Torte alla crema, ciambelle, brioches. E poi canditi, bignè, merendine: paste frolle e sfoglie. Per non parlare dei gelati e delle mille ricette a base di cioccolato… Resistere alle lusinghe dei dolci è quasi impossibile. Non a caso, secondo l’Aidi (Associazione industrie dolciarie italiane), ne mangiamo quasi 25 kg a testa l’anno fra prodotti da forno (14,66 kg), cioccolato (4,34), gelato (3,66), caramelle e confetti (2,13). In pratica, 68,5 grammi al giorno: non male, ma poco in confronto agli inglesi (160 g al giorno), ai danesi (113 g) e ai finlandesi (107,4 g)… Ma perché i dolci ci piacciono così tanto? Sono pericolosi per la salute? E chi li ha creati? Anche se i dessert sono un’invenzione degli ultimi 3 secoli, l’attrazione per il dolce è antica quanto l’uomo. A partire dalla nascita: il latte materno è il primo dolce che assaggiamo. E il dolce è il primo gusto che percepiamo sulla punta della lingua.

Fame chimica
Ma c’è di più. Nella preistoria l’ominide che avesse preferito una foglia d’insalata a un fico maturo, ricco di zucchero e ad alto valore energetico, non sarebbe sopravvissuto alla prima carestia. Il ricordo di questo comportamento, insomma, è rimasto nella memoria genetica dell’uomo. Mangiare dolci è gratificante: ci fa sentire bene. Un effetto non solo psicologico, dato che i dolci innescano una cascata di reazioni biochimiche: l’insulina, ormone che controlla la quantità di glucosio nell’organismo, da una parte eleva i livelli di endorfine (sostanze analgesiche ed eccitanti prodotte dal cervello: è il premio evolutivo al successo nella raccolta di cibo calorico) e dall’altra rilascia nel sangue triptofano, un precursore della serotonina, il neurotrasmettitore della “felicità”. L’eccesso di stimolo, tuttavia, come in ogni dipendenza genera resistenza e richiede dosaggi sempre maggiori, con inevitabile acquisto di peso. Ovvero: un po’ di dolce fa bene, ma attenzione a non strafare.

Pappe, Egizi e Babilonesi
Ma quando sono stati inventati i dolciumi? I primi a vedere la luce sono stati i biscotti: sono apparsi all’epoca della prima agricoltura, durante il Neolitico, quando una “pappa” di cereali lasciati a macerare nell’acqua cadde accidentalmente su pietre arroventate dal fuoco. Era solo l’inizio: da allora, i dolci sono apparsi nei banchetti dei Babilonesi (la famiglia reale mangiava pasticcini zuccherati al miele e cotti in appositi stampi), degli Egizi (una torta sotto vuoto di latte, sesamo e miele è stata trovata nella tomba del faraone Pepionkh, vissuto nel 2200 a. C.) e dei Greci, che offrivano ad Artemide ciambelle a mezzaluna. Nell’antica Roma, Marco Porcio Catone (234-149 a. C.) nel De Agricoltura tramanda la ricetta del savillum, una torta al formaggio con farina, miele e uova. La nascita del dolce vero e proprio, però, è legata all’evoluzione della panificazione. È un arricchimento del pane: in occasione di celebrazioni o riti, per esempio al passaggio di stagione, si aggiungevano all’impasto prodotti del territorio, come frutta secca e uva passita.

E la pillola va giù
In più, la preparazione dei dolci, con l’impasto di molti ingredienti e l’incognita della riuscita, somiglia a un rito magico. Le prime preparazioni, dunque, erano riservate a solennità e alle offerte agli dèi. Usanza che in parte sopravvive, visto che esistono ancora dolci specifici per diverse ricorrenze. In ogni cultura il dolce rappresenta un premio che l’uomo si è dato per festeggiare qualcosa. E ha valori simbolici. Il dolce natalizio (come il panettone) si spinge verso l’alto perché si avvicina al Divino. Quello pasquale, invece, è più attorcigliato su se stesso, più legato alla terra e alla morte. Così come quelli a forma di ossa, tuttora in uso in diverse regioni italiane per celebrare le festività dei morti. Ma ai dolci si dava anche la forma di animali sacri: come l’agnello, simbolo di prolificità e del cristianesimo. Anche caramelle, canditi e confetti hanno una lunga storia. L’uso di ricoprire noci o mandorle di una miscela di miele, farina e gomma naturale risalirebbe già all’Impero romano. E, intorno al 1200, frutta e chicchi aromatici rivestiti di miele indurito furono apprezzati dai nobili, che li conservano come gioielli in preziosi cofanetti: le future bomboniere. Mentre dalla consuetudine di nascondere con la copertura di miele il cattivo sapore di erbe curative derivano le moderne pillole medicinali.

Fra due giorni la seconda parte! Se ti va, nella parte destra del blog puoi cliccare sull’elefantino per iscriverti ai feed o puoi inserire la tua email per ricevere gli articoli nella tua posta elettronica!

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