Adolescenti in crisi, ribelli, trasgressivi. Spietati delitti giovanili, talvolta contro i familiari. Questi comportamenti turbano le coscienze e danno il via a molti interrogativi nella speranza di trovare risposte adeguate che possano chiarire certi eventi. Le famiglie sono perplesse e preoccupate. La collettività è delusa, inquieta e scossa. E’ colpa dei giovani? E’ colpa delle famiglie? Oppure della nostra “società”? Possibile che le situazioni dove convivono ragione e follia non si possono prevenire e anticipare? O che non si intuisca la perdita del confine tra fantasie distruttive, che Freud chiamava “l’ inferno del nostro inconscio”, e mondo reale? La risposta potrebbe essere affermativa a patto d’ aprirsi al dialogo con i giovani, dentro e fuori dalle famiglie e anche, per esempio, se in Italia fosse disponibile un servizio per i giovani che all’ estero esiste da anni: lo psicologo scolastico.

La figura dello psicologo scolastico in Italia non è definita da una norma che ne veda l’ inserimento “stabile” nella struttura, in materia si lascia alle scuole l’ autonoma iniziativa d’ avvalersi o meno di un servizio psicologico. L’ Italia è rimasta il solo Paese europeo a non avere veri e propri psicologi scolastici. La Francia ne conta 8000 nella scuola contro 6000 nella Sanità. La Spagna 7000 nella scuola contro i 4500 nella Sanità. Qualche altra cifra significativa: il rapporto psicologo-bambini è di uno per ogni 2000 in Italia e di uno su 1000 nei Paesi Scandinavi.

Ma perché lo psicologo può essere utile nella scuola?
Lo psicologo è utile perché si tratta di un professionista che, per sua specifica formazione, è in grado di affiancare e fornire consulenza e modelli di intervento alle diverse parti dell’ istituzione educativa (Consiglio d’ istituto, preside, docenti, genitori, alunni) su tutta una serie di problemi: l’ abbandono scolastico, la diagnosi precoce del disagio, la motivazione all’ apprendimento, gli stili di apprendimento, le dinamiche e i problemi nel gruppo-classe, la mediazione del conflitto, la comunicazione fra le diverse componenti scolastiche, l’ orientamento scolastico-professionale, l’ integrazione di alunni disabili o di altre culture.
I compiti, se non chiaramente definiti da una legge – che al momento non c’ è – dipendono dal contratto che lo psicologo fa o farà con la singola scuola. Infatti, grazie all’ autonomia, ogni scuola potrà definire le tematiche che più le interessano e chiederà al professionista una proposta o un progetto limitatamente a certe tematiche.
Lo psicologo deve conoscere il mondo scolastico, le leggi che lo governano, le dinamiche istituzionali nelle strutture educative, le dinamiche di gruppo, i modelli di comunicazione e altro ancora. Si tratta, come si vede, di una figura dalle conoscenze poliedriche, come poliedrici possono e debbono essere i progetti che si dovranno adattare a esigenze diverse, a seconda dei “clienti”(la scuola diventa infatti il “cliente” del professionista psicologo).
In altri Paesi almeno un quinto delle ore complessive degli psicologi viene impiegato nelle scuole. Purtroppo così non avviene in Italia, anche perché gli stessi psicologi hanno preferito concentrarsi sul settore clinico. La maggior parte degli interventi di psicologia scolastica avvengono tramite psicologi dipendenti o consulenti delle Asl e quindi non tramite un contratto e un rapporto diretto fra scuola e professionista. Tale modello. oltre a confermare l’ aspetto “clinico” del ruolo, impedisce un rapporto personale e fiduciario fra scuola e professionista. La scelta di chiedere interventi di psicologia tramite le ASL è forse in parte dovuta alla scelta di risparmio economico, scelta pagata con la rinuncia alla continuità e al rapporto di fiducia dell’ intervento.

La psicologia scolastica esisteva prima del 1978, anno in cui la prima riforma sanitaria ha collocato gli psicologi presenti nelle équipe psico-pedagogiche scolastiche nelle Unità Sanitarie Locali, dalle quali in teoria avrebbero dovuto proiettarsi su tutto il territorio. Questo non è avvenuto; tutti i vari settori si sono dotati dei loro psicologi, eccetto la scuola. L’ ingresso dello psicologo nell’ istituzione scolastica è in realtà previsto per le attività di Educazione alla salute e prevenzione secondo la legge 162 del 26 giugno 1990. Per questo, a partire dagli anni Novanta, nella scuola media inferiore e superiore sono stati elaborati ed attuati progetti preventivi per tutelare anche dal punto di vista psicologico il benessere e la salute dei giovani. Molte ricerche hanno per altro dimostrato l’ importanza di un intervento preventivo primario in adolescenza, così come è stato anche raccomandato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità.

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