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Tag: comunicazione medico paziente

Dottore non ti capisco!

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Quando i medici parlano lo stesso linguaggio dei loro pazienti, è molto più probabile che questi ultimi non solo seguano accuratamente le istruzioni ricevute, ma escano dall’ ambulatorio più contenti e sollevati dalle proprie preoccupazioni.

Lo confermano due ricercatori inglesi, Nigel Williams e Jane Ogden, del Department of General Practice della Guys Kings and St Thomas’ School of Medicine di Londra, dopo aver portato a termine una ricerca pubblicata sulla rivista Family Practice.

Curioso lo sforzo al quale è stato sottoposto il medico nel cui ambulatorio si è svolto lo studio. Il medico ha infatti dovuto, innanzitutto, selezionare 60 pazienti con problemi particolarmente difficili da affrontare dal punto di vista della comunicazione, perché affetti da disturbi che coinvolgevano l’ apparato sessuale o quello escretorio. Poi, con un primo gruppo casuale di pazienti, ha parlato utilizzando i termini normalmente impiegati dai medici, mentre con il secondo gruppo ha utilizzato le parole del linguaggio corrente, quelle usualmente impiegate dalle persone per descrivere i propri disturbi, e nello specifico utilizzate dai pazienti durante la visita per presentare i propri disturbi. Ad esempio, il termine “organo genitale maschile”, nel secondo gruppo diventava “pisello”, “avere un rapporto sessuale” diventava “fare l’ amore”, le “natiche” il “sedere”. Attraverso queste differenziate modalità di comunicazione si è confermato il fatto che le persone non solo si sentono più a proprio agio quando il medico utilizza termini correnti ma, effettivamente, riescono a seguire meglio le prescrizioni.
Secondo la dottoressa Ogden, che ha condotto lo studio, «riutilizzare le parole dette dall’ altro è uno dei modi attraverso i quali facciamo sentire le persone a loro agio nelle conversazioni di tutti i giorni, e non vi è alcuna ragione plausibile perché una visita medica dovrebbe funzionare in maniera differente».

Incomprensioni
Questa ricerca non è una semplice curiosità, ma getta una luce sulle possibili incomprensioni che si verificano all’ interno degli ambulatori, anche quelli dei medici di famiglia, i quali, fra i loro tanti compiti, hanno quello di aiutare le persone a muoversi nel sempre più complesso universo della medicina contemporanea. Inoltre, i risultati di questo studio entrano a far parte di un settore che negli ultimi anni sta conoscendo un grande sviluppo e che gli anglosassoni chiamano “Health Literacy”, che si potrebbe tradurre in italiano come “alfabetizzazione sanitaria”.
Diversi studi stanno esplorando lo sviluppo delle conoscenze che la gente comune ha nel settore medico-sanitario e come l’ esistenza o meno di tali conoscenze influisca sulla qualità delle cure. E il problema non è di piccola portata: è stato stimato che solo negli Usa ci sono circa 90 milioni di persone la cui salute è a rischio perché non sono in grado di comprendere adeguatamente importanti informazioni di tipo sanitario.

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Il medico: meglio giovane o maturo?

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Per seguire al meglio i pazienti conta di più essere freschi di laurea e quindi aggiornati, oppure avere alle spalle lunghi anni di professione e la conoscenza di tanti e tanti casi clinici?
La risposta viene da un vasto studio americano. Che riserva qualche sorpresa: una lunga esperienza acquisita sul campo non è garanzia di professionalità.
Sembra un paradosso, specie in campo medico, ma è quanto emerso da uno studio statunitense della Harvard Medical School pubblicato sugli Annali of Internal Medicine. Coordinata da Niteesh Choudhry e basata su 54 indagini condotte negli ultimi 40 anni, la ricerca dimostra quanto l’ età dei medici condizioni la loro preparazione, i comportamenti, le capacità, i successi e gli insuccessi terapeutici su i pazienti.
I dati
Parlano chiaro: dal 73% degli studi è emerso che il rendimento dei medici diminuisce con l’ avanzare dell’ età. Non solo: per più della metà (52%) si parla addirittura di insuccessi a tutto campo, mentre per il rimanente 21% solo in alcuni aspetti della professione medica. Per i ricercatori questi numeri rispecchiano la situazione di disagio professionale che si è venuta a creare negli ultimi decenni nei medici piuttosto avanti con gli anni. Gli stessi che non hanno saputo (o voluto) adeguarsi a tecnologie sempre più sofisticate e neanche alle nuove correnti terapeutiche che si basano sull’ evidenza dei fatti.
«Colpa della vecchia cassetta degli attrezzi – sentenzia Choudhry – e cioè di quel bagaglio culturale e professionale che ogni medico ha diligentemente costruito durante i primi anni di carriera, mentre era ancora fresco di studi. Ma che in seguito non ha più aggiornato». Ma subito dopo l’ autore dello studio smorza il tono e riconosce che: «Anche l’ età del medico, però, ha i suoi vantaggi. Ci vuole tempo per instaurare un rapporto di fiducia con i pazienti e per conoscerli a fondo. L’ aspetto umano del rapporto medico/paziente è legato alla durata dello stesso».

E tu chi sceglieresti?

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Una comunicazione efficace diminuisce l’abuso di antibiotici.

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L’impiego inappropriato di antibiotici nel mondo sta facendo aumentare la spesa medica e di conseguenza il debito, questo si collega ad incertezze diagnostiche e ad eccessive aspettative da parte dei pazienti. Una delle ragioni più comuni di assunzione di antibiotico nelle nazioni industrializzate è legato alle infezioni all’apparato respiratorio e sfortunatamente tali infezioni molto spesso non rispondono agli antibiotici. L’uso inappropriato di tali farmaci accresce i costi delle cure mediche, accresce il rischio degli effetti indesiderati e l’interazione con altri farmaci, e – soprattutto – aumenta il rischio per lo sviluppo di una antibiotico-resistenza.

Negli ultimi anni, molte agenzie della sanità e organizzazioni hanno promosso delle campagne d’informazione per ridurre il consumo di antibiotici inutili. Questi programmi includevano un addestramento nella prescrizione di questi farmaci e prove diagnostiche supplementari sui pazienti. Tuttavia si è potuto riscontrare una riduzione in pochi casi. Un nuovo studio apparso sul British Medical Journal ha valutato un altro metodo per la promozione di un consumo giudizioso dell’antibiotico, lo studio afferma che il metodo più efficace consiste in test diagnostici rigorosi e nell’intensificare la comunicazione medico paziente.

Lo studio della rivista ha valutato i casi di 413 pazienti con infezioni dell’apparato respiratorio ritenuti casi sospetti da 40 medici di base dell’Olanda. I dottori hanno usato il test della proteina C reattiva e hanno informato bene il paziente, si sono avvalsi di entrambe le tecniche o in alcuni casi hanno usato o una o l’altra. Questo approccio diagnostico centrato sul paziente è simile ad altri studi intrapresi e si è osservato che gli antibiotici venivano prescritti in maniera significativamente inferiore nel gruppo in cui veniva effettuato il test della proteina C reattiva rispetto al gruppo in cui questo test non veniva praticato ( 31% contro 53% ). Analogamente gli antibiotici venivano prescritti in maniera significativamente inferiore nel gruppo in cui vi era un’informazione più avanzata (27 %) rispetto al gruppo informato in maniera tradizionale ( 54%). Quelli che hanno impiegato in combinazione il test della proteina C reattiva e un’informazione più avanzata hanno prescritto gli antibiotici in numero sensibilmente inferiori. Queste differenti situazioni non hanno arrecato alcun disagio ai pazienti e nessuno ha lamentato carenze nei sistemi di cura.

Un impiego rigoroso e corretto degli antibiotici è assolutamente vitale per una riduzione del pericolo globale della resistenza agli antibiotici. Le richieste dei pazienti associata alla mancanza di informazioni e di educazione per una corretta prescrizione contribuiscono ad un abuso e ad un utilizzo improprio degli antibiotici. Questo studio è soltanto uno di una lunga serie di lavori in cui si promuove un approccio incentrato sul paziente, il quale include l’educazione e la comunicazione come fattori importanti nella riduzione del consumo inappropriato di antibiotici.

Sebbene la maggior parte degli operatori sanitari riconosce l’importanza di un utilizzo corretto degli antibiotici, tuttavia non sembra che ritengano questo un problema che li riguardi, infatti non hanno modificato le loro abitudini nella pratica delle prescrizioni nonostante la crescente resistenza agli antibiotici. Mentre gli autori dei questo studio stanno svolgendo una sensibilizzazione di un uso consapevole dei farmaci e soprattutto emerge il bisogno di mantenere un’attenzione costante in una sempre maggiore comunicazione medico paziente.

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