Quando incontriamo una persona, ancora prima di stringerle la mano, elaboriamo inconsciamente un giudizio su di lei semplicemente guardandola in viso.
È un giudizio sommario, intuitivo, che viene poi corretto dalla conoscenza. Ma che spesso influisce notevolmente sull’impressione generale che ci facciamo di lei. E altrettanto spesso azzecca gli elementi essenziali della personalità. Come facciamo? Certo, conta l’esperienza. E, probabilmente, se la faccia di chi incontriamo assomiglia a quella di una zia antipatica tendiamo ad attribuirle gli stessi difetti.

Labbra sottili? Criminale.
Da una decina di anni invece, secondo nuove ipotesi di ricerca, come quelle dei morfopsicologi, sembra confermato che sulla faccia si possano leggere i segni inconfondibili della personalità di ciascuno, ed è questo che inconsciamente abbiamo imparato a fare. Che fra i tratti del viso e il carattere di una persona esistano corrispondenze è stato sostenuto a più riprese in passato. Pioniere, in tal senso fu lo svizzero Gaspard Lavater, che nel 1778 tracciò le basi della fisiognomica. Dopo di lui molti altri hanno cercato di trarre leggi psicologiche dall’osservazione del viso. L’antropologo italiano Cesare Lombroso, per esempio, sosteneva nella seconda metà dell’800 che il “criminale tipo” aveva labbra sottili e fronte bassa. Ma la scarsa scientificità delle sue ricerche ha fatto cadere il discredito su questo tipo di studi.

Bugie rivelate.
Oggi c’è chi cerca di riprendere l’indagine su nuove basi. Talvolta per ragioni futili , in altri casi con intenti più scientifici. Grazie all’enorme quantità di muscoli e alla raffinatezza dei loro movimenti, la faccia è certamente la parte del corpo che meglio esprime il sé, tanto che viene identificata con l’io dell’individuo. Il volto è ciò che mostriamo agli altri o, meglio, ciò che vogliamo far credere di noi. Ma spesso chi ci guarda è in grado di leggere sulla nostra faccia anche le bugie. Per fingere simpatia verso una persona noiosa, ci esibiamo in un ampio sorriso e in un’espressione di attenzione contratta. Ma i muscoli del viso e del collo sono tesi. E la scarsa flessibilità dell’espressione rivela che si tratta di una maschera.

Occhi da depresso.
Se tensioni di questo tipo diventano croniche, se cioè una persona esibisce molto spesso la stessa maschera facciale, i muscoli del volto finiranno per portarne una traccia. Per questo possiamo leggere su un volto le tensioni e le emozioni che hanno strutturato una persona. Si tratta naturalmente di attitudini psicologiche, non certo elementi per previsioni sicure. Tuttavia è vero che il nostro aspetto si modifica anche a causa dei traumi, o delle esperienze positive, che abbiamo vissuto. Il depresso, per esempio, può acquisire col tempo un’espressione accigliata. Un gruppo di ricercatori (o “morfopsicologi”, come si definiscono), che si ispira agli studi compiuti negli anni ’30 dallo psichiatra francese Louis Corman, ha messo a punto una tecnica per interpretare le facce e ne ha individuati otto tipi principali . «Bisogna tenere conto che tutto il nostro corpo si modifica in continuazione, seguendo principalmente due regole: la dilatazione, cioè l’apertura verso l’ambiente esterno, che allarga il viso, e la retrazione, che lo affila», dice Lieta Vitali della Società italiana di morfopsicologia.

Occhi, naso, bocca.
«Questo meccanismo di apertura e chiusura agisce su muscoli e cartilagini lasciando sul volto dei segni», spiega Lieta Vitali. Ma come si legge un volto, secondo la morfopsicologia? «Innanzitutto si fa una valutazione d’insieme, istintiva», risponde Vitali. «Poi si osserva la struttura ossea, se è robusta o gracile, il tono e il volume dei tessuti, la forma delle cartilagini, si analizzano i recettori, cioè occhi, naso e bocca, che sono le nostre finestre sul mondo. Infine si passa all’analisi dei piani del volto». Provare per credere.

Un viso su tre piani

Sempre secondo la morfopsicologia si può dividere il viso in tre aree che sono in relazione con le tre funzioni essenziali dell’uomo: l’azione, il sentimento e il pensiero.
Il piano cerebrale: questa zona può essere divisa, secondo i morfopsicologi, in tre parti. La fascia sopra le sopracciglia, in cui si vedono due prominenze: più sono marcate e maggiore è la capacità di osservazione e di decisione. Un avvallamento a metà della fronte indica la capacità di riflessione. Sopra c’è la zona dell’immaginazione, della formulazione dei concetti e della sintesi.
Il piano affettivo: riguarda la vita affettiva e sociale ed è spesso sede dei principali conflitti che avvengono nell’individuo. Chi si trincera dietro barriere psicologiche, per esempio, avrebbe gli zigomi appiattiti. Naso pronunciato e narici piccole indicano estroversione ma anche capacità di selezione nei rapporti umani.
Il piano istintivo-attivo: è la zona compresa tra la base del collo e la bocca. Semplificando, si potrebbe chiamare questa fascia l’area dell’istinto di sopravvivenza. Qui si manifestano anche la concretezza, la forza di volontà, la capacità di realizzazione. Più la struttura di questo piano è evidente, più è grande il potenziale di energia dell’individuo.

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