Circa 45.000 ammali ogni anno muoiono sfigurati da rossetti, intossicati da profumi, bruciati da creme e saponi. Eppure sono più di 10 mila gli ingredienti cosmetici già disponibili per le aziende e molti i metodi alternativi di ricerca. Diversi sondaggi m tutta Europa hanno dimostrato che la maggioranza delle persone non crede che sviluppare nuovi cosmetici sia una valida giustificazione per uccidere animali, ma nonostante ciò si continuano a commercializzare cosmetici sperimentati su animali. Grazie ad una grande campagna internazionale coordinata dalla Coalizione europea contro la vivisezione, le associazioni animaliste hanno ottenuto una direttiva europea che prevedeva il divieto di vendita di cosmetici sperimentati su animali a partire dal 1998. Termine che la lobby dell’industria farmaceutica è riuscita a far posticipare prima al 2000 e poi al 2002.
La direttiva 2003/15/CE ha sancito un ennesimo allungamento dei tempi per il bando totale ai test cosmetici su animali praticati all’interno delll’Ue e il divieto di commercio di cosmetici sperimentati su animali è slittato così al 2013.
Fino a quella data, l’unica scelta per i consumatori che non intendono con i loro acquisti sostenere le aziende che avvallano i test sugli ammali è acquistare prodotti delle aziende che aderiscono allo «Standard internazionale non testato su ammali», promosso dalla Lega Anti Vivisezione (Lav) e riconosciuto a livello internazionale. La conformità delle aziende ai principi dello Standard non testato su animali è controllato da Icea, l’Istituto per la certificazione etica e ambientale. Le aziende che chiedono il riconoscimento devono compilare un questionano dettagliato sulla propria politica aziendale in merito ai test su animali e fornire informazioni di tipo commerciale (tipologia di pròdotti commercializzati, mercato, origine degli ingredienti). L’azienda inoltre deve presentare una dichiarazione scritta di tutti i propri fornitori che attesti il loro impegno a non eseguire test su animali almeno a partire dalla data di sottoscrizione dello Standard. La Lav riceve la documentazione e si occupa di controllare che siano state inserite tutte le informazioni richieste e che queste siano coerenti. Se la documentazione risulta completa e corretta, l’azienda può richiedere la visita ispettiva di Icea, che, attraverso il suo personale tecnico, organizza un controllo sul campo. Solo in seguito all’esito positivo della visita ispettiva, Lav autorizza l’azienda all’utilizzo della dicitura dello standard.
Le aziende approvate
Sono poche per ora le aziende italiane di cosmetici, saponi, prodotti per l’igiene orale e detersivi che hanno sottoscritto l’impegno della Lav a rispettare lo Standard, a non commissionare e non effettuare test su animali sui prodotti loro o delle marche distribuite. Tra le più note nel circuito dei negozi di prodotti biologici: Serafini, D’Aymons, Indica, Evan Bartholomew, Flora, BioPet, Argital. La Guida pratica al NON testato della Lav viene continuamente aggiornata con nuove aziende che chiedono di aderire allo Standard e che attualmente sono in fase di approvazione.
Mr.Segnalatore
Bisognerebbe boicottare quelle aziende che testano ancora i loro prodotti sugli animali, è orribile che questo avvenga.
Nicola Andrucci
testare prodotti sugli animali è vergognoso. Che li provino su se stessi!
Ps. c’è un mio amico medico che qualche anno fa fece da “tester” per un nuovo farmaco (non ricordo quale), ma ha smesso ben presto!
Jndiah
Vergognoso…
E mi vergogno di di appartene alla razza che ancora può voltare la faccia e fingere di nn sapere..