Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

Month: marzo 2012

Come fa un’unica cellula a diventare un bambino?

Ci sono supergeni, i “geni architetto”, che sovrintendono ai lavori. In futuro, grazie a loro, potremo rigenerare interi organi.

Fino a pochi anni fa solo la religione dava spiegazione di come un uovo fecondato, una sola cellula quindi, potesse in pochi mesi nell’utero materno diventare un organismo complesso, fatto di 350 tipi diversi di cellule. Oggi, anche se ancora manca qualche tassello, la biologia è in grado di offrire una ricostruzione accurata del processo. Certo, si tratta di un fenomeno complesso e meraviglioso. Basta pensare alla differenza tra le cellule che fanno pulsare il cuore e quelle che fabbricano l’insulina nel pancreas. Diversi i compiti, e diversi gli indirizzi nello stradario del corpo umano. Chi insegna loro a comportarsi così e a raggiungere la posizione giusta nell’organismo?

Occhi sulla coda
Già da quarant’anni si sa che le istruzioni per costruire il corpo sono contenute nei geni, e che ogni cellula contiene tutti i geni necessari per costruire un organismo completo. Ma chi decide quali cellule far sviluppare in un cuore e quali in un piede, o dove sta la testa e dove la coda? Negli ultimi anni gli scienziati hanno scoperto che alcuni geni sovrintendono al lavoro degli altri: sono i cosiddetti “geni architetto” e sono simili nella maggior parte delle specie viventi, dai moscerini all’uomo. Alcuni decidono dove sarà il capo; altri dove sarà il tronco con le braccia, le ali o le pinne; altri dove sarà l’addome. Organizzato questo abbozzo, si passa ai particolari. Altri geni decidono quanti occhi e quanto cervello devono esserci, e dove devono formarsi. Oggi questi geni sono stati anche identificati. Antonio Simeone, del Cnr di Napoli, ha provato per esempio a spegnere un gene architetto, chiamato Otx 2, in alcuni embrioni di topo: non sono più nati. Walter Gehring, dell’università di Zurigo, ha scoperto che se si accende un gene architetto degli occhi (detto “eyeless”) nel posto sbagliato, per esempio nelle cellule destinate a diventare ali o antenne, gli animali nascono con occhi collocati su ali o antenne.

Organi di ricambio
Come mandano i loro ordini questi geni? Le istruzioni sono contenute in proteine fabbricate dalle cellule. Alcune sono chiamate fattori di crescita e danno alle cellule l’ordine di moltiplicarsi. Altre sono proteine adesive, che attaccano una cellula all’altra. Altre ancora, come calamite, attirano le cellule al posto giusto. Cheryl Tickle, di Londra, spennellando con una proteina l’area corrispondente al futuro costato di embrioni di pollo, è riuscita ad accendere il gene architetto dell’ala, e lì, a metà strada fra zampa e ala, è cresciuto ai polli un arto in più. Con un procedimento analogo, Steve Di Nardo della Rockefeller University di New York ha fatto nascere una mosca “biplano”, con quattro ali. Alla base dell’embriogenesi vi sono pochi meccanismi fondamentali, fra dieci anni dovremmo saperne abbastanza delle regole di costruzione dell’embrione da poterle copiare per far ricrescere i nervi lesi da traumi. Ed entro 50 anni rigenereremo interi organi, come il fegato. Allora saranno inutili i trapianti: gli organi di ricambio rinasceranno, funzionanti.

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Un attimo di relax #184

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

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“Così recupero l’ora di sonno persa oggi…”

Una civiltà senza umorismo prepara i propri funerali.” ~ Jacques Maritain

Libro della settimana:

Più Sani senza Grano - Libro

In caso di infarto

Ecco come fare per reagire in modo più efficace.

In Italia se ne verificano ogni anno 350 mila. Quasi la metà viene curata male o con ritardi che possono essere fatali. I farmaci antiinfarto,o fibrinolitici, sono infatti efficaci soprattutto se dati entro due ore. Ecco i risultati di un grande studio condotto dall’Istituto Mario Negri di Milano sugli errori più comuni. E i suggerimenti per evitarli.

1. Niente medico
In caso di infarto minimizzare il tempo di ricovero è fondamentale. Per questo chiamare il medico è sbagliato: meglio andare subito in ospedale (eventualmente prendendo un’aspirina). In Italia solo una volta su tre l’ambulanza è chiamata entro 20 minuti. Quattro volte su dieci ci vogliono da cinque a 12 ore per il ricovero.

2 Può far male in sei modi diversi
La ragione del ritardo iniziale è che pochi sanno riconoscere l’infarto. Ecco come fare. Nel 70- 80% dei casi il dolore si manifesta nella parte centrale anteriore del torace da dove si irradia alla spalla, al braccio sinistro, raramente al destro, e alla mandibola. Nel 50% dei casi il dolore interessa anche il dorso. Nel 20% dei casi l’infarto provoca dolori che non colpiscono il cuore ma lo stomaco  o la mandibola. In questi casi lo si può riconoscere dai sintomi di accompagnamento: debolezza, sudorazione copiosa, angoscia.

3 L’ideale: in 30 minuti al Pronto soccorso
L’organizzazione del centralino che riceve la richiesta di soccorso è molto importante per la rapidità del trasporto. Da quando si chiama il 118 a quando l’ambulanza arriva al Pronto soccorso dell’ospedale, 30 minuti vengono giudicati internazionalmente un tempo accettabile. Ma quattro volte su dieci da noi ci vogliono da 90 minuti a due ore e mezza: troppo. Meglio in strada. In Italia solo in alcune città – come Bologna, Udine, Ravenna e Verona – il trasporto in ospedale è soddisfacente. Secondo i ricercatori del Mario Negri, «i soccorsi sono particolarmente lenti quando l’infarto si verifica di notte o colpisce una persona che vive sola, più rapidi quando avviene in strada». Il problema non sta nella velocità delle ambulanze o nella distanza dall’ospedale ma nell’organizzazione del soccorso e nelle informazioni di cui dispongono il 118 e le ambulanze.

4 Chi arriva all’Unità coronarica in un’ora…
Al Pronto soccorso i medici visitano l’ammalato e gli fanno un elettrocardiogramma: poi lo inviano al reparto specializzato, l’Unità coronarica. Per fare una diagnosi di infarto i medici del Pronto soccorso non debbono impiegare più di dieci minuti dall’arrivo dell’ambulanza: così ha stabilito l’Associazione dei cardiologi americani durante un recente convegno. Errori di diagnosi: in Italia passano in media 20 minuti tra l’arrivo dell’ammalato al Pronto soccorso e l’entrata nell’Unità coronarica dell’ospedale. Ma in qualche caso, per una inefficiente organizzazione o per errori nella diagnosi, ci vogliono fino a tre ore.

5 …guarisce in 9 casi su 10
Su 100 italiani colpiti da infarto, 25 arrivano all’Unità coronarica entro due ore dai primi dolori, 30 entro sei ore e gli altri più tardi. La causa principale del ritardo sta nel tempo che si perde a casa – o dove si verifica l’infarto – prima di chiamare l’ambulanza. Riabilitazione. Nelle Unità coronariche (in Italia sono 400) l’ammalato è sottoposto a un prelievo e a esami del sangue per stabilire la gravità dell’infarto. Quando sono curati tempestivamente, gli infartuati guariscono 9 volte su 10. La rapidità del ricovero è l’elemento più importante anche per determinare la possibilità, dopo il periodo di riabilitazione, di riprendere una vita regolare

6. La cura: farmaci e by-pass
L’infarto è causato dal fatto che una delle arterie che riforniscono il cuore, le coronarie, viene ostruita da un grumo, o trombo. Questi grumi si sciolgono con farmaci detti fibrinolitici. Che sono però efficaci soprattutto nelle prime due ore dopo l’infarto. Chirurgia. Da un po’ di anni gli infarti più delicati possono essere curati, oltre che con farmaci, anche con l’angioplastica o con un by-pass delle coronarie. Ambedue gli interventi hanno l’obiettivo di “riaprire” le arterie che portano il sangue al cuore.

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Un attimo di relax #183

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“Questa è vita!”

I fatti sono la cosa più testarda del mondo.” ~ Michail A. Bulgakov

Libro della settimana:

Rilassati e Guarirai - Libro

Gratta e perdi

Per tassare i cittadini senza che se ne accorgano, molti governi puntano sulle lotterie. Con gravi conseguenze. Ecco quali. E un po’ di consigli per perdere meno e non essere scalognati

Nessun Paese sembra immune alla febbre dell’azzardo, e nessun governo rifiuta più di partecipare a un giro d’affari, calcolando che, ad esempio, con il fatturato del gioco in Italia del 2010 si sarebbe potuta salvare la Grecia!
– Più dollari = più guai
Parallelamente, però, cominciano i problemi. In Inghilterra, per esempio, due ragazzi su tre sono giocatori di lotterie istantanee (pur essendo il gioco vietato ai minorenni), come ha segnalato il quotidiano “The Independent”. Alla denuncia si associa Emmanuel Moran, responsabile del Comitato nazionale britannico per il gioco d’azzardo:«Vendere biglietti del gratta- e-vinci ai minorenni», dice, «finirà per produrre adulti dipendenti dal gioco». Alcune persone, poi, sarebbero particolarmente esposte a questo rischio: sembra che sia la carenza di un certo ormone, la noradrenalina, a indurre alla ricerca di emozioni forti, come quelle date dal gioco.
Che poi la sindrome del giocatore patologico sia analoga all’alcolismo ormai è riconosciuto da psichiatri e psicologi di tutto il mondo. Ma soltanto in Svizzera hanno classificato ufficialmente la dipendenza dal gioco come una malattia. Ed è anche una malattia piuttosto strana, come ha scoperto la psicologa Lucia Giossi, dell’università Cattolica di Milano: «Il giocatore, anche se sostiene di voler vincere, in realtà gioca per perdere. Gioca per raccontarsi nelle sue perdite». Lo confermano due ricercatori dell’università dell’Illinois, Charles Warren e Bruce McDonough, che hanno sottoposto a elettroencefalogramma alcuni giocatori compulsivi. «Nei giocatori normali i “picchi” di attività cerebrale si hanno dopo le vincite, in quelli compulsivi succede il contrario: appena vincono, l’attività cerebrale declina», dice Warren. Come uscire, dunque, dal “tunnel” del gioco patologico? Farmaci non ce ne sono, ma all’estero esistono organizzazioni specializzate, come i Gamblers anonymous (simile agli Alcolisti anonimi) negli Usa, o Sos Jouers in Francia. E in Germania ci sono 80 centri di disintossicazione, in genere presso i reparti psichiatrici degli ospedali.
Dipendenza.
Il “mal d’ azzardo”, comunque, colpirebbe in forme più o meno gravi soltanto il 5 per cento dei giocatori abituali. Gli altri sono persone perfettamente razionali, pur essendo disposte di tanto in tanto a compiere un atto contrario alla logica: ogni gioco, infatti, è studiato per far perdere la maggioranza dei giocatori. A dirlo è la teoria delle probabilità, nata nel Seicento dagli studi del matematico Blaise Pascal, proprio per calcolare i rischi del gioco e le tecniche per vincere. Vediamo a quali conclusioni è arrivata, dopo trecento anni.

– Così si vince
«Il sistema più semplice e più conosciuto è quello del raddoppio, che si può usare con tutti i giochi che danno due possibilità, per esempio rosso e nero alla roulette», spiega Giorgio Dall’Aglio, docente di Statistica all’università La Sapienza di Roma. «Si parte puntando mille lire sul rosso: se si vince si smette, altrimenti si continua puntando una posta doppia, e così via. I problemi? Si deve avere un capitale illimitato, perché se per esempio il rosso non esce per 21 volte consecutive, alla ventiduesima volta si deve puntare più di un miliardo ». E la vincita finale, tenendo conto delle perdite precedenti, rimane di sole mille lire, quindi per accumulare una grossa cifra si deve disporre anche di una vita illimitata.
I ritardi non pagano. Poi c’è il sistema dei ritardi, notissimo agli appassionati del lotto. Consiste nel puntare sui numeri che non escono da molte settimane, contando sul fatto che prima o poi dovranno uscire per forza. «Eh no! Chi la pensa così non conosce la statistica», spiega Domenico Costantini, studioso di Teoria delle probabilità all’università di Genova. «E’ vero, infatti, che è molto improbabile che un numero, diciamo il 13, non esca per cento settimane. Però non è vero che la centounesima settimana abbia maggiori probabilità di essere estratto ». Perché? «Perché, come si dice, “la sorte non ha memoria”. La statistica richiede che le 100 settimane siano scelte a caso. Se si prendono proprio quelle in cui il 13 è mancato, la probabilità è “condizionata”: di conseguenza le formule cambiano, e danno per la centounesima settimana una probabilità che esca il 13 identica a quella che si aveva la prima settimana».
Non frazionate le giocate. Un altro consiglio che arriva dalla statistica è quello di non frazionare le giocate. «Se, per esempio, si vogliono raddoppiare centomila lire alla roulette, conviene puntare tutto sul rosso (o sul nero). Le probabilità di vincere sono circa 49 su 100, un po’ meno della metà perché c’è anche lo zero. Puntando invece 10 mila lire per volta, le probabilità diventano 37 su 100, e in media l’obiettivo si raggiunge in 98 puntate », spiega Dall’Aglio. Il fatto che la puntata secca appaia più rischiosa è solo la dimostrazione di quanto poco affidabile sia il “buonsenso” avendo che fare con l’azzardo.
Sfruttare la psicologia. Una volta capito questo, si può anche cercare di sfruttare la psicologia della maggioranza. Per esempio in lotterie come quella ideata dallo Stato Usa del Massachusetts. Ogni settimana si estraeva un numero di quattro cifre, e il montepremi veniva diviso tra chi lo indovinava: uno studio statistico ha dimostrato che i numeri vicini a 0000 e 9999 venivano giocati raramente. E se uscivano pagavano di più, pur essendo egualmente probabili.

– Danno all’economia
«Il modo migliore di vincere è quello di non giocare », dice Costantini. Ma allora come si spiega il crescente successo in tutto il mondo delle lotterie e delle scommesse? In genere chi gioca lo fa perché desidera vivere in una dimensione irrazionale: il gioco d’azzardo è una classica situazione di scelta in condizioni di incertezza, perché il giocatore non ha informazioni sufficienti e deve quindi basarsi su elementi irrazionali. Questo bisogno di irrazionalità può addirittura danneggiare una nazione, se supera un certo livello. In Inghilterra, per esempio, nel corso del 1995 sono stati dirottati sulla lotteria 5 miliardi di sterline, più di quanto gli inglesi spendono in un anno in libri, o in pane. Secondo stime dell’economista David Mackie, un simile investimento in attività improduttive ha rallentato la crescita economica di mezzo punto percentuale.

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Un attimo di relax #182

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

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“Hai dimenticato di nuovo le chiavi???”

Tanta gente urla la verità, ma senza stile è inutile, non serve.” ~ Charles Bukowski

Libro della settimana:

In compagnia di Spinoza - Raggiungi la Felicità - Libro

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