Psiche e Soma

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Ansiolitici: lo sapevate che…?


In questo post prendo in esame i farmaci ansiolitici, soffermandomi sul Delorazepam, di cui esiste sia il generico che il commerciale (il famoso “En”). E’ uno degli ansiolitici più venduti al mondo, è un farmaco derivato dalla benzodazepine.

Ci sono alcune informazioni che riguardano questi farmaci che non sempre il paziente riceve al momento della prescrizione, o, se le riceve, è il paziente stesso a sottovalutarle.

Lo sapevate che viene spesso prescritto inutilmente?
Partiamo dalle indicazioni terapeutiche e p
rendiamo i dati dal bugiardino: “Stati di ansia. Squilibri emotivi collegati a stress situazionali, ambientali e ad affezioni organiche acute e/o croniche. Distonie neurovegetative e somatizzazioni dell’ansia a carico di vari organi ed apparati. Sindromi psiconevrotiche. Nevrosi depressive. Agitazione psicomotoria. Stati psicotici a forte componente ansiosa e con alterazioni dell’umore. Disturbi del sonno di varia origine.”
E infine, da notare bene: “Le benzodiazepine sono indicate soltanto quando il disturbo è grave, disabilitante o sottopone il soggetto a grave disagio.”

A questo punto sorge una domanda: chi deve prescrivere l’ansiolitico? Ovvero chi è meglio in grado di diagnosticare uno dei disturbi elencati fra le indicazioni terapeutiche?
I più indicati sono gli psichiatri, i neurologi e i medici di famiglia. Agli altri specialisti, ad esempio quelli che sospettano “somatizzazioni dell’ansia a carico di vari organi ed apparati”, suggerirei solo di indicare l’ansia come possibile causa della patologia che hanno diagnosticato e di indirizzare il paziente presso uno dei tre specialisti prima elencati. I motivi principali, per cui i colleghi delle altre discipline dovrebbero solo indicare la via e non prescrivere il farmaco sono:  la somministrazione va seguita nel tempo; va valutato il percorso che porta alla sospensione; va fatta una visita finale. Ve lo immaginate ad esempio un cardiologo che vi visita per sapere come va l’ansiolitico? Non vi sembra un po’ fuori luogo?

In qualsiasi caso andrebbe comunque fatta una corretta a approfondita anamnesi (soffermandosi sugli aspetti psicologici del paziente) che miri a capire le cause e a trovare le soluzioni adatte ad ogni singolo caso.

La parte che però ritengo fondamentale è quella finale. Siamo certi che le benzodiazepine siano prescritte solo quando il disturbo è grave, disabilitante o sottopone il soggetto a grave disagio? Se fosse così sarebbe difficile spiegare il motivo per cui sono fra i farmaci più venduti al mondo. Un’ipotesi potrebbe essere questa: i medici non conoscono o non si fidano delle alternative. Quali sono? La psicoterapia e/o i rimedi naturali (tra questi i più utilizzati e conosciuti sono la valeriana, la passiflora, il biancospino e l’iperico). Come molte ricerche scientifiche dimostrano (ad esempio “Efficacia della psicoterapia nel trattamento del disturbo di panico con agorafobia” link), non c’è nessuna differenza fra questi rimedi e il farmaco.

Lo sapevate che viene spesso assunto per mesi o per anni?
Adesso vediamo la posologia e modo di somministrazione, s
empre dal bugiardino: “Il trattamento dell’ansia dovrebbe essere il più breve possibile. Il paziente dovrebbe essere rivalutato regolarmente e la necessità di un trattamento continuato dovrebbe essere valutata attentamente, particolarmente se il paziente è senza sintomi. La durata complessiva del trattamento, generalmente, non dovrebbe superare le 8-12 settimane, compreso un periodo di sospensione graduale. In determinati casi, può essere necessaria l’estensione oltre il periodo massimo di trattamento; in tal caso, ciò non dovrebbe avvenire senza rivalutazione della condizione del paziente.

Una domanda: quante persone conoscete che prendono ansiolitici senza sosta da diversi anni? C’è davvero qualcosa che non quadra! Questa è una di quelle informazioni che dovreste sapere tutti, la prima informazione che il medico dovrebbe dare al paziente, preoccupandosi che il paziente l’abbia ricevuta bene sia in prima battuta che nelle successive visite di controllo.  A giudicare dai risultati non credo che sia così.

Lo sapevate che l’assunzione causa una dipendenza difficile da curare?
Vediamo le speciali avvertenze e precauzioni per l’uso, d
al bugiardino: “L’uso di benzodiazepine può condurre allo sviluppo di dipendenza fisica e psichica da questi farmaci. Il rischio di dipendenza aumenta con la dose e la durata del trattamento; esso è maggiore in pazienti con una storia di abuso di droga o alcool. Una volta che la dipendenza fisica si è sviluppata, il termine brusco del trattamento sarà accompagnato dai sintomi di astinenza.
Lo sapevate? Sapevate anche che aumenta con il passare del tempo? Che dopo anni di uso continuato curare la dipendenza da ansiolitici è difficile quanto curare la dipendenza da alcool o droghe?
Infatti i pazienti che sono diventati dipendenti dalle benzodiazepine, alle dosi terapeutiche, normalmente sono accumunati da diverse delle seguenti caratteristiche (cfr. The Ashton Manual):

  • Hanno assunto benzodiazepine su prescrizioni mediche in dosi “Terapeutiche” (normalmente basse) per mesi od anni.
  • Hanno, gradualmente, sentito il bisogno di assumere benzodiazepine per svolgere le normali attività quotidiane.
  • Hanno continuato ad assumere benzodiazepine, nonostante il motivo che ne aveva in origine fatto scaturire la prescrizione fosse cessato.
  • Hanno difficoltà a sospendere l’assunzione del farmaco, o a ridurlo, a causa dell’insorgere dei sintomi da astinenza.
  • Nell’assunzione di benzodiazepine ad emivita breve,  sviluppano sintomi di ansia, tra una somministrazione e l’altra, o hanno un forte desiderio di assumere la dose seguente.
  • Contattano regolarmente il loro medico per ottenere ripetutamente le ricette necessarie per continuare il trattamento.
  • Diventano ansiosi se la ricetta successiva non è subito disponibile. Devono avere sempre con sé il farmaco. Possono assumerne una dose prima di un evento che ritengono possa loro generare stress, o nel caso di dover trascorrere una notte in un luogo diverso dalla solita camera.
  • Possono aver aumentato la dose, rispetto a quella indicata, inizialmente, nella prima prescrizione medica.

Se la risposta a tutte e tre le domande è stata si vi faccio i miei complimenti, siete persone ben informate e probabilmente anche il vostro medico ha saputo fornirvi tutte le indicazioni necessarie. Se invece la riposta anche ad una sola delle domande è risultata negativa ed assumente una benzodiazepina da più di 8-12 settimane, vi consiglierei di tornare dal vostro medico (o da uno specialista) e cercate urgentemente una soluzione.

Bibliografia
Monografia Delorazepam
The Ashton Manual
Articolo scientifico “Efficacia della psicoterapia nel trattamento del disturbo di panico con agorafobia”
Pagina wikipedia Delorazepam

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C’è un nuovo batterio resistente a tutto!

Secondo un report pubblicato sul Lancet, una nuova mutazione che rende i batteri resistenti a quasi ogni antibiotico conosciuto per l’uomo si è diffusa sempre più nel subcontinente indiano ed è già “emigrata” sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti. Poiché la medicina moderna non può fare nulla per fermarlo, il “superbatterio” NDM-1 potrebbe facilmente diffondersi a livello globale.

L’NDM-1 (o New Delhi metallo-beta-lattamasi) è una mutazione genetica che protegge molti dei più comuni batteri nocivi come l’E. coli e la Klebsiella pneumoniae, con una resistenza agli antibiotici che può anche sopportare i carbapenemi, ovvero gli antibiotici utilizzati come ultima risorsa, quando più comuni farmaci oramai non hanno più effetto. Quel che è peggio è che il gene è stato trovato su plasmidi – piccoli pezzetti di DNA in grado di spostarsi facilmente tra i ceppi di batteri. I dettagli dello studio che ha monitorato la migrazione transcontinentale di questa mutazione sono descritti in questo articolo scritto da Tim Walsh per la rivista The Lancet Infectious Diseases.

Le parole che ha usato Walsh non sono per nulla rassicuranti (!!!) “Questa è potenzialmente la fine. Non ci sono antibiotici in cantiere che hanno attività contro gli Enterobacteriaceae con la mutazione NDM 1.”

La cosa preoccupante è che il gene è molto mobile e non ci sono proprio cure per sconfiggere i batteri con il gene mutato ed è quindi quasi impossibile rallentare la sua diffusione. Alternative agli antibiotici, come i batteriofagi potrebbero essere efficaci nel frenare la diffusione, ma nella pratica medica standard antibiotici sono il nostro modo di trattare le infezioni batteriche e, anche se un trattamento sperimentale è risultato essere efficace ci vorrà un bel po ‘ di tempo per farlo approvare.

Nell’articolo del New York Times (che sto usando come fonte per questo post) dicono che in realtà in giro ci sono molti batteri altamente resistenti (l’MRSA ad esempio), ed ogni volta che ne arriva uno nuovo sulla scena batterica, vengono immediatamente prospettate scene apocalittiche salvo poi, dopo qualche mese, rivedere il tutto e dire che c’è solo una minaccia ma che la situazione non è critica (è già successo 10 anni fa quando un batterio molto resistente si diffuse negli ospedali newyorkesi).

Anche io credo sia molto probabile che sia un tantino esagerato dire che non c’è più via di scampo e che moriremo tutti, ma vorrei vedere questa notizia sotto una prospettiva ancora differente. A differenza dell’influenza suina, la cui notizia è servita solo a vendere antibiotici, in questo caso un po’ di sano panico potrebbe contribuire a ridurre l’uso smodato di antibiotici ed infatti, stranamente, i grandi media sembra che non si siano accorti di questa ghiotta notizia.

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In cucina, cinque miti da dimenticare.

Mal di pancia e nausea, spesso attribuiti a presunte influenze addominali, sono invece molto più di frequente sintomi di gastroenteriti provocate da cibi, che noi stessi abbiamo lasciato inquinare da germi trattandoli con troppa disinvoltura. Ecco, allora, come migliorare le nostre abitudini in base alle ricerche più recenti e ai consigli forniti dalla rivista americana Consumer Report, che ha identificato 5 “miti” sull’ igiene in cucina, sui quali è meglio fare chiarezza.

1. Il pollo va lavato prima della cottura.
No, la cottura in genere uccide i germi che possono trovarsi sulla superficie di polli, bistecche e di altri tagli di carne. Il risciacquo preventivo, anzi, può essere causa di inquinamento. L’ acqua di lavaggio della carne si carica di germi e inquina lavandino, canovacci usati per asciugarla, spugnette utilizzate per il lavandino. Per tenere alla larga i batteri, maneggiare la carne con cura: all’ acquisto metterla in un sacchetto a parte, così che i succhi non contaminino altri alimenti; usare un tagliere solo per le carni; asciugare con panno-carta (da buttare) i succhi sui ripiani o in frigo; lavare con acqua calda e sapone lavandino, piani di lavoro, coltelli, spugnette (queste in lavapiatti, in lavatrice o in acqua e candeggina).

2. Taglieri di plastica o vetro sono più sani di quelli di legno.
Alcune ricerche lo sostengono, altre dicono che alcuni tipi di legno hanno proprietà antimicrobiche. In mancanza di certezze, un tagliere vale l’ altro, purché sia pulito: lavando entrambe le superfici dopo averlo usato con acqua e candeggina o sapone, sciacquare accuratamente, asciugare con panno-carta. Usate taglieri diversi per la verdura, per la carne, per il formaggio.

3. I cibi contaminati si riconoscono dalle alterazioni di colore, odore, sapore.
E’ vero che i germi potenzialmente pericolosi per la nostra salute si sviluppano con più probabilità negli alimenti che non sono più freschi. Perciò, è opportuno controllare per prima cosa che i cibi presentino caratteristiche di freschezza. Tuttavia, i germi potenzialmente pericolosi spesso non sono gli stessi responsabili dell’ alterazione degli alimenti. La freschezza, quindi, può ridurre il rischio di intossicazione, ma non può garantire che un alimento sia sano.

4 Il freddo uccide i batteri.
Il congelamento riduce l’ attività dei batteri, ma ne uccide pochi. Quando il cibo si scongela, i microbi riprendono a moltiplicarsi (il freddo rompe le cellule dell’ alimento e rende più disponibili le sostanze di cui i germi si nutrono). Scongelate in frigo o nel forno a microonde, ma poi cuoceteli subito, perché le microonde possono favorire la proliferazione dei germi.

5 Non si possono ricongelare gli alimenti scongelati.
Cibo scongelato a temperatura ambiente o nel microonde non può essere ricongelato. Se è stato invece scongelato in frigo, potete ricongelarlo, purché subito. Cibo scongelato e ben cotto può essere ricongelato: entro 2 ore dalla cottura se tenuto a temperatura ambiente, se messo subito in frigo anche dopo un giorno o due.

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Allergie da cosmetici.

Pensate di conoscere davvero gli ingredienti dei cosmetici che usate ogni giorno? Chi vi dice se le concentrazioni dei vari ingredienti è tale da svolgere la funzione per cui sono stati acquistati? E in caso di allergia nota, è sufficiente leggere l’ etichetta?

I cosmetici sono sostanze destinate ad essere applicate su superfici esterne del corpo, denti e mucose della bocca, per pulirli, profumarli, proteggerli, modificarne l’ aspetto, mantenerli in buono stato e non possono avere, né vantare, attività terapeutiche. Generalmente i prodotti cosmetici sono costituiti da una lunga sfilza di ingredienti. Solo alcuni, però, svolgono la funzione desiderata. Gli altri sono “eccipienti”, cioè sostanze che veicolano i principi attivi.
Secondo la legge, l’ etichetta deve riportare tutti gli ingredienti in ordine decrescente di peso, ad eccezione di quelli in concentrazione inferiore all’ 1%, che possono essere elencati in ordine sparso, e delle impurezze, che non devono essere indicate, ma vanno considerate al fine della “sicurezza”. Le sostanze aromatizzanti sono indicate come “profumo”, “parfum” o “aroma”. Gli ingredienti cosmetici debbono poi essere indicati secondo la nomenclatura prevista dall’ Inventario europeo degli ingredienti cosmetici.

I dubbi
Leggendo l’ etichetta noi possiamo, dunque, capire quali sostanze sono presenti in quantità maggiore rispetto alle altre, ma non abbiamo indicazioni circa la loro concentrazione esatta. Una carenza non da poco,infatti dall’etichetta non è possibile sapere, ad esempio, se in una crema la vitamina E ha una concentrazione adeguata a svolgere l’ azione “antiossidante” o “antirughe” promessa. Leggendo gli ingredienti il consumatore può decidere di acquistare un cosmetico che, ad esempio, contiene sostanze di cui siano provate o pubblicizzate caratteristiche di efficacia o di innocuità. Oppure può “scartare” quelli che ritiene contengano composti che possano avere su di lui effetti negativi. Sempre che vengano rispettate le regole….

Il problema delle allergie è difficilmente superabile. Le sostanze più frequentemente responsabili delle allergie ai cosmetici sono: coloranti, conservanti e profumi. Mentre conservanti e coloranti sono indicati in etichetta (spesso, tuttavia, i secondi sono indicati con il numero “Color Index” comprensibile solo agli addetti ai lavori), i composti odoranti sono indicati solo con Parfum o Profumo. Per il consumatore è quindi difficile conoscere gli ingredienti esatti del prodotto. A complicare le cose, poi, c’ è il problema dell’ INCI name delle sostanze di derivazione vegetale.
L’ Inventario prevede che venga indicato in etichetta solo il nome della specie botanica da cui i composti originano, ma non sempre chi è allergico ad una sostanza sa se questa è contenuta anche all’ interno di qualche pianta. Chi è “sensibile” all’ Aspirina, e quindi all’ acido acetilsalicilico, ad esempio, non sempre sa che l’ acido salicilico è presente nel Salice, nell’ Olmaria e nella Gaultheria.

Ma che significa ipoallergenico?
L’ uso del termine “ipoallergenico” nella descrizione di un cosmetico dovrebbe essere sconsigliato, perché confonde il consumatore. Gli studi condotti per evidenziare tale prerogativa non sembrano fornire sufficienti garanzie di attendibilità e suscitano problemi etici se condotti su esseri umani. Già nel 1980 una circolare del Ministero della Sanità definì l’ uso dei termini “anallergico” o “ipoallergico” inopportuno. Nonostante ciò le definizioni continuano ad essere usate sui cosmetici italiani ed europei. C’è da capire che è impensabile realizzare prodotti di largo consumo che non determinino nella popolazione qualche reazione allergica. Tempo fa anche l’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, giudicò ingannevole il termine “ipoallergenico” proposto in alcune pubblicità. «La parola – si affermava – presuppone lo svolgimento di studi clinici e analisi di laboratorio dai quali risulti che il cosmetico è meno allergenico di prodotti simili. Le prove, però, di solito riguardano solo i principi attivi e non il prodotto nella sua interezza. In ogni caso, la differenza tra i cosmetici ipoallergici e gli altri appare ingiustificata, in quanto tutti gli ingredienti ammessi sono in grado di garantire un uso sicuro nella generalità dei casi, ma quando si parla di cosmetici non esiste modo di escludere un’ effetto allergizzante sull’ universo dei consumatori».

Quanti e quali casi ci sono di allergie ai cosmetici?
Il 6% degli italiani ha problemi di dermatite da contatto e più della metà di questi casi non ha origine in ambito lavorativo. I dati sono già emersi da uno studio epidemiologico durato 15 anni (1984-1998) e realizzato dal Gruppo Italiano Ricerca Dermatiti da Contatto e Ambientali. Secondo i ricercatori, nel periodo di tempo considerato, almeno 1.740.000 italiani hanno registrato un caso di dermatite allergica da contatto extra professionale, di questi 475 mila hanno individuato la causa nell’ uso di un cosmetico. Va precisato che, se dopo l’ uso di un rossetto, una crema, un deodorante si forma sulla pelle un’ irritazione non sempre si è in presenza di un’ allergia: spesso si tratta solo di dermatiti da contatto irritanti di modesta entità (prodotti spesso irritanti sono shampoo, lozioni, creme per il viso, matite, ombretti, mascara). Le vere dermatiti allergiche da cosmetici (il 27,3% di quelle da contatto extra professionali) si manifestano come una reazione infiammatoria locale e sono un problema più serio. Si caratterizzano perché, quando la persona viene sensibilizzata dall’ agente allergenico, si manifesta una reazione destinata a ripetersi ogni volta.
Le dermatiti allergiche da contatto sono in aumento: oggi anche gli uomini e perfino i bambini fanno uso di cosmetici. Più frequentemente responsabili sono sostanze a basso peso molecolare che si trovano soprattutto in profumi, coloranti delle tinture per capelli, eccipienti e conservanti presenti in quasi tutti i cosmetici.
Per i profumi, un problema in più: i test di prova comprendono 8 fragranze e questo gruppo non può essere aggiornato con nuove essenze perché i profumieri ritengono lesivo dei loro interessi divulgarle. E la legge non obbliga a dichiarare in etichetta l’ elenco delle essenze aggiunte.

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Le sofisticazioni alimentari.

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Sofisticare significa adulterare, alterare una sostanza, contraffarla. Un procedimento punito a norma di legge. Ma può essere legale?
Alla definizione di “sofisticazione alimentare” concorrono due componenti. Una, la contraffazione. Due, il limite di legge.
Contraffare, adulterare, celare sotto mentite spoglie, evocano attività da contrabbandieri o da ladruncoli con mascherina nera, gesti compiuti di soppiatto, nell’ombra. Nella realtà sono purtroppo registrabili oggi, da parte di diversi produttori o delle loro lobby a livello europeo, ripetuti tentativi d’invasione progressiva in diverse zone grigie: o verso l’utilizzo di ingredienti simili a quelli originali, ma meno costosi approfittando di lacune legislative, o verso la statuizione della facoltà di commercializzare prodotti truffaldini, anche con scritte, immagini e packaging ingannevoli.
Vino senza uva, aranciate senza arance, formaggio senza latte. Sono già legali l’aroma burro al posto del burro, l’aroma fumo al posto dell’affumicatura, finta panna di grassi idrogenati in confezioncine che la ritraggono con un paio di fragole sullo sbruffo, olio di oliva in una bottiglia che ne contiene solo il 5%, bibite alla frutta senza quel frutto, risotto al tartufo senza tartufo…

In aggiunta a tutto questo, negli ultimi anni l’Europa è venuta all’arrembaggio delle produzioni agricole nostrane. Solo nell’ultimo lustro hanno avanzato richieste di legalizzare bibite all’arancia senza arance (nel gennaio 2009, a quattro anni di distanza dal primo tentativo, hanno riprovato a far passare un progetto di legge in Senato, stoppato alla Camera); sostituire il succo della frutta con aromi e coloranti; il vino “senza uva” realizzato dalla fermentazione di frutta; il rosé ottenuto miscelando vini bianco e rosso anziché dalla tradizionale vinificazione in bianco delle uve rosse (autorizzazione rientrata nel giugno 2009); cioccolato con grassi diversi dal burro di cacao; formaggio prodotto a partire da cascina e caseinati invece del latte (solo questo ha reso possibile portare in Italia nove miliardi di chili in equivalente latte nel 2008 da spacciare come made in Italy).

Gusto e aroma, indizi di colpevolezza.
E’ tuttora illegale smerciare una cosa dicendo che è un’altra, ma con packaging raffinati ci si può avvicinare molto. C’è però sempre qualche indizio che smaschera l’autentica natura del prodotto. Questo indizio è da cercare sulla confezione. Le parole “gusto”, “aroma”: “al gusto di”, “aroma di” vuol dire che non ce n’è, dentro.

100%, indizio di innocenza.
Ci sono al contrario indicatori di autenticità del prodotto. Una cifra, una percentuale, una frase in più. L’etichetta è ciarliera o reticente? La primae più grande azienda del biologico in Italia da vent’anni avvolge i suoi vasetti di yogurt con informazioni eco-culturali nelle etichette. Un produttore di formaggi grattugiati rivendica con orgoglio, sia sulle pubblicità sia sulle bustine di plastica, l’integrità delle forme di formaggio d’origine e l’assenza di conservanti. Un produttore di latte di soia descrive la filiera di controllo di un ente certificatone terzo per evitare contaminazioni. ti azioni. Nel latte di soia la dicitura “no Ogm” garantisce l’assenza di fagioli transgenici: altrimenti, la soia usata è probabilmente Ogm. Per il cioccolato, chi esibisce la dicitura “puro” garantisce l’impiego di burro di cacao e non di altri grassi di qualità deteriore. Per I succhi di frutta la cifra “100% succo” è chiara: il contenuto di quel brick proviene tutto dalla frutta (anche nel caso di prodotto da concentrato, il reintegro acquoso rispetta la percentuale d’acqua originaria). Se la scritta a tutto tondo “100%” non c’è, quella bevanda è acqua e zucchero, anche se l’immagine di fuori ritrae una cornucopia di frutti variopinti e succosi.
L’abbondanza di informazioni sulla confezione è spesso indice di cura produttiva e attenzioni da parte del produttore.

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Autostimati che tanto non vali nulla!

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Da anni ci martellano la testa con la storia dell’autostima, basata sulla credenza comune che le persone con un’alta autostima ottengono migliori risultati a scuola, hanno tanti amici e sono bene integrati nella società.
Praticamente ogni film sui licei americani ha riproposto questa teoria. C’è sempre la “buzzicozza” grassa e tonta che dopo anni di angherie riesce a scavare dentro se stessa e ritrova la sua autostima giusto in tempo per il grande ballo di fine anno e allora tutti i ragazzi della scuola si accorgono di questo cambiamento radicale e la eleggono reginetta del ballo ( e partono i titoli di coda con una canzone dei Green Day).

Ci sono in giro tanti libri ed e-books che prendono spunto da questa teoria e promettono di aumentare l’autostima perché questa è la chiave per superare gli ostacoli e i fallimento. Persino nelle scuole elementari hanno cominciato ad organizzare corsi di autostima per bambini, perché, come tutti gli Americani sanno, la chiave della felicità è nelle cose inutili…

Perché è una fesseria
Questa sembra essere una di quelle situazioni in cui si confonde la causa con l’effetto. Piuttosto che pensare che i ragazzi con un’alta autostima si sentono bene con se stessi perchè hanno dei buoni risultati a scuola o perchè hanno tanti amici, hanno deciso di pensare il contrario ovvero che hanno successo perchè hanno un’alta stima di sé. Così hanno provato ad insegnare alle persone a sentirsi bene con se stessi senza nessun motivo pensando che i motivi per sentirsi bene sarebbero giunti prima o poi.
Questo tipo di pensiero però può formare tanti bei bulletti![Si veda immagine del post]
Non sto scherzando. Varie ricerche dimostrano che ragazzi che hanno un’autostima gonfiata diventano aggressivi quando il loro senso di superiorità è messo in dubbio, e quando poi questi ragazzi capiranno che non hanno motivi per sentirsi così speciali riceveranno una bella “mazzata”.
Non sono certo un esperto ma credo sia molto più importante insegnare ai ragazzi cose utili per raggiungere gli obbiettivi che loro cercano e lasciare che siano loro a raggiungere naturalmente il successo e la conseguente autostima e non viceversa.
Il sig. Miyagi non ha insegnato a Karate Kid a credere in sé, gli ha insegnato invece a dare calci e pugni in testa ai cretini.

A me questo ragionamento pare sensato, e a te?
Via

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I messaggi subliminali riescono a influenzarci?

fight

Negli anni 80 c’era il “backward masking” ovvero l’usanza di alcuni gruppi musicali di nascondere la presenza di messaggi satanici nei dischi, rendendoli udibili soltanto ascoltando il disco al contrari; si pensava che erano in grado di influenzare il cervello dei ragazzi. Ma prima di questo c’erano i messaggi subliminali, una tecnica per cui alcune ditte inserivano un fotogramma di pubblicità all’interno di film, questo messaggio non era notato dalla coscienza ma era in grado di ingannare il subconscio “obbligandolo” a comprare i prodotti pubblicizzati.
Negli ultimi anni potreste aver sentito idee simili provenire dalla PNL ovvero la ” programmazione neuro linguistica”; alcuni di questi personaggi (ad esempio Derren Brown) dicono di essere in grado di controllare qualsiasi soggetto nascondendo alcuni comandi all’interno di frasi.
Tutte queste tecniche in fin dei conti sottendono la stessa teoria: la possibilità di bypassare la coscienza comunicando direttamente al subconscio e che quest’ultimo sarà poi in grado di farci fare qualsiasi cosa gli abbiamo indicato usandoci a mo’ di marionette.

Perché è un’enorme fesseria?

Non solo questi tre metodi appena elencati non funzionano, ma per quanto sappiamo, nessun metodo di messaggio subliminale ha mai funzionato. Il vostro cervello non riesce certo a suonare il pezzo al contrario di nascosto dopo aver sentito la canzone originale, e inoltra la maggior parte delle cose che sentite se ascoltate un disco al contrario è frutto della vostra immaginazione.
Si è poi visto che lo studio “scientifico” che fece credere a tutti che un messaggio subliminale della Coca Cola era stato in grado di influenzare la vendita di pop corn in un cinema, in realtà ha usato dati falsi.
Per quanto riguarda la PNL vi faccio una semplice osservazione: se davvero fosse possibile influenzare così facilmente le nostre menti come mai nessuno ha mai usato questa tecnica per diventare il re del mondo?
Il fatto stesso che nella storia la maggior parte dei governi ha investito nella ricerca per trovare qualche metodo in grado di usare gli uomini come marionette senza alcun risultato ci fa dire tranquillamente che queste sono solo fesserie.
Via

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Psicoterapia: 7 falsi miti.

psicoterapia

A dispetto della sua popolarità la psicoterapia psicodinamica a lungo termine spesso non è ben conosciuta. Concezioni errate diffuse (possiamo definirle come dei falsi miti) spesso sono le seguenti:

  1. Lo psicoterapeuta non parla quasi mai.
  2. Repentini progressi nel processo terapeutico si verificano in occasione di drammatiche catarsi emotive quando ricordi rimossi vengono improvvisamente riportati alla luce.
  3. La terapia si focalizza principalmente sulla sessualità del paziente.
  4. Tutte le reazioni nei confronti del terapeuta sono sono distorsioni della situazione attuale basate sulle precedenti relazioni.
  5. La terapia è interminabile ed inefficace (come per i protagonisti di molti film di Woody Allen).
  6. Lo psicoterapeuta è come un volto inespressivo, uno schermo bianco: non rivela nessuna delle sue reazioni personali al paziente.
  7. Lo psicoterapeuta non esprime mai opinioni che contengono giudizi su ciò che dice il paziente.

Oggi gli psicoterapeuti a orientamento psicodinamico tendono in genere a essere attivamente coinvolti, a partecipare emotivamente agli stati affettivi del paziente, ad essere tutt’altro che passivi o inespressivi, a parlare anche a lungo quando lo ritengono utile e a prestare attenzione alle modalità con cui contribuiscono alla percezione che il paziente ha di loro. Sono inoltre raramente testimoni di drammatiche rivelazioni che emergono da un passato profondamente sepolto.

Bibliografia
Introduzione alla psicoterapia psicodinamica, Glen O. Gabbard. Raffaello Cortina Editore

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5 miti sull’ igiene in cucina.

pollo

Mal di pancia e nausea, spesso attribuiti a presunte influenze addominali, sono invece molto più di frequente sintomi di gastroenteriti provocate da cibi, che noi stessi abbiamo lasciato inquinare da germi trattandoli con troppa disinvoltura.
Vediamo di evitare questi diturbi sfatando 5 miti.

Il pollo va lavato prima della cottura.

No, la cottura in genere uccide i germi che possono trovarsi sulla superficie di polli, bistecche e di altri tagli di carne. Il risciacquo preventivo, anzi, può essere causa di inquinamento. L’ acqua di lavaggio della carne si carica di germi e inquina lavandino, canovacci usati per asciugarla, spugnette utilizzate per il lavandino. Per tenere alla larga i batteri, maneggiare la carne con cura: all’ acquisto metterla in un sacchetto a parte, così che i succhi non contaminino altri alimenti; usare un tagliere solo per le carni; asciugare con panno-carta (da buttare) i succhi sui ripiani o in frigo; lavare con acqua calda e sapone lavandino, piani di lavoro, coltelli, spugnette (queste in lavapiatti, in lavatrice o in acqua e candeggina).

Taglieri di plastica o vetro sono più sani di quelli di legno.

Alcune ricerche lo sostengono, altre dicono che alcuni tipi di legno hanno proprietà antimicrobiche. In mancanza di certezze, un tagliere vale l’ altro, purché sia pulito: lavando entrambe le superfici dopo averlo usato con acqua e candeggina o sapone, sciacquare accuratamente, asciugare con panno-carta. Usate taglieri diversi per la verdura, per la carne, per il formaggio.

I cibi contaminati si riconoscono dalle alterazioni di colore, odore, sapore.

E’ vero che i germi potenzialmente pericolosi per la nostra salute si sviluppano con più probabilità negli alimenti che non sono più freschi. Perciò, è opportuno controllare per prima cosa che i cibi presentino caratteristiche di freschezza. Tuttavia, i germi potenzialmente pericolosi spesso non sono gli stessi responsabili dell’ alterazione degli alimenti. La freschezza, quindi, può ridurre il rischio di intossicazione, ma non può garantire che un alimento sia sano.

Il freddo uccide i batteri.

Il congelamento riduce l’ attività dei batteri, ma ne uccide pochi. Quando il cibo si scongela, i microbi riprendono a moltiplicarsi (il freddo rompe le cellule dell’ alimento e rende più disponibili le sostanze di cui i germi si nutrono). Scongelate in frigo o nel forno a microonde, ma poi cuoceteli subito, perché le microonde possono favorire la proliferazione dei germi.

Non si possono ricongelare gli alimenti scongelati.

Cibo scongelato a temperatura ambiente o nel microonde non può essere ricongelato. Se è stato invece scongelato in frigo, potete ricongelarlo, purché subito. Cibo scongelato e ben cotto può essere ricongelato: entro 2 ore dalla cottura se tenuto a temperatura ambiente, se messo subito in frigo anche dopo un giorno o due.

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Appello a tutti i negozianti e a tutte le cassiere!

busta

Si mi rivolgo a te negoziante o cassiera/e: per favore aiutaci a diminuire l’uso dei sacchetti di plastica!
Come? Fate finta di essere tirchi…
Riempite le buste il più posssibile, guardate male il cliente che vi chiede un sacchetto in più e fate un sorriso a chi vi dice che non lo vuole.
Sembra una cosa semplice ma a me capita il contrario praticamente tutti i giorni…

Informo poi tutti i miei lettori che il 31 dicembre 2009 sarebbe dovuto scattare il divieto di utilizzare sacchetti di polietilene in negozi e supermercati, sostituiti per legge da buste esclusivamente biodegradabili. La norma che recepisce la direttiva europea EN13432 era già stata approvata in parlamento nel 2007, invece nel giugno scorso è stato deciso di ritardarne nuovamente l’attuazione facendola slittare al 2011.
Quindi dato che tu, lettore di Psiche e Soma, sei avanti fai finta che siamo già nel 2011 (ah dimenticavo, Auguri di Buon Anno!) e inizia ad usare meno busta di plastica.

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