C’è un campo da tennis dentro ognuno di noi. O, se preferite, un appartamento. Stiamo parlando dei nostri polmoni, che, se venissero distesi, coprirebbero una superficie di circa 70 metri quadrati. Proprio come un campo da tennis (per essere precisi, la porzione di un solo giocatore). Questo spazio, compresso in due sacchetti di circa un chilo e mezzo l’uno, ci serve per fare dodici respiri al minuto, cioè 17 mila al giorno, e introdurre così 10 mila litri d’aria nel nostro organismo. Se così non fosse, non avremmo l’ossigeno per nutrire sangue, organi, cervello rifiuti dell’attività cellulare: si calcola che solo il 3 per cento dei rifiuti del corpo venga espulso con le feci, il 7 con l’urina, il 20 attraverso la pelle. E addirittura il 70 per cento attraverso l’espirazione (in forma di anidride carbonica). Eppure tutto avviene senza che ce ne accorgiamo. Respirare è un atto involontario, comandato dai centri pontini, che sono nella parte bassa del cervello, tra testa e collo. In pratica ci sono neuroni che attivano il riflesso della respirazione e altri che lo spengono, come interruttori che funzionano automaticamente. Nello stesso tempo, però, attraverso altri centri nervosi, quelli corticali, noi possiamo intervenire sulla respirazione e quindi decidere di fare un respiro più profondo o di trattenere il fiato.

Attenti ai radicali
Respirare è automatico, ma questo non significa che tutti lo facciano al meglio. È noto per esempio che bisogna respirare aria pulita, non fumare, fare moto per mantenere in esercizio tutto l’apparato respiratorio. I dati dicono che oggi il 10 per cento degli italiani soffre di una malattia respiratoria. E l’aumento registrato in questo tipo di malattie è in gran parte dovuto alla diffusione del fumo e all’inquinamento. Pochi sanno che, per vivere più a lungo, bisogna anche cercare di consumare meno ossigeno. Lo ha rivelato una ricerca Usa, condotta su animali: si è scoperto che riducendo l’apporto di cibo giornaliero diminuisce il consumo di ossigeno destinato all’attività cellulare e si vive più a lungo.

Come vivere di più
La spiegazione? Nel mitocondrio (una parte della cellula), durante la trasformazione delle sostanze in energia per l’organismo, avviene la formazione di radicali liberi dell’ossigeno. I radicali liberi sono tossici per la cellula e vengono eliminati grazie agli antiossidanti (vitamina C, A, selenio, betacarotene). Ma più il consumo di ossigeno è alto, più sono i radicali liberi e la cellula fatica a combatterli. Ecco allora alcuni consigli per limitare il consumo di ossigeno: fare pasti piccoli e frequenti, perché richiedono meno ossigeno per la digestione. Ridurre i carboidrati, perché il loro metabolismo aumenta la produzione di anidride carbonica e poi, per eliminarla, bisogna aumentare il ritmo respiratorio. Evitare, in generale, le calorie in eccesso. La natura, il cui scopo è mantenere l’equilibrio tra vegetali (che producono ossigeno) e animali (che lo consumano), non esita a eliminare chi eccede nella domanda di ossigeno. Troppo ossigeno dunque fa male. Ma anche troppo poco. Un’insufficienza respiratoria compromette, oltre all’attività dei vari organi, anche quella del cervello, diversi studi scientifici hanno dimostrato che un cervello poco ossigenato può subire danni come la perdita della memoria. Lo psicologo Andrew Scholey, dell’università di Newcastle, va oltre: sostiene che inalare piccole quantità di ossigeno puro per pochi secondi aumenta la capacità di ricordare quello che avverrà nelle ore successive.

Paura e voglia: l’asma
Ma i legami tra respiro e psiche non sono solo di natura chimica. Il respiro per esempio è uno strumento di comunicazione. Il solo fatto che per parlare si faccia uscire ed entrare aria nella bocca significa che, attraverso il respiro, comunichiamo con il mondo. Quando non si vuole comunicare con gli altri si smette di respirare. E arriva l’asma, ed è significativo che siano molti bambini a soffrirne: respirare è un atto di autonomia, perché è la prima cosa che facciamo venendo al mondo. Per il bambino respirare significa vivere, ma anche vivere da solo: dal punto di vista della psicosomatica, l’asma rappresenta il desiderio e insieme la paura di essere indipendenti.

Tosse e sospiri
Qualche volta il fiato esce in tosse, starnuti, sospiri. Sono impellenze fisiologiche, che però possono nascondere anche stati d’animo. Con i colpi di tosse si può esprimere un disagio, con il sospiro, che è un atto espiratorio lungo e forzato che serve (come lo sbadiglio) a liberarsi dall’anidride carbonica in eccesso, ci si libera dall’aria pesante che ci sta intorno. Infine lo starnuto: è la reazione a una situazione irritante. Non a caso chi è allergico starnutisce in primavera, quando la natura si rinnova e abituarsi al suo cambiamento costa fatica, in termini fisici e psicologici. Anche il ritmo del respiro è una spia delle emozioni che proviamo. Ci sono persone che respirano in modo sottile, quasi impercettibile. Così pensano inconsciamente di anestetizzarsi: respirare poco per loro equivale a sentire poco, un respiro sussultorio, cioè con l’espirazione non libera ma trattenuta, rivela invece tristezza. Poi c’è il respiro controllato, bloccato al torace: anziché scendere come dovrebbe, fino alla pancia, gonfia solo il petto e torna indietro. È un respiro normale nei momenti di concentrazione, ma se diventa costante, rivela un eccessivo stato di vigilanza.

Il ritmo giusto
Ma com’è il respiro delle persone serene? Uguale a quello degli animali: c’è un’inspirazione lenta, che fa muovere anche il diaframma, poi una pausa brevissima, e poi un’espirazione più rapida, ma non forzata. Quando si riesce a farla eseguire ai pazienti stressati, subito si nota che diminuisce la frequenza cardiaca, le mani si asciugano dal sudore, le tensioni muscolari si allentano. Segni evidenti di benessere.

Meglio aprire la bocca
In alcuni casi, però, bisogna accettare che il respiro abbia sbalzi e variazioni, perché sono naturali. Quando si fa sport, per esempio: il respiro accelera, e cercare di prender aria solo con il naso è sbagliato. Secondo le nuove tendenze della medicina sportiva è meglio assecondare le naturali esigenze dell’organismo e aprire la bocca. Anche quando abbiamo paura respiriamo velocemente, quasi ansimando. L’organismo infatti si prepara all’azione assorbendo più ossigeno. Chi soffre d’ansia invece interpreta questa accelerazione come segnale di pericolo per la salute. Cerca allora di rallentare il respiro, e di fare boccate più ampie. E ottiene l’effetto contrario: agitarsi ancora di più. Quando manca l’aria a causa dell’ansia, bisogna prendere meno aria e aumentare invece l’espirazione. Respiro alterato è anche quello dei momenti di piacere. Ma nessuno si spaventa, anzi. Il respiro del piacere è ritmato e sonoro. Quasi una musica.

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