione con le quali si sentono più in sintonia. Perfino durante le campagne elettorali, invece di confrontare il programma dei vari partiti, ci si informa prevalentemente attraverso i giornali che rispecchiano la propria ideologia. E si seguono i programmi radio e televisivi che danno più spazio al partito di appartenenza. Insomma, ognuno cerca di costruirsi un’ informazione su misura, che rispecchi il più possibile il proprio punto di vista.

E se, invece, non si ha ancora un’opinione su un avvenimento?
In questo caso, i servizi giornalistici possono influenzare i giudizi delle persone. Ma, per riuscirci, ne devono prima catturare l’attenzione. Il pubblico, in realtà, riesce a memorizzare soltanto una minima parte delle notizie diffuse dai vari canali d’informazione. Ecco perché più i messaggi sono brevi, ripetuti e semplici (richiedono, cioè, un minimo sforzo di comprensione), più vengono recepiti e hanno, quindi, possibilità di orientare le scelte delle persone. Lo confermano tutte le ricerche psicologiche più recenti, condotte sia in Europa che negli Stati Uniti, nelle quali sono state analizzate anche le caratteristiche più efficaci delle informazioni “persuasorie” per eccellenza: quelle pubblicitarie e quelle diffuse durante le campagne elettorali. I risultati sono identici: in entrambi i casi, infatti, le persone condividono, o comunque accettano più facilmente, i messaggi che hanno uno o più elementi a loro familiari. Ciò favorisce un processo di identificazione con l’autore, e perfino con il contenuto che le sue parole hanno espresso. Inoltre, di solito ci si lascia convincere più facilmente se chi lancia il messaggio è un personaggio di successo, sul quale inconsciamente si trasferisce la responsabilità della propria, eventuale adesione. Le informazioni “persuasorie” producono, secondo gli studiosi, “effetti limitati” sulle persone, proprio perché di solito hanno un unico obiettivo da raggiungere, e in breve tempo: durante e subito dopo una “campagna” sulla ricerca scientifica, per esempio, la popolazione reagisce versando ai centri di ricerca una maggior quantità di finanziamenti. Poi, però, la campagna d’informazione finisce e tutto torna come prima.

Le notizie, dunque, esercitano soltanto un’influenza temporanea?
Niente affatto. Anzi, possono anche suscitare reazioni profonde, imprevedibili. E’ accaduto con la guerra del Golfo, nel 1991: durante la prima settimana, le immagini del conflitto tennero incollati davanti allo schermo 9 milioni di italiani. Suscitando nelle persone anziane insonnia, paura, ricordi angosciosi della seconda guerra mondiale.

Oggi, insomma, le notizie puntano sempre più spesso sul coinvolgimento emotivo del pubblico. Ma, in questo modo, colpiscono direttamente l’inconscio delle persone. In particolare, le notizie presentate in modo drammatico e che riguardano un episodio violento, come un omicidio, stimolano in ognuno sia le tendenze sadiche che quelle masochistiche. Cioè le due forze aggressive contrapposte che covano in ognuno di noi, così scatta una doppia paura: quella di essere violenti e quella di subire un’aggressione. Eppure, le centinaia di informazioni su incidenti, rapine, violenze d’ogni tipo che tutti ricevono quotidianamente sembrano cadere nell’indifferenza. Il fatto è che non siamo in grado di sopportare notizie sconvolgenti. Mancano sicurezze, e modelli di riferimento precisi attraverso i quali filtrare la realtà. Inoltre non riusciamo a elaborare tutte le informazioni che riceviamo ogni giorno. Risultato: ci difendiamo con il distacco. Si tratta, però, di un distacco apparente. Perché, dietro l’indifferenza, le notizie continuano a esercitare in ognuno una profonda influenza, in modo diverso a seconda della personalità. I messaggi violenti o preoccupanti possono far vacillare o, addirittura, far crollare le difese di un individuo. Provocando in lui forti angosce, o liberando i suoi aspetti più nascosti. Per esempio, di fronte alla notizia di un suicidio, in chi ha represso per anni il desiderio di compiere quel gesto può scattare l’impulso ad agire. Secondo lo studio di un sociologo australiano, Riaz Hassan, la media quotidiana dei suicidi sale di circa il 10 per cento nei 2 giorni successivi alla comparsa sui giornali della notizia di un suicidio.
Secondo gli psicologi, infatti, c’è una parte inconscia in noi che, assistendo alle tragedie altrui, riesce a scaricare tensioni e provare in qualche modo sollievo. Un meccanismo morboso, cioè quasi patologico e in genere del tutto incontrollabile. Le notizie, dunque, possono provocare ansia, angoscia, liberare gli aspetti repressi di sé, spingere alla violenza, alimentare un sottile compiacimento sadico. Tutto questo accade, in particolare, a chi non possiede una “interiorità strutturata”, cioè alle persone psicologicamente più deboli, come disturbati psichici o semplici depressi, o a chi attraversa un momento di particolare fragilità. Ma tutti, in un modo o nell’altro, subiscono l’influenza delle notizie.

Come difendersi? L’unico modo, dicono gli esperti, è utilizzare più canali d’informazione, per contrapporre alle insidie delle tecniche giornalistiche una preparazione più solida e una maggiore capacità di giudizio.

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Persuasione e controllo: perché faresti bene a dubitare di tutto.

aristotele

Apriamo la settimana con un guest post di Daniele Di Gregorio (lo potete vedere nella foto accanto ad Aristotele) curatore del Blog Ikaro.net. Se sei uno dei pochissimi che non lo conosce ti invito ad aggiungerlo nel tuo lettore di feed.

Quasi nulla di quello che sai potrebbe essere vero. Bernays creò molto tempo fa le basi del controllo di massa applicando alla scienza della persuasione le scoperte sul subconscio del più celebre zio Sigmund Freud.

Possono farci credere praticamente tutto. Un esempio; di seguito trovi tre affermazioni ma solo una di queste è vera

1.  Andare dal medico non comporta rischi per la salute

2.  Gli americani non mangiavano il bacon al mattino, glie lo hanno fatto credere e da allora hanno iniziato a farci colazione

3.  I paesi con la più alta percentuale di fumatori sono quelli con la più alta percentuale di cancro ai polmoni

La prima e la terza sono false, la seconda è vera. Buffo no? Siamo bombardati ogni secondo da informazioni apparentemente innocue, ma strutturate in maniera tale da inculcarci convinzioni pianificate a tavolino.

Avviene ogni secondo, con i giornali, con la radio, con la Tv. La tecnica più utilizzata è stata presa in prestito (ed opportunamente modificata) da un signore di qualche migliaio di anni fa.

Il sillogismo geneticamente mortificato, ovvero come ti convinci da solo di assurdità

  1. Gli uccelli volano
  2. L’ aquila è un uccello
  3. L’aquila vola

Le prime due premesse contengono un termine comune, uccello e due termini diversi; il volo e l’aquila. Il termine comune funge da connettore tra i due differenti per generare una conclusione. Tale conclusione sarà corretta solo se le due premesse lo saranno altrettanto, altrimenti la conclusione sarà errata.

Questa argomentazione logica a cui Aristotele diede una definizione duemila anni fa è oggi l’arma più usata per il controllo di massa.

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