Nei nostri piatti si annidano anche dei ‘killer’ insospettabili, ovvero sostanze chimiche nocive per la salute, sul lungo periodo. Queste sfuggono a rilevazioni e monitoraggi perché non sono sono ancora stati imposti dei limiti o delle regole per il loro utilizzo. Sono colpiti soprattutto i bambini.
Queste sostanze pericolose, che sfuggono ai controlli, inquinano il cibo, passando direttamente dall’ambiente alla tavola. Oltre agli inquinanti ‘classici’, dalle diossine ai metalli pesanti, tenuti gia’ sotto controllo da vari programmi di monitoraggio, vi sono una serie di altre sostanze chimiche molto nocive soprattutto per gli effetti sul sistema endocrino: definite ‘interferenti endocrini‘, ad esempio il PBDE (una sostanza anti-fiamme utilizzata ad esempio nei pc), bisfenolo A (componente nelle plastiche) o ftalati (additivi per ammorbidire la plastica). Queste sostanze si liberano nell’ambiente e contaminano terreno, acqua e gli alimenti.
Pare che sia a rischio il sistema riproduttivo dei bambini, con possibili conseguenze anche per una maggiore incidenza dei tumori e danni allo sviluppo neurologico. I dati sperimentali indicano il rischio di effetti ritardati sullo sviluppo dell’organismo, a causa dell’esposizione prenatale o perinatale con effetti osservabili alla pubertà o nell’età adulta.
Vi è possibile correlazione, suggerita anche da studi epidemiologici, fra esposizione a questi e alterazioni riproduttive:
- infertilità maschile
- aborto spontaneo
- endometriosi
- diminuzione dei nati vivi maschi
- malformazioni dell’apparato riproduttivo (ad es., ipospadia e criptorchidismo)
- aumentata suscettibilità ai tumori del testicolo (seminomi) e di altri tessuti bersaglio.
Negli ultimi 20 anni, infatti, si e’ registrato un aumento delle patologie collegate all’azione di tali sostanze.