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In caso di infarto

Ecco come fare per reagire in modo più efficace.

In Italia se ne verificano ogni anno 350 mila. Quasi la metà viene curata male o con ritardi che possono essere fatali. I farmaci antiinfarto,o fibrinolitici, sono infatti efficaci soprattutto se dati entro due ore. Ecco i risultati di un grande studio condotto dall’Istituto Mario Negri di Milano sugli errori più comuni. E i suggerimenti per evitarli.

1. Niente medico
In caso di infarto minimizzare il tempo di ricovero è fondamentale. Per questo chiamare il medico è sbagliato: meglio andare subito in ospedale (eventualmente prendendo un’aspirina). In Italia solo una volta su tre l’ambulanza è chiamata entro 20 minuti. Quattro volte su dieci ci vogliono da cinque a 12 ore per il ricovero.

2 Può far male in sei modi diversi
La ragione del ritardo iniziale è che pochi sanno riconoscere l’infarto. Ecco come fare. Nel 70- 80% dei casi il dolore si manifesta nella parte centrale anteriore del torace da dove si irradia alla spalla, al braccio sinistro, raramente al destro, e alla mandibola. Nel 50% dei casi il dolore interessa anche il dorso. Nel 20% dei casi l’infarto provoca dolori che non colpiscono il cuore ma lo stomaco  o la mandibola. In questi casi lo si può riconoscere dai sintomi di accompagnamento: debolezza, sudorazione copiosa, angoscia.

3 L’ideale: in 30 minuti al Pronto soccorso
L’organizzazione del centralino che riceve la richiesta di soccorso è molto importante per la rapidità del trasporto. Da quando si chiama il 118 a quando l’ambulanza arriva al Pronto soccorso dell’ospedale, 30 minuti vengono giudicati internazionalmente un tempo accettabile. Ma quattro volte su dieci da noi ci vogliono da 90 minuti a due ore e mezza: troppo. Meglio in strada. In Italia solo in alcune città – come Bologna, Udine, Ravenna e Verona – il trasporto in ospedale è soddisfacente. Secondo i ricercatori del Mario Negri, «i soccorsi sono particolarmente lenti quando l’infarto si verifica di notte o colpisce una persona che vive sola, più rapidi quando avviene in strada». Il problema non sta nella velocità delle ambulanze o nella distanza dall’ospedale ma nell’organizzazione del soccorso e nelle informazioni di cui dispongono il 118 e le ambulanze.

4 Chi arriva all’Unità coronarica in un’ora…
Al Pronto soccorso i medici visitano l’ammalato e gli fanno un elettrocardiogramma: poi lo inviano al reparto specializzato, l’Unità coronarica. Per fare una diagnosi di infarto i medici del Pronto soccorso non debbono impiegare più di dieci minuti dall’arrivo dell’ambulanza: così ha stabilito l’Associazione dei cardiologi americani durante un recente convegno. Errori di diagnosi: in Italia passano in media 20 minuti tra l’arrivo dell’ammalato al Pronto soccorso e l’entrata nell’Unità coronarica dell’ospedale. Ma in qualche caso, per una inefficiente organizzazione o per errori nella diagnosi, ci vogliono fino a tre ore.

5 …guarisce in 9 casi su 10
Su 100 italiani colpiti da infarto, 25 arrivano all’Unità coronarica entro due ore dai primi dolori, 30 entro sei ore e gli altri più tardi. La causa principale del ritardo sta nel tempo che si perde a casa – o dove si verifica l’infarto – prima di chiamare l’ambulanza. Riabilitazione. Nelle Unità coronariche (in Italia sono 400) l’ammalato è sottoposto a un prelievo e a esami del sangue per stabilire la gravità dell’infarto. Quando sono curati tempestivamente, gli infartuati guariscono 9 volte su 10. La rapidità del ricovero è l’elemento più importante anche per determinare la possibilità, dopo il periodo di riabilitazione, di riprendere una vita regolare

6. La cura: farmaci e by-pass
L’infarto è causato dal fatto che una delle arterie che riforniscono il cuore, le coronarie, viene ostruita da un grumo, o trombo. Questi grumi si sciolgono con farmaci detti fibrinolitici. Che sono però efficaci soprattutto nelle prime due ore dopo l’infarto. Chirurgia. Da un po’ di anni gli infarti più delicati possono essere curati, oltre che con farmaci, anche con l’angioplastica o con un by-pass delle coronarie. Ambedue gli interventi hanno l’obiettivo di “riaprire” le arterie che portano il sangue al cuore.

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Si “inventa” la dieta Red Bull e rischia di morire!

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Una donna (e madre) di Auckland di 23 anni che ha perso 45 kg in sei mesi bevendo solo Red Bull ha dichiarato che sta avendo seri problemi di salute (ma va?).
Brooke Robertson, questo è il nome della donna, ha rilasciato un’intervista all’ Herald on Sunday in cui in cui ha parlato della sua “dieta” che consisteva nel bere dalle 10 alle 14 lattine di Red Bull al giorno e accompagnate ogni tanto da una manciata di puff al miele.
La Signora Robertson ha detto che era ingrassata durante l’attesa di suo figlio e che non aveva pianificato questo tipo di dieta: “Ho solo cominciato a berla. In quel periodo non stavo dormendo, non stavo mangiando ed ero esausta. Ho poi continuato a berla perché mi sopprimeva l’appetito e perchè avevo notato che stavo perdendo peso”.
La Signora Robertson è riuscita a mantenere segreta questa sua dipendenza e che è riuscita a superarla solo dopo due settimane di ricovero in ospedale in seguito ad un piccolo infarto: “Sono riuscita ad uscirne solo grazie alla degenza in ospedale ed ho sofferto di nausee, ansia, sudori freddi. Ero dipendente dalla Red Bull ed i medici me lo confermarono.“

Brooke ora si tiene in forma con del sano esercizio fisico e seguendo una dieta normale ma ha detto di soffrire ancora degli effetti di quella dieta estrema. Ha detto che ha un leggero soffio al cuore, che soffre di fortissimi dolori allo stomaco e all’addome e che ha spesso attacchi di ansia.
Un portavoce di Red Bull ha detto che ci sono “prove scientifiche che dimostrano che la caffeina non dà dipendenza” (e io mi chiedo se lo stesso vale per la Taurina…) “la bevanda è disponibile in 148 paesi perché i servizi sanitari dei vari Stati il mondo hanno concluso che Red Bull è sicura”.
La bevanda è vietata in Norvegia, in Danimarca e nell’Uruguai a causa dei timori di salute… io ne avevo già paralto nell’articolo dal titolo “In che modo la Red Bull ti mette le ali“.

PS Non imitatela!!!

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Come avere un infarto in 5 minuti…

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Quello che vedete in alto è cervello di maiale in scatola e potete notare i valori del colesterolo: 3500 mg pari al 1170% della razione giornaliera raccomandata! Praticamente come farsi venire un infarto in meno di 5 minuti!

Meno male che siamo in Italia…
sono certo che queste porcate non le troveremmo mai in un qualsiasi negozio di alimentari.

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Quali sono i sintomi del colesterolo alto?

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Sfortunatamente, i sintomi del colesterolo alto di solito sono molto rari. Gli esami del sangue sono di solito usati per determinare i livelli di colesterolo. I sintomi sono purtroppo solo il risultato finale e riguardano la salute delle coronarie, l’infarto, e i disturbi vascolari periferici. Ciascuno di questi disturbi viene spiegato di seguito:

Malattia Coronarica.

Il primo sintomo della malattia coronaria è chiamato Angina ( altrimenti conosciuto come dolore al petto). Una sensibilità alla pressione oppure una sensazione di “compressione” viene di solito avvertita dai pazienti. Comunque tutte queste sensazioni vengono registrate nella regione pettorale.
Altri sintomi includono la nausea, il respiro affannato, sudore, giramenti di testa, vertigini, e palpitazioni cardiache. L’angina può essere direttamente collegata ai disturbi alle coronarie e deve essere considerata con molta serietà. In molte circostanze un breve periodo di riposo riduce oppure elimina il dolore. Tuttavia se sentite dolori riconducibili a questi sintomi, è bene sottoporsi alla visita di un medico il più presto possibile.

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I sintomi dell’infarto sono diversi nelle donne rispetto agli uomini.

Un ricerca del National Institutes of Health (NIH) indica che le donne spesso si trovano di fronte a un nuovo sintomo un mese prima di un infarto del miocardio.
Fra le 525 donne studiate ben in 95% ha riferito che circa un mese prima dell’infarto ha avuto dei sintomi mai avuti prima e fra questi i più comuni sono stati: fatica insolita (70.6%), disturbi del sonno (47,8%), e respiro corto (42.1%).
Sorprendentemente il 70% delle donne non ha mai avuto dolore al petto un mese prima dell’ attacco di cuore e ben il 43% non lo ha avuto neanche durante l’infarto. La maggior parte dei medici continua invece a considerare il dolore al petto come il principale sintomo sia negli uomini che nelle donne.

Lo studio del NIH, intitolato “I sintomi precoci dell’infarto del miocardio nelle donne“, è uno dei primi a studiare i sintomi dal punto di vista femminile e la sua importanza è legata ad una possibilità di diagnosi precoce che è la principale terapia di questo evento.Patricia A.Grady, ricercatrice e Direttrice del NINR dice:”E’ evidente che i sintomi nelle donne non sono prevedibili come quelli degli uomini. Questo studio permetterà sai alle donne che ai medici di conoscere tutta questa ampia gamma di sintomi che sono alla base di un infarto per non perdere la possibilità di una diagnosi precoce dell’infarto miocardico, che è la prima causa di morte sia negli uomini che nelle donne.”

I principali sintomi nelle donne un mese prima dell’infarto miocardico sono:
Fatica insolita 70.6%
Disturbi del sonno 47,8%
Respiro corto 42.1%.
Indigestione 39%
Ansia 35%

I principali sintomi nelle donne durante dell’infarto miocardico sono:
Respiro corto 58%
Stanchezza 55%
Fatica insolita 43%
Sudori freddi 39%
Vertigini 39%

Una ulteriore ricerca del NIH suggerisce che ci sono possibili differenze dei sintomi legate anche a differenze etiche e razziali.

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