Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

Tag: depressione

L’ha detto la Televisione

Le notizie possono modificare idee e comportamenti? Si, ma solo in pochi casi…

Quasi tutti gli italiani guardano il telegiornale e seguono regolarmente alla tivù programmi culturali e d’attualità, per la precisione il 68,6 per cento (rispetto all’83 per cento che guarda la tivù ogni giorno). Il 60,2 per cento legge i quotidiani e il 32,6 ascolta abitualmente i radiogiornali. Lo rivela l’ indagine dell’Istat (l’Istituto di statistica) sui nostri comportamenti quotidiani. Riceviamo dunque ogni giorno da giornali, radio e televisione un vero bombardamento di informazioni. Secondo una teoria psicologica ogni notizia è come l’iniezione di un farmaco: ha un’influenza immediata sul comportamento delle persone, proprio come una medicina che, appena iniettata, scatena subito una reazione dell’organismo. Qual è dunque l’effetto delle notizie sulle persone? Davvero riescono a modificarne opinioni, comportamenti e scelte? E possono anche influire sul nostro inconscio? La risposta è sì, ma in modo diverso a seconda delle caratteristiche individuali, dei mezzi di informazione che ce le danno e di come ce le presentano di volta in volta.

In realtà i mezzi di comunicazione, più che alterare direttamente il modo di pensare e di agire del pubblico, selezionano gli argomenti sui quali tutti “devono” avere un’opinione. Quando i giornalisti diffondono determinate notizie, escludendone altre, creano una specie di “mappa dei fatti” sulla quale si concentra, e discute, la popolazione. C’è poi una seconda selezione: fra le notizie proposte da stampa, radio e televisione, ognuno sceglie quelle che lo interessano di più. Sui quotidiani, per esempio, gli adulti e i ragazzi leggono soprattutto gli articoli di politica e di attualità (70,3 per cento dei lettori), mentre le donne si concentrano sulla cronaca locale (76 per cento). Tutti, però, tendono a rivolgersi alle fonti d’informazione con le quali si sentono più in sintonia. Perfino durante le campagne elettorali, invece di confrontare il programma dei vari partiti, ci si informa prevalentemente attraverso i giornali che rispecchiano la propria ideologia. E si seguono i programmi radio e televisivi che danno più spazio al partito di appartenenza. Insomma, ognuno cerca di costruirsi un’ informazione su misura, che rispecchi il più possibile il proprio punto di vista.

E se, invece, non si ha ancora un’opinione su un avvenimento?
In questo caso, i servizi giornalistici possono influenzare i giudizi delle persone. Ma, per riuscirci, ne devono prima catturare l’attenzione. Il pubblico, in realtà, riesce a memorizzare soltanto una minima parte delle notizie diffuse dai vari canali d’informazione. Ecco perché più i messaggi sono brevi, ripetuti e semplici (richiedono, cioè, un minimo sforzo di comprensione), più vengono recepiti e hanno, quindi, possibilità di orientare le scelte delle persone. Lo confermano tutte le ricerche psicologiche più recenti, condotte sia in Europa che negli Stati Uniti, nelle quali sono state analizzate anche le caratteristiche più efficaci delle informazioni “persuasorie” per eccellenza: quelle pubblicitarie e quelle diffuse durante le campagne elettorali. I risultati sono identici: in entrambi i casi, infatti, le persone condividono, o comunque accettano più facilmente, i messaggi che hanno uno o più elementi a loro familiari. Ciò favorisce un processo di identificazione con l’autore, e perfino con il contenuto che le sue parole hanno espresso. Inoltre, di solito ci si lascia convincere più facilmente se chi lancia il messaggio è un personaggio di successo, sul quale inconsciamente si trasferisce la responsabilità della propria, eventuale adesione. Le informazioni “persuasorie” producono, secondo gli studiosi, “effetti limitati” sulle persone, proprio perché di solito hanno un unico obiettivo da raggiungere, e in breve tempo: durante e subito dopo una “campagna” sulla ricerca scientifica, per esempio, la popolazione reagisce versando ai centri di ricerca una maggior quantità di finanziamenti. Poi, però, la campagna d’informazione finisce e tutto torna come prima.

Le notizie, dunque, esercitano soltanto un’influenza temporanea?
Niente affatto. Anzi, possono anche suscitare reazioni profonde, imprevedibili. E’ accaduto con la guerra del Golfo, nel 1991: durante la prima settimana, le immagini del conflitto tennero incollati davanti allo schermo 9 milioni di italiani. Suscitando nelle persone anziane insonnia, paura, ricordi angosciosi della seconda guerra mondiale.

Oggi, insomma, le notizie puntano sempre più spesso sul coinvolgimento emotivo del pubblico. Ma, in questo modo, colpiscono direttamente l’inconscio delle persone. In particolare, le notizie presentate in modo drammatico e che riguardano un episodio violento, come un omicidio, stimolano in ognuno sia le tendenze sadiche che quelle masochistiche. Cioè le due forze aggressive contrapposte che covano in ognuno di noi, così scatta una doppia paura: quella di essere violenti e quella di subire un’aggressione. Eppure, le centinaia di informazioni su incidenti, rapine, violenze d’ogni tipo che tutti ricevono quotidianamente sembrano cadere nell’indifferenza. Il fatto è che non siamo in grado di sopportare notizie sconvolgenti. Mancano sicurezze, e modelli di riferimento precisi attraverso i quali filtrare la realtà. Inoltre non riusciamo a elaborare tutte le informazioni che riceviamo ogni giorno. Risultato: ci difendiamo con il distacco. Si tratta, però, di un distacco apparente. Perché, dietro l’indifferenza, le notizie continuano a esercitare in ognuno una profonda influenza, in modo diverso a seconda della personalità. I messaggi violenti o preoccupanti possono far vacillare o, addirittura, far crollare le difese di un individuo. Provocando in lui forti angosce, o liberando i suoi aspetti più nascosti. Per esempio, di fronte alla notizia di un suicidio, in chi ha represso per anni il desiderio di compiere quel gesto può scattare l’impulso ad agire. Secondo lo studio di un sociologo australiano, Riaz Hassan, la media quotidiana dei suicidi sale di circa il 10 per cento nei 2 giorni successivi alla comparsa sui giornali della notizia di un suicidio.
Secondo gli psicologi, infatti, c’è una parte inconscia in noi che, assistendo alle tragedie altrui, riesce a scaricare tensioni e provare in qualche modo sollievo. Un meccanismo morboso, cioè quasi patologico e in genere del tutto incontrollabile. Le notizie, dunque, possono provocare ansia, angoscia, liberare gli aspetti repressi di sé, spingere alla violenza, alimentare un sottile compiacimento sadico. Tutto questo accade, in particolare, a chi non possiede una “interiorità strutturata”, cioè alle persone psicologicamente più deboli, come disturbati psichici o semplici depressi, o a chi attraversa un momento di particolare fragilità. Ma tutti, in un modo o nell’altro, subiscono l’influenza delle notizie.

Come difendersi? L’unico modo, dicono gli esperti, è utilizzare più canali d’informazione, per contrapporre alle insidie delle tecniche giornalistiche una preparazione più solida e una maggiore capacità di giudizio.

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Tutte le facce della solitudine

Un fenomeno con molti lati diversi. E non sempre negativi. A volte è un rito di passaggio verso la coscienza di sé.

Essere soli e sentirsi soli
Gli studi degli ultimi 10 anni hanno dimostrato che la solitudine ha molte dimensioni, che colorano la sensazione in positivo o negativo. Una prima grande suddivisione è tra la solitudine sociale e quella emozionale. La solitudine sociale, cioè l’essere obiettivamente soli, non equivale necessariamente a sentirsi soli. Per contro la solitudine emozionale, il sentirsi soli, può essere vissuta anche in compagnia. Nella nostra società la vera solitudine sociale, l’essere completamente soli, è rara. Ma avere rapporti sociali non basta; è importante anche la loro qualità. Perché si possono avere rapporti frequenti e sentirsi comunque emotivamente isolati, non capiti. E se di solitudine soffriamo tutti, per periodi più o meno lunghi e in forma più o meno acuta, il problema è più grave soprattutto durante l’adolescenza e la vecchiaia, e si presenta di solito nei momenti in cui “gli altri” fanno festa, come il Natale, o l’estate, che non a caso fanno registrare un incremento di suicidi. L’uomo, d’altronde, è fatto per vivere con gli altri. Non a caso la peggiore punizione che si può infliggere a un bimbo è il castigo in camera e a un adulto la detenzione in carcere: entrambe colpiscono il bisogno di compagnia.

Dimmi che mamma hai…
Ovviamente non è necessario finire in prigione per sentirsi soli. Spesso la solitudine è anzi solo una conseguenza del proprio atteggiamento verso gli altri. Secondo lo psichiatra britannico John Bowlby, molto dipende dal tipo di legame infantile che si instaura con la mamma. Un legame “sano” (che si verifica quando la madre è presente ma non ostacola, anzi stimola il distacco del figlio al momento opportuno) crea una base sicura da cui partire per esplorare il mondo. Al contrario, un rapporto “malato” causa insicurezza, ansia, timore di abbandono.

4 modi di sentirsi soli
Il sentirsi soli è inoltre misurabile in base a intensità e frequenza. Queste variabili segnalano quali problemi ha la persona che si sente sola. Ci si può sentire “spesso leggermente soli”, e non è un grosso problema. I sondaggi rivelano che si sentono “spesso soli” circa l’8% delle donne e il 3% degli uomini. Si sentono invece “qualche volta” soli una donna su 4 e un uomo su 6. Un altro modo per valutare la solitudine è l’atteggiamento con cui la si vive. I ricercatori lo hanno diviso in 4 categorie: 1. La solitudine genera rabbia, ostilità, nervosismo. 2. Gli individui si sentono rifiutati e diventano depressi, confusi, scoraggiati, tristi 3. Si sentono esauriti e provano senso di vuoto, diventano passivi e distaccati. 4. Si sentono isolati, poco amati, privi di valore.
Gli atteggiamenti dei gruppi 2 e 3 sono caratteristici della depressione. Per queste persone il senso di solitudine potrebbe essere perfino un campanello d’allarme del rischio di suicidio. E in questi casi è quindi sempre consigliabile consultare uno psichiatra o uno psicologo psicoterapeuta.

Cani e Internet
I ricercatori si sono occupati anche delle cause della solitudine. Possono essere temporanee, per esempio un lutto, una separazione, un trasferimento. In questi casi non si può più contare su alcuni rapporti significativi, ma la solitudine è quasi certamente destinata a svanire. Anche una malattia grave, propria o di un familiare, isola dal mondo, e così pure l’allevare un figlio. In questi casi può essere importante ricorrere all’aiuto di gruppi di sostegno e, in genere, a condividere il problema con altre persone. Ma la solitudine può essere anche una condizione stabile, che dura nel tempo. Ci sono per esempio fasi della crescita, come l’adolescenza, in cui il passaggio attraverso la solitudine è quasi necessario. L’individuo deve trovare una propria identità e questo porta spesso alla separazione affettiva dai genitori, e alla ricerca del confronto con i coetanei. È un periodo molto rischioso, soprattutto per le ragazze: ma secondo gli esperti, i pericoli si allontanano se i genitori danno sostegno e fanno attività con i figli. Anche l’età avanzata può essere una causa di solitudine stabile, soprattutto se si perdono tutte le amicizie. In alcune situazioni la casa di riposo sembra l’unica alternativa all’isolamento. In condizioni di solitudine infatti gli anziani sono a rischio di depressione. Un altro rimedio è la compagnia di un animale: prendersene cura conferisce un ruolo e supplisce al bisogno di dare e ricevere affetto. Oggi anche Internet dà una mano: un clic e si è in comunicazione con tutto il mondo.
Ci sono diversi modi per vincere la solitudine. Negarla, per esempio, non è una soluzione, anzi. Posteggiarsi davanti alla televisione è un altro modo di sfuggire al problema. Per brevi periodi la tv va benissimo, ma impedisce di stabilire nuovi rapporti, o di migliorare quelli esistenti.

Antidoti efficaci
Per questo gli esperti consigliano di riflettere sulla propria situazione, di prenderne atto, di verificare le proprie aspettative, di mettere in atto strategie per individuare le soluzioni e poi di agire. Risolvere il problema solitudine richiede una strategia; riflettere, essere consapevoli dei propri bisogni, aumentare le attività sociali, valutare quali siano realizzabili, senza perdere le occasioni. Molti individui che si sentono soli rifiutano anche i pochi rapporti sociali che hanno mantenuto, perché non rispecchiano le loro aspettative. Ma in alcuni casi è meglio prendere coscienza che anche le aspettative possono non essere adeguate alla realtà.

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Gli anziani e la psicoterapia.

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Chi ha detto che la psicoterapia è inutile, o che è un lusso per l’ anziano?
Se ne parla molto poco, eppure può dare ottimi risultati ed essere praticabile anche tramite il Servizio sanitario nazionale. Fare psicoterapia dell’ invecchiamento o della vecchiaia vuol dire affrontare quel groviglio di sintomi tipici dell’ età avanzata, ma non sempre patologici, costituito da facile scompensabilità emotiva, impazienza, irritabilità, rigidità nelle opinioni, restringimento di interessi e prospettive, narcisismo ed egocentrismo, insoddisfazione circa la realtà e insicurezza sul futuro, che determinano nel vecchio disagio, malessere, demoralizzazione, depressione. Purtroppo, anche per mancanza di una informazione adeguata, fra gli anziani che hanno bisogno di ricorrere alla psicoterapia sono di gran lunga prevalenti la riluttanza, la vergogna, o la non consapevolezza di soffrire di un disturbo mentale o emotivo e la tendenza, anche da parte dei familiari, di ritenerlo inevitabile e incurabile.
Benché l’ estensione della psicoterapia alla geriatria sia piuttosto recente, si può già affermare che almeno il 70 per cento degli anziani e delle anziane trae giovamento dalla terapia psicodinamica, psicoanalitica, cognitiva e comportamentale. Basta talora un incontro settimanale o quindicinale con lo psicoterapeuta per evitare, risolvere, o attenuare crisi profonde, malattie psichiatriche vere e proprie e indebiti, pericolosi, ricorsi agli psicofarmaci.
Nell’ ambito della psicoterapia, di grande importanza sono i vincoli sociali: in conseguenza della perdita, inevitabile, di familiari e amici, l’ anziano va aiutato a crearsi nuove cerchie e relazioni, se vuole evitare o vincere la solitudine. Come dice il poeta francese Paul Valéry, “un uomo solo è sempre in cattiva compagnia“.

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Tristezza: la nostra migliore amica.

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Gli scienziati ci avvertonoo che la crescente tendenza a curarsi dalla tristezza come se fosse una malattia non è certo un fatto positivo: si arresta la crescita del nostro lato introspettivo e si rimuove la nostra dimensione emozionale.
Il proverbio che dice “ Quel che non ci uccide, ci rende più forti”, dice il vero infatti essere tristi, attraversare momenti di melanconia può renderci più in grado di affrontare la sofferenza e quindi di non arretrare di fronte alla sfide della vita, ci rende più coraggiosi e ci stimola ad andare avanti.
I ricercatori asseriscono che nella nostra società tutto sembra essere a portata di mano, anche la felicità è fuori dalla porta di casa, l’unica cosa da fare è afferrarla. Visto questo punto di partenza è facile comprendere che esiste una scarsa tolleranza alla sofferenza causata dalla perdita di un lavoro, dall’interruzione di una relazione oppure dalla morte di una persona cara, tutto questo non è contemplato dalla nostra cultura.
Si registra un aumento piuttosto rilevante di individui che ricorrono ad un farmaco per non affrontare un momento di tristezza. Questa tendenza è all’origine di un’attenta analisi da parte degli esperti delle malattie mentali che non vedono positivamente questo consumo eccessivo di farmaci.
Lontano “dall’esistenza liquida” frutto della vita moderna, che non prevede momenti in cui ci si ferma, l’essere umano ha sofferto di stati depressivi da millenni e questo ha dato effetti benefici alla specie umana. Si stima che una persona su quattro soffrirà di stati depressivi in alcuni momenti della propria vita- il cinque per cento della popolazione in questo momento convive con questo “disturbo”.

Un numero crescente di psichiatri dubita che le compagnie farmaceutiche e i medici stiano indirizzando i pazienti verso le adeguate terapie, ovvero che i pazienti assumono farmaci troppo potenti e potenzialmente nocivi.
Jerome Wakefield, professore di psichiatria dice:” Quando riscontriamo qualcosa che è presente in maniera profonda dal punto di vista biologico dobbiamo presumere che è sopravvissuto ai processi di selezione a cui gli esseri umani sono stati sottoposti nel corso del tempo perchè apportava alcuni vantaggi- altrimenti non sarebbe giunto sino a noi. Eliminare questa parte è impossibile, questa sorta di make up biologico è un modo per barare con noi stessi. “
Il professor Wakefield, della New York University, ritiene che la tristezza umana ci faccia imparare dai nostri errori. Egli afferma :” Io penso che una delle funzioni delle emozioni negative molto intense sia quella di farci fermare, e di far focalizzare la nostra attenzione su qualcos’altro.”

La rivista “New Scientist” riporta che la tristezza potrebbe fungere da deterrente per non compiere in futuro errori per cui abbiamo sofferto molto.

Il dottor Paul Keedwell, uno psichiatra dell’Università di Cardiff, afferma che la depressione può persino essere una manna dal cielo in alcune circostanze infatti può salvarci da effetti di stress a lungo termine. Egli dice che senza prendere un po’ di tempo per riflettere si può incorrere “ in uno stato cronico di stress cornico, fino al punto di esaurire completamente le nostre risorse vitali e arrivare al decesso.”

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Dieta e aromaterapia.

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Ci sono probabilmente alcune ragioni principali dietro i disordini alimentari e spesso sono motivi fisici o problemi di salute. Un altro motivo può essere la scarsa conoscenza dei valori nutrizionali degli alimenti. Tutte queste ragioni si possono sommare nelle persone che iniziano a mangiare troppo per confortarsi quando sono stressate, depresse, arrabbiate o addolorate. L’aromaterapia non è collegata direttamente alla perdita di peso ma lo è indirettamente in quanto agisce sul nostro umore. Se usiamo quindi l’aromaterapia ed allo stesso tempo stiamo attenti a cosa mangiamo allora la nostra dieta potrebbe avere degli ottimi benefici.

Combattere la noia e la depressione.
Come dicevano prima spesso ci sono motivi emozionali che ci portano a mangiare di più e la noia e la depressione sono i principali. È dimostrato scientificamente che alcuni aromi hanno effetto energizzante sul nostro corpo e sula nostra mente. L’arancia, il limone, la menta piperita, la vaniglia, il pompelmo ed il rosmarino hanno tutti questo tipo di effetto sul nostro corpo e ci forniscono quindi una carica extra di energia quuando ci alleniamo o anche quando siamo semplicemente annoiati. Gli scienziati hanno ammesso che l’uso di questi aromi uniti con una dieta adeguata ha un effetto importate sul modo in cui mangiamo, lavoriamo e sula nostra quotidianità.

E la vaniglia?
La vaniglia si è rivelata avere un impatto positivo sul corpo delle persone partecipanti ad un ricerca tenutasi presso il Saint George Hospital di Londra. I partecipanti sono stati messi in una stanza in cui era stato diffuso odore di vaniglia, e in quella stessa stanza era stato posto un buffet pieno sia di dolci che di cibi salati. Le persone hanno scelto automaticamente i cibi meno dolci. Dopo questa ricerca (di cui vi ho riassunto solo una piccola parte) molti dietisti hanno iniziato a consigliare l’utilizzo di una candela al profumo di vaniglia o un diffusore di aroma di vaniglia in sala da pranzo soprattutto per le persone troppo golose di dolci.

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Le migliori News scientifiche della settimana scelte per voi e commentate da Prokofiev. #28

oknotizie Ringrazio Prokofiev (scrive su note e salute!) per le sue segnalazioni e per i suoi preziosi commenti.

Torino – Trovato il vaccino per il linfoma dei bambini

Una notizia importante, e l’ennesima testimonianza della bontà della ricerca Italiana, sempre bistrattata e maltrattata. Una speranza per tanti bambini affetti da queste neoplasie, sempre piu’ frequenti.

Le mille facce della depressione

Un post molto bello, scritto con perizia, conoscenza del campo, e semplicità, per far capire alcune cose su una malattia importante, su cui si hanno spesso falsi concetti.

Disabili senza sesso. Donne “mancate” e violenza

“Vittime completamente invisibili”, una frase che non sentiamo spesso, ma che nasconde problematiche molto complesse e difficili da spiegare. Encomiabile questo progetto che cerca di affrontare il dramma della violenza che colpisce donne disabili.

Firenze, via l’insulina, diabetica muore a 16 anni

Senza entrare nel merito del percorso giudiziario, delle indagini che faranno il loro corso, è un argomento molto delicato . I medici che praticano la medicina non tradizionale sono prima di tutto medici, e conoscono bene le problematiche legate alla sospensione di alcuni farmaci cosiddetti “salvavita”. Ho avuto anche io qualche esperienza legata a tale sospensione, con effetti catastrofici. E’ verissimo che alcuni farmaci danno effetti collaterali anche severi, e nessuno vieta di ricorrere a farmaci alternativi, ma sarebbe sempre doveroso informare anche il clinico presso cui si è in cura prima di prendere simili decisioni.

Ascoltare musica abbassa la pressione

Una notizia che non potevo non segnalare, essendo la musica e la medicina le due colonne portanti della mia vita. Da tempo l’effetto di alcuni tipi di musica ( prevalentemente la classica, con Mozart in particolare) viene usata per la cosiddetta musicoterapica. Non stupisce che l’ipertensione, spesso legata ad una iperattività adrenergica, possa giovarsi dell’ascolto musicale.

Farmaci che possono causare Mania e Depressione

drugIl dipartimento di Psichiatria e di Psicologia di Cleveland ha compilato una lista di farmaci che possono causare mania o depressione nei pazienti.

Per controllare se i farmaci che prendete fanno parte dell’elenco leggete il principio attivo presente sulla scatola e nel bugiardino e fate una ricerca sulla guida all’uso dei farmaci e/o su google.

Farmaci che possono causare mania

I seguenti farmaci sono stati segnalati in quanto in grado di causare mania in alcuni pazienti.

Disulfiram – farmaco usato per l’alcolismo
Anticolinergici – un gruppo di farmaci usato per alleviare i crampi o gli sapsmi dello stomaco, dell’intestino e della vescica.
Bromocriptina – una farmaco ha usato per trattare la malattia del Parkinson.
Capoten – una medicina usata per l’ipertensione arteriosa.
Benzotropina – una medicina usata per trattare i sintomi della malattia di Parkinson.
Corticosteroidi – un gruppo di farmaci che fanno diminuire l’infiammazione e riducono l’attività del sistema immunitario. Gli esempi includono l’Idrocortisone, il Triamcinolone (Azmacort), il Prednisone.
Ciclosporina – farmaco usato anche per sopprimere il sistema immunitario per impedire il rigetto degli organi trapiantati.
Madopar
– farmaco usato per trattare la malattia di Parkinson.
Lioresal – un miorilassante e un antispatico usato spesso per trattare le lesioni del midollo spinale e la sclerosi a placche.
MAO inibitori – un gruppo di farmaci usati per trattare la depressione. Gli esempi includono la tranilcipromina.
Oppiodi – un gruppo dei narcotici usati per alleviare il dolore sia severo che moderato. Questi farmaci hanno danno facilmente dipendenza e abuso. Gli esempi includono la codeina e la morfina.
Ritalin – questa farmaco è usata per trattare l’ADHD.
Levotiroxina – un medicinale prescritto comunemente nei casi di ipotiroidismo.
Tagamet – questa farmaco è usata per impedire e trattare le ulcere e la gastrite.
Artane – una medicina usata per trattare il morbo di Parkinson.
Cloridrato di yohimbine – una farmaco usato per trattare l’impotenza maschile.

Farmaci che possono causare depressione

I seguenti farmaci sono stati segnalati in quanto in grado di causare depressione in alcuni pazienti.

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Le migliori News scientifiche della settimana scelte per voi e commentate da Prokofiev. #22

oknotizie Ringrazio Prokofiev (scrive su note e salute!)per le sue segnalazioni e per i suoi preziosi commenti.

Una giornata ed un pensiero ai bambini affetti da autismo.

Una malattia di cui si parla sempre troppo poco. Un impegno gravoso per le famiglie di questi bambini, difficile da gestire anche da parte dei sanitari. Una bella segnalazione , che merita la nostra attenzione .

Cellulari e rischio tumori.

L’ennesimo allarme del pericolo cellulari. Tra smentite e conferme, c’è evidenza di nuovi studi, come quello citato nel post, che mettono in guardia dall’uso frequente del telefonino. Aspettiamo nuove conferme.

Depressione post partum, al via campagna nazionale “Non lasciamole sole”

Un’altra bella iniziativa, per sensibilizzare l’opinione pubblica ad una patologia spesso minimizzata, ma importante .
Un richiamo quindi alle istituzioni per affrontare seriamente questo problema.

Benvenuti a Velenitaly.

Davvero triste ed inquietante leggere queste notizie. Non riusciro’ mai a comprendere come , pur di arricchirsi, si sia disposti a passare sopra la salute della gente…

Parte dai banchi di scuola la lotta al fumo di sigaretta

Un tema a cui sono molto sensibile ( come avrete di certo intuito dalla quantità di post che ho scritto contro il fumo). I bambini vanno edotti, sin da piccoli, sul pericolo che corrono se iniziano a fumare presto. Trovo quindi lodevole questa iniziativa, visto che i genitori , spesso fumatori, non mostrano altrettante sensibilità.

Cambia il tuo umore mangiando.

umore L’equilibrio del vostro cervello dipende da molte sostanze nutrienti. Patatine e birra non fanno certo parte di questa lista; vi propongo quindi sei spuntini in grado di cambiarvi l’umore.

Il Vostro Umore: Ansioso.
Quando: Dovete rimanere lucidi durante un colloquio di lavoro.
Il Vostro cibo: Petto di pollo grigliato.
Perchè: Mangiare circa 100 gr di proteine aiuta il vostro cervello a produrre la dopamina ed la norepinefrina, neurotrasmettitori che servono a mantenere alta l’attenzione.

Il Vostro Umore: Stressato.
Quando: Avete una scadenza ma non volete esserne sopraffatti.
Il Vostro cibo: Mangiate una manciata di semi di sesamo mentre state lavorando.
Perchè: Gli ormoni rilasciati sotto stress possono esaurire le riserve di Magnesio e ciò riduce le vostre performance e aumenta il rischio di uno sbalzo ipertensivo.

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Sei sicuro che ciò che ti prescrive il tuo medico non sia un placebo?

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Siete sicuri che l’ultimo farmaco che il vostro medico vi ha prescritto non sia un placebo? Una ricerca svolta su più di 200 medici della zona di Chicago ha evidenziato che quasi il 45% dei medici ha prescritto un placebo almeno una volta durante la sua carriera. Soltanto 3% di questi placebo erano pillole di zucchero; la maggior parte erano trattamenti per i quali non è stata mai provata l’efficacia per la malattia per cui venivano date, come supplementi alimentari o vitamine varie.

Del palcebo ne ho già parlato in un (bellissimo) post che vi invito a leggere; in questo post vorrei approfondire la questione partendo da un paio di recerche.

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