Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

Tag: inconscio collettivo

In base a cosa scegliamo? Parte 2.

Ecco la seconda parte del post sulle nostre decisioni. La prima parte la trovate QUA.

Siamo tutti razzisti?
Fra gli archetipi culturali ci sono anche pregiudizi e stereotipi. Anche questi inconsci. Non solo: secondo le ultime ricerche un adulto può avere convinzioni consce in contraddizione con quelle inconsce. Anche chi crede di essere privo di pregiudizi, facendo i test di Mahzarin Banaji, docente di psicologia a Yale, scopre di non esserne immune. «A livello inconscio siamo tutti razzisti» dice Banaji. Il ricercatore presenta ai volontari una serie di aggettivi positivi o negativi, ognuno abbinato a un cognome tipicamente “bianco” o “nero”. Per esempio “elegante – sig. Bianchi” e “elegante – sig.Alì”. Cognome e aggettivo appaiono insieme sullo schermo di un pc e chi fa il test deve premere un tasto che indica se l’aggettivo è “positivo” o “negativo”. La maggior parte dei soggetti che partecipano all’esperimento (sia bianchi sia neri) risponde più velocemente quando l’aggettivo positivo è abbinato al cognome “bianco” o l’aggettivo negativo a quello “nero”. «La nostra mente elabora più velocemente queste associazioni perché è più abituata a farle» dice Banaji.

Popoli irrazionali
Come si spiega la nascita di questi archetipi culturali? Per comprendere il mondo, il cervello umano lo divide in categorie: persone, luoghi, cose. «Questa suddivisione è una componente importante dell’intelligenza » dice Banaji. «Ma gli stereotipi sono l’eccesso». Gran parte di ciò che è depositato nel nostro inconscio viene dalla cultura che ci circonda. Quando si infilano nella mente gli stereotipi? «A 5 anni molti bambini hanno stereotipi già assimilati su chi sono i neri, chi le donne, chi gli anziani» dice Margo Monteith, docente di psicologia all’University of Kentucky. «A 5 anni non si è in grado di scegliere se accettare o rifiutare queste idee: manca l’esperienza per farsi un’idea personale». E così il pregiudizio insegna che gli zingari sono ladri, le donne emotive, i carabinieri non molto intelligenti… «Gli stereotipi non devono essere veri per ottenere il loro effetto » dice Monteith. E così l’inconscio influenza irrazionalmente il comportamento non solo dei singoli, ma anche delle culture.

Non generalizzate mai
Inoltre abbiamo bisogno di sentire di far parte di un gruppo, un villaggio, una contrada e la nostra identità è attaccata a classificazioni ancor più ambigue, come razza e classe sociale. Vogliamo sentirci bene grazie al gruppo cui apparteniamo e allora denigriamo chi non ne fa parte. Tendiamo a vedere i membri del nostro gruppo come individui, e quelli degli altri gruppi come una massa indifferenziata. Se pure lo stereotipo contenesse un po’ di verità, porta comunque a errori di valutazione: si applica a un singolo una generalizzazione relativa a un gruppo ed è ingiusto: le persone vanno giudicate come individui, non come membri di un gruppo.

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In base a cosa scegliamo? Parte 1.

Ipotesi: senza il consenso dello strato più primitivo della mente, quello ereditato dai rettili, non possiamo fare le nostre scelte. Il cervello razionale serve solo a giustificarle.

Che cosa induce un milanese il cui tragitto quotidiano è un unico viale, da piazzale Loreto (dove abita) a San Babila (dove lavora), che non ha possedimenti terrieri e trascorre i week end in Liguria (tutta autostrada), a comprare un fuoristrada a 4 ruote motrici? «Il suo cervello rettile» risponde Clotaire Rapaille, antropologo culturale ed esperto di marketing. E infatti per far centro con i messaggi pubblicitari Rapaille studia la parte più antica del nostro cervello, quella che si è evoluta all’epoca dei rettili , la sede di odori, violenza, sesso e altri istinti primordiali. «Certo, la scelta dell’acquisto coinvolge anche la parte razionale del cervello, la corteccia: numeri o prezzo sono elaborati qui, nella sede dell’intelletto, ma si limitano in genere a fornire l’alibi al cervello rettile» spiega Rapaille. «Anche l’amigdala, il cervello mediano che controlla le emozioni, dirà la sua, soprattutto sull’estetica, ma la forza dominante nell’acquisto, quella che vince sempre, è il cervello rettile». Il modello di Rapaille ha guidato le vendite della PT Cruiser, la macchina della Chrysler diventata un successo commerciale. Rapaille è l’asso nella manica delle grosse aziende: ha ben 50 clienti fra le 100 top company elencate dalla rivista Fortune. Ma Rapaille non studia l’inconscio di ogni singolo individuo. Studia l’inconscio culturale collettivo, che secondo lui è molto più importante di età, gruppo socioeconomico, geografia o genere. Infatti secondo il famoso psicoanalista Carl Gustav Jung (1875-1961), esistono immagini dette “archetipi”  che si sono formate da tempi immemorabili, sono universali, di tutta l’umanità, ed esistono nello strato profondo dell’inconscio collettivo. Ci sono però anche altri archetipi che non sono universali, ma diffusi in gruppi più ristretti: un popolo, una classe sociale, una generazione. Questi archetipi guidano il comportamento inconscio di ogni suo membro: il suo modo di vedere la famiglia, l’onestà, la guerra e via elencando.

Gli archetipi culturali Usa sono diversi da quelli francesi e ancora più diversi da quelli giapponesi. Da essi discende il comportamento nei confronti degli immigrati e il risultato delle elezioni politiche. E sono importanti anche nelle scelte dei consumatori.

Formaggio vivo o morto
A Rapaille si è rivolta per esempio un’azienda casearia francese che voleva esportare i suoi prodotti in Usa. Aveva tradotto lo spot di successo usato in Francia per trasmetterlo oltre oceano: una donna accarezza sensualmente, tocca e annusa un formaggio. Ma era stato un flop e nessuno capiva perché. Rapaille scoprì che per la cultura francese il formaggio è “vivo”: e infatti al mercato la donna francese prende il formaggio in mano, lo palpa e lo annusa. Negli Usa invece nessuno lo vorrebbe palpare e tanto meno annusare. Anzi, tutti quei palpamenti danno un’idea di scarsa igiene. Rapaille consigliò di enfatizzare la sicurezza del suo incarto di plastica. La nuova campagna di spot incrementò le vendite del 50%.

Fra due giorni la seconda parte! Se ti va, nella parte destra del blog puoi cliccare sull’elefantino per iscriverti ai feed o puoi inserire la tua email per ricevere gli articoli nella tua posta elettronica!

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