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Category: medico paziente

2011: Medaglia d’oro alla Puglia per l’innovazione nel campo della Sanità.

Ogni anno l’ Osservatorio Aziende Sanitarie Italiane OASI del centro di ricerca CERGAS dell’Università Bocconi, pubblica un rapporto che presenta un’analisi del sistema sanitario nazionale e regionale. Il Rapporto Annuale 2011 dedica un intero capitolo ad una nuova esperienza nel campo sanitario: il low cost.

Lo studio dell’Osservatorio OASI sul low cost in sanità è nato da alcune importanti considerazioni: valutare le potenzialità della formula low cost applicata al settore sanitario, studiare motivazioni e modalità delll’emergere del fenomeno, individuare gli elementi che ne possono favorire o ostacolare l’adozione in sanità.

Nella ricerca sono state esplorate le prime esperienze di ambulatori low cost, fra le quali spicca quella del Poliambulatorio Sociale “Nuova Città” di Capurso (Bari) in quanto l’unico ambulatorio ad essere gestito da una ONLUS senza fini di lucro.
Questo Poliambulatorio, senza investitori, sta portando avanti il progetto “Nuova Città” innovativo e socialmente utile, che sta incontrando largo responso nella cittadina e dintorni.
Questo progetto nasce sposando la filosofia del low cost etico dove si possono incontrare qualità delle prestazioni mediche, facile e veloce accesso al servizio, attenzione alle esigenze del paziente, costi contenuti.
Oltre a “Nuova Città” sono state analizzate le esperienze del Sant’Agostino di Milano, di Welfare Italia e di MD ed in tutti i casi il «basso prezzo» si accompagna a un’idea altrettanto forte di qualità del servizio.

Il fenomeno della sanità low cost è in forte espansione in questi ultimi anni ed il motivo di questo è evidenziabile nelle parole del Dr. Daniele Aprile (Direttore Sanitario del Poliambulatorio Nuova Città): «Sappiamo che ci sono molti utenti che si trovano in difficoltà poiché di fatto non sanno a chi rivolgersi in caso di necessità. Questo perché da un lato, l’offerta di servizi pubblici non riesce a soddisfare completamente la domanda, dall’altro si incontra il privato che però spesso ha costi che, in pochi possono o vogliono permettersi. Nella struttura pubblica inoltre, il tempo dedicato alla visita è ridotto e risulta spesso difficile incontrare lo stesso medico, con una inevitabile spersonalizzazione dell’importante rapporto medico-paziente. La risposta a questo grande problema è offerta oggi dai primi ambulatori low cost, capaci di porsi in una posizione intermedia fornendo un’ottima alternativa all’utente.
Da noi, infatti, si incontra un’equipe medica stabile, i tempi d’attesa sono ridotti ( massimo 7 giorni) e la tariffa è di 45 euro per tutte le visite specialistiche presenti, garantendo ad ogni visita trasparenza e centralità al paziente
».

Dello stesso avviso è L’OASI che, nelle conclusioni del rapporto afferma: “… il modello low cost non solo ha mosso i primi passi, ma sembra avere ormai assunto una sua consistenza. Un primo elemento che emerge dai casi analizzati è proprio il superamento di una fase pionieristica in cui il problema principale era capire se il modello fosse compatibile con le caratteristiche del settore — domanda la cui risposta, come detto, non era affatto scontata — per entrare nella fase in cui gli attori coinvolti sono impegnati nella messa a punto di una propria specifica formula, i cui elementi di fondo hanno, però, già dimostrato una loro validità. In altri termini, che il low cost possa avere uno spazio in sanità sembra ormai assodato, rimane da vedere come i diversi modelli saranno capaci di configurare tale spazio in termini di ampiezza e di contenuti di servizio.
È difficile predire l’ampiezza di tale ruolo, ma il tipo di innovazione di cui è portatore e lo stimolo che già da oggi, per chi lo osserva con sufficiente attenzione, può venire al resto del sistema è sufficiente a giustificarne l’esistenza.”
Link al rapporto OASI, scaricabile in PDF

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“Dica 33” parte 2

Ecco la seconda parte del post sui medici di famiglia. La prima parte la trovate QUA.

2. Depresso? Proprio no In altri casi alla base di una corretta diagnosi c’è la conoscenza umana del paziente. M.M., 55 anni, sembrava per esempio essere caduto in depressione. La moglie l’aveva portato da uno psichiatra, che aveva tentato una cura farmacologica. Il suo medico di famiglia, E. M., lo conosceva da vent’anni come un uomo allegro ed estroverso. Quando la moglie lo portò in ambulatorio, capì che era impossibile che soffrisse di una depressione così grave. Constatò anche che M. M. aveva problemi di equilibrio. Mettendo assieme gli elementi, ebbe un sospetto: quell’uomo forse soffriva di un tumore cerebrale, che alterava anche la psiche. Gli esami confermarono la diagnosi: M. M. fu subito ricoverato. E guarì.
3. Corri anche se non credi Quanto infine sia importante una preparazione specifica lo dimostra quest’ultimo caso. Una notte, quando era medico condotto, P. C. sentì bussare alla porta. «Presto, dottore, mia moglie ha un mal di pancia terribile», implorava un agricoltore della zona. P. C. era perplesso: bisognava proprio uscire in piena notte per un semplice mal di pancia? Poi ricordò le parole di un suo docente universitario: «Dolore addominale, dolore precordiale, trauma cranico: correte anche se non ci credete ». Prese la sua valigetta e si incamminò. Scoprì così che il mal di pancia era in realtà provocato dalle doglie: la donna era incinta. P. C. si improvvisò ostetrico e in pochi minuti il bambino nacque

Mal di schiena: da chi vai?
Il medico di famiglia non è un tuttologo. Se dunque il paziente soffre di un disturbo serio, è corretto che consigli di consultare uno specialista. Spesso, tuttavia, i malati scavalcano il medico di famiglia e decidono da soli a chi rivolgersi. Una scelta simile può rivelarsi fonte di guai: se si consulta il professionista sbagliato, si perdono tempo e denaro. Reumatologo? Un esempio classico è il mal di schiena. Il primo dilemma è: ortopedico o reumatologo? Solo il medico di famiglia può dirlo, verificando se il disturbo alle ossa è di tipo infiammatorio – e allora si va dal reumatologo – oppure no. Ma possono esserci altre cause. Gastroenterologo? Un male alla spalla destra, in una particolare posizione, può essere provocato dalla colecisti, l’organo che raccoglie la bile: in questo caso serve un gastroenterologo. O dentista? Anche un problema di masticazione può causare dolori alla schiena: lo specialista giusto è allora il dentista. Un’ulteriore causa può essere un’ernia al disco, da sottoporre a un neurochirurgo.

Vertigini: dal neurologo? La testa gira, si soffre di vertigini: un errore classico è quello di rivolgersi subito a un neurologo. O otoiatra? I disturbi all’equilibrio, in molti casi, sono determinati dalla labirintite, l’infiammazione di una parte dell’orecchio interno, che dev’essere curata da un otoiatra. E i pruriti? Infine, un altro tranello: un prurito alle gambe accompagnato da problemi alla pelle come eczemi o ulcerazioni non è necessariamente un sintomo da sottoporre al
dermatologo. I disturbi possono essere provocati da vene varicose e in tal caso lo specialista giusto è l’angiologo.

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“Dica 33” parte 1

Percuote con le dita, usa vecchi trucchi: ma alla fine il medico di famiglia capisce meglio di chiunque come stiamo. Ecco come fa e perché il suo ruolo è così importante

Qual è la figura più gradita ai cittadini-pazienti all’interno del Servizio sanitario nazionale? Secondo un recente sondaggio, è il medico di famiglia. Sì, è proprio il medico della Usl, il medico di medicina generale, quello che la legge di riforma sanitaria definisce “medico di base”. Una figura cruciale nella tutela della salute. A differenza degli specialisti, infatti, che tendono a guardare al paziente “a pezzi”, cioè a vedere solo il suo cuore, il suo fegato o le sue ossa, il medico di famiglia è l’unico professionista della salute che cura in modo globale, e conosce sia il corpo sia la psiche del paziente.

Settemila esami
Il lavoro del medico di famiglia è profondamente cambiato negli ultimi anni. Una volta il rapporto con i pazienti era ancora più stretto. I vecchi medici condotti, che seguivano un territorio con i suoi abitanti, entravano più spesso nelle case della gente. E magari non avevano bisogno di fare un’anamnesi accurata sulle malattie familiari del paziente perché conoscevano personalmente nonni, zii, parenti. Ma era diversa anche la medicina. Alla fine degli anni ’40, gli esami diagnostici che si potevano prescrivere erano in tutto una decina. Oggi si può arrivare a oltre settemila. È ovvio che in queste condizioni per guarire il malato il medico di famiglia doveva basarsi sulle sue conoscenze teoriche e pratiche.

Diagnosi a base di “erre”
Nella preparazione universitaria veniva data grande importanza alla semeiotica, cioè all’esame del paziente con metodi non strumentali. Un esempio classico è il celebre “dica trentatré”. Attraverso la vibrazione vocale prodotta dalle erre in questa parola, il medico può capire se ci sono malattie a livello del torace, appoggiando semplicemente il margine della mano in alcuni punti. In caso di pleurite con presenza di liquido nei polmoni, per esempio, la vibrazione è molto smorzata. Grande rilievo veniva dato anche alla palpazione di tutto il corpo, all’auscultazione – fatta appoggiando l’orecchio sul torace del paziente – e alla percussione – cioè alla tecnica di battere con un dito sul dito medio dell’altra mano appoggiato sulla parte del corpo da esaminare. I suoni erano la Bibbia del medico di famiglia: al suo orecchio allenato ogni piccola variazione era il biglietto da visita di una malattia. C’erano anche meno farmaci pronti, si davano le indicazioni al farmacista per preparare la medicina giusta.

I nuovi medici europei
I progressi degli ultimi decenni hanno portato a una sempre maggiore frammentazione del sapere medico. Ogni specializzazione – in Italia ce ne sono oltre cento – prevede numerose sottospecialità, con il risultato che i giovani laureati che vanno a fare i medici di base non hanno più la capacità di avere una visione d’insieme dei loro pazienti. Per fortuna la situazione sta cambiando, la legislazione europea, alla quale anche l’Italia si è adeguata dal 1995, ha imposto una preparazione specifica. Per diventare medico di famiglia si deve seguire un corso biennale post-laurea, che prevede anche un tirocinio in un ambulatorio, con un medico che fa da “tutor” . E anche l’università si sta adeguando. È in atto una ristrutturazione del curriculum di studi medici, che darà più spazio alla medicina extraospedaliera e al rapporto con il paziente.

Tre casi esemplari
Predisposizione a capire e conoscere il paziente, grande intuito e capacità di prendere decisioni rapide: sono queste le doti che un bravo medico di famiglia deve avere. In situazioni critiche, infatti, i suo ruolo può rivelarsi cruciale. Ecco alcuni casi esemplari.
1. Sorda, non pazza Talvolta gli specialisti non riescono ad avere dal paziente neppure le informazioni più banali. G. A., 70 anni, colta da vertigini, era ricoverata in ospedale. Si sospettava un problema di tipo neurologico: alle domande dei medici, la donna rispondeva infatti in modo sconclusionato. Fu chiamato M. B., da anni medico di famiglia della donna. Che in un attimo risolse il caso. Come? Urlando le domande nell’orecchio della paziente. La signora infatti era sorda e non l’aveva detto. E questo, oltre a causare incomprensioni, aveva orientato in modo sbagliato la diagnosi. La causa delle vertigini doveva essere cercata nell’orecchio.

Fra due giorni la seconda parte! Se ti va, nella parte destra del blog puoi cliccare sull’elefantino per iscriverti ai feed o puoi inserire la tua email per ricevere gli articoli nella tua posta elettronica!

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5 segreti che il tuo medico vuole farti sapere.

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Ecco un piccolo elenco di 5 “segreti” che il tuo medico vuole farti sapere!

Non ti preoccupare dei peli sulle gambe
Non so come dirvelo ma a me a tutti i miei colleghi non importa se non ti sei depilata, se le tue unghie non sono curate o se i capelli non sono in ordine.

E dillo!
Ogni dottore ha qualche paziente che mentre è sul punto di uscire dalla studio si gira e dice “Ah dottore un’ultima cosa: ho dolori mentre urino”. Ecco questo e tenti altri sintomi che vengono detti sulla porta sono dei sintomi importanti che dovresti dire prima perchè aiuterebbero molto la diagnosi. Quando ti visitano cerca di dire più cose possibile.

Sii onesto
Spesso chiedo ai pazienti se fanno esercizio fisico e loro mi rispondono più o meno tutti così:”si ne faccio tantissimo!”. Poi iniziano a raccontare di come portano i loro figli a scuole di tutti i servizi che fanno etc etc. Essere molto impegnati non corrisponde però a fare esercizio fisico. Per esercizio fisico si intende almeno una camminata veloce di mezz’ora al giorno.

Chiedi una secondo parere ma non a tua madre.
Per favore non andare in giro chiedere un secondo o terzo o quarto parere finchè non ti vien data la risposta che vuoi. Chiedete, se proprio volete, un secondo parere ad un collega e poi valutate il da farsi ma attenti che questo può spesso causarvi tanta confusione. Sottolineo la parola collega perchè spesso il secondo parere lo chiedete a vostra madre o ad un’amica…

Non fatevi dare consigli sulla vostra pelle da una commessa.
Ci sono persone che spendono anche 300 euro in profumeria ma che fanno moltissima fatica a pagarne 50 o 100 ad un dermatologo. C’è solo una piccola differenza: la commessa che vi dà tutti quei bei consigli sulla vostra pelle è solo una ragazza a cui preme vendere il più possibile…

Fonte

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Informarti su internet non fa di te un medico.

dottore pc

Dati recenti ci informano che oltre il 60% dei pazienti americani (percentuale che è di sicuro minore in Italia ma cresce giorno dopo giorno) consultano il web prima di rivolgersi ad un dottore.

Questo è certo una cosa buona, e va persino incoraggiata, ma i problemi sorgono quando iniziano a credere che queste informazioni possono prendere il posto di una consiglio dato da un medico in carne ed ossa.

In america questi “pazienti” vengono oggi definiti come “amateur physicians” ovvero “medici amatori” e sono caratterizzati da credere di sapere molto di più di quanto in realtà sanno. C’è però un pericolo nel avere troppe informazioni e nell’essere incapaci di applicarle correttamente. Infatti, ad esempio, avere le informazioni per costruire un’automobile non significa certo che tu sia in grado di costruirla davvero.

Ci sono infatti un paio di cose che non si possono trovare online, non sono gratuite e richiedono 6 anni di laurea e 5 di specializzazione: l’occhio clinico e il giudizio cinico. Il primo permette al medico di farsi un’idea solo guardando il paziente, il secondo invece permette al cervello del medico di processare tutte le informazioni teoriche e pratiche acquisite nel corso degli anni per arrivare a dare una diagnosi o quanto meno un’ipotesi diagnostica. Si parla quindi di anni e anni di teoria e pratica che di certo non sono paragonabili alla mezz’ora che si impiega per una ricerca online.

Infine vorrei ricordare che anche un parere di un medico che “visita” i suoi pazienti online non è certo accurato perchè per fare una buona visita il medico deve usare 4 sensi: il tatto (es. per palpare l’addome o per sentire il fremito vocale tattile), l’udito (es. auscultare i polmoni), la vista (es. vedere una lesione cutanea), l’olfatto (es. sentire il caratteristico odore di un’infezione). Inutile dire che per usare i 4 sensi (il gusto per fortuna non dobbiamo usarlo…) serve una visita dal vivo.
Fonte

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Dottore non ti capisco!

dottore

Quando i medici parlano lo stesso linguaggio dei loro pazienti, è molto più probabile che questi ultimi non solo seguano accuratamente le istruzioni ricevute, ma escano dall’ ambulatorio più contenti e sollevati dalle proprie preoccupazioni.

Lo confermano due ricercatori inglesi, Nigel Williams e Jane Ogden, del Department of General Practice della Guys Kings and St Thomas’ School of Medicine di Londra, dopo aver portato a termine una ricerca pubblicata sulla rivista Family Practice.

Curioso lo sforzo al quale è stato sottoposto il medico nel cui ambulatorio si è svolto lo studio. Il medico ha infatti dovuto, innanzitutto, selezionare 60 pazienti con problemi particolarmente difficili da affrontare dal punto di vista della comunicazione, perché affetti da disturbi che coinvolgevano l’ apparato sessuale o quello escretorio. Poi, con un primo gruppo casuale di pazienti, ha parlato utilizzando i termini normalmente impiegati dai medici, mentre con il secondo gruppo ha utilizzato le parole del linguaggio corrente, quelle usualmente impiegate dalle persone per descrivere i propri disturbi, e nello specifico utilizzate dai pazienti durante la visita per presentare i propri disturbi. Ad esempio, il termine “organo genitale maschile”, nel secondo gruppo diventava “pisello”, “avere un rapporto sessuale” diventava “fare l’ amore”, le “natiche” il “sedere”. Attraverso queste differenziate modalità di comunicazione si è confermato il fatto che le persone non solo si sentono più a proprio agio quando il medico utilizza termini correnti ma, effettivamente, riescono a seguire meglio le prescrizioni.
Secondo la dottoressa Ogden, che ha condotto lo studio, «riutilizzare le parole dette dall’ altro è uno dei modi attraverso i quali facciamo sentire le persone a loro agio nelle conversazioni di tutti i giorni, e non vi è alcuna ragione plausibile perché una visita medica dovrebbe funzionare in maniera differente».

Incomprensioni
Questa ricerca non è una semplice curiosità, ma getta una luce sulle possibili incomprensioni che si verificano all’ interno degli ambulatori, anche quelli dei medici di famiglia, i quali, fra i loro tanti compiti, hanno quello di aiutare le persone a muoversi nel sempre più complesso universo della medicina contemporanea. Inoltre, i risultati di questo studio entrano a far parte di un settore che negli ultimi anni sta conoscendo un grande sviluppo e che gli anglosassoni chiamano “Health Literacy”, che si potrebbe tradurre in italiano come “alfabetizzazione sanitaria”.
Diversi studi stanno esplorando lo sviluppo delle conoscenze che la gente comune ha nel settore medico-sanitario e come l’ esistenza o meno di tali conoscenze influisca sulla qualità delle cure. E il problema non è di piccola portata: è stato stimato che solo negli Usa ci sono circa 90 milioni di persone la cui salute è a rischio perché non sono in grado di comprendere adeguatamente importanti informazioni di tipo sanitario.

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