Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

Month: marzo 2011 (Page 1 of 2)

Dove nasce la fame. Parte 2

Ecco la seconda parte del post in cui si spiega dove nasce la fame. La prima parte la trovate QUA.

Calore ed emozioni
Qualcosa di simile avverrebbe anche con la temperatura corporea. Un’altra ipotesi elaborata di recente infatti individua nell’aumento termico dell’organismo, che avviene in seguito al metabolismo (cioè la trasformazione) delle sostanze nutritive, un indice di sazietà. E c’è chi pensa che siano proprio i grassi accumulati nel tessuto lipidico a inviare questi segnali inibitori al cervello. Anche gli stimoli biochimici, pur se in un modo ancora da definire meglio, controllano il senso della fame. Esiste cioè una serie di sostanze, in particolare ormoni capaci di avere effetti sui centri dell’ipotalamo. Un composto proteico, il neuropeptide Y, è infatti in grado di “attivare” proprio il centro della fame, e la sua attività è regolata dal sistema limbico, quella parte del cervello che “organizza” le emozioni. Questo spiega, almeno in parte, il complesso rapporto che esiste tra situazioni emotive e assunzione di cibi. Di norma, infatti, quando ci si sente depressi si tende a mangiare più del normale, con particolare predilezione per i cibi ricchi di carboidrati. L’azione del neuropeptide Y sembra anche crescere in corrispondenza del buio, e ciò spiegherebbe la necessità di introdurre carboidrati con il primo pasto della mattina. Anche il gusto e l’olfatto possono giocare un ruolo importante nella “gestione” del senso di fame. Se in laboratorio si introduce saccarina (dolce ma non nutriente) direttamente nello stomaco di un ratto l’animale ha sempre fame. Lo stesso però non avviene se lo stesso cibo passa naturalmente attraverso la bocca. E’ un fenomeno che sembra superare i meccanismi di controllo dell’organismo di cui abbiamo parlato fino a ora: non conta tanto quello che si mangia, ma come lo si mangia. Alla fine del pasto, infine, ci si “sente pieni”. Nello stomaco esistono infatti strutture nervose rilevano lo stato di pienezza del viscere e subito segnalano al cervello la distensione della cavità gastrica, contrastando così l’assunzione di altro cibo.

Controlli cerebrali
In realtà è soprattutto la nostra psiche a condizionare la quantità di alimenti e la scelta dei cibi. I bisogni nascono spesso negli adulti da modelli nutrizionali seguiti fin dall’infanzia, e non da necessità reali dell’organismo. Soltanto nel giovane e nello sportivo la situazione è leggermente diversa. Il meccanismo di sazietà, per esempio, viene efficacemente controllato: basta pensare a chi segue una dieta e afferma che tre mele lo rendono sazio come un piatto di pasta (fatto tecnicamente impossibile perché gli zuccheri della frutta sono semplici, e quindi vengono assorbiti rapidamente, e altrettanto velocemente terminano la loro azione). Oppure a chi riesce a rimanere con un caffè fino alla cinque del pomeriggio, affermando di non avere fame. In questo caso, il controllo mentale sul senso di sazietà è evidentemente elevatissimo.

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Dove nasce la fame. Parte 1

L’uomo ha bisogno di mangiare. Come ogni altro essere vivente. E la sua “vita alimentare” può essere interpretata proprio come un susseguirsi di episodi: a una fase di fame fa seguito sempre un periodo, più o meno lungo, di sazietà, che si mantiene fin quando non ritorna il desiderio di mangiare. Il meccanismo che regola questo equilibrio nasce dalla presenza contemporanea di diversi fattori: segnali interni (come il senso di riempimento dello stomaco, o l’innalzamento della glicemia, cioè i livelli di glucosio nel sangue, nel dopo pasto), ma anche variabili ambientali, come per esempio l’ appetibilità del cibo, che è un fattore anche culturale, cioè acquisito: in genere, un piatto di pastasciutta fumante o una fetta di torta stimolano più di due mele.

Tanti messaggi da decodificare
In tutti i casi, esiste una centrale operativa che regolamenta e coordina tutti questi segnali. E’ l’ipotalamo, un organo che si trova all’interno del cranio, più o meno dietro agli occhi: ha il compito di decodificare i messaggi che giungono al cervello e inviare i messaggi di risposta. Ebbene, sembra che proprio nell’ipotalamo ci siano i sistemi regolatori dell’alimentazione: innanzitutto i “centri della fame”, che se stimolati spingono l’animale ad assumere altri alimenti, e che si trovano nei nuclei ventrolaterali. L’azione di queste strutture nervose è compensata da quella dei “centri della sazietà”, che si trovano al centro dell’organo, e che arrestano l’introduzione del cibo. Se negli animali da esperimento viene distrutta la parte dell’ipotalamo dove si trova il centro della sazietà, si ha come risultato l’introduzione di grandi quantità di cibo, e l’obesità. Nell’uomo esiste una rara malattia, la sindrome di Kleine- Levin, che si manifesta proprio con aumento dell’appetito e tendenza a dormire più del normale, ed è dovuta proprio a una lesione di questa parte dell’ipotalamo.

Fame da glucosio
L’ipotalamo dunque ha la funzione di recepire i segnali che arrivano dal corpo, e di convertirli in stimoli. L’organismo infatti invia una serie di indicazioni metaboliche, ormonali o più semplicemente nervose, che guidano l’introduzione del cibo. Per esempio, alla fine di un pasto si ha naturalmente un innalzamento della glicemia, che non viene completamente compensato dalla produzione di insulina. Secondo la “teoria glucostatica” il cervello sarebbe in grado di registrare questa aumentata presenza di glucosio nel sangue e quindi di bloccare l’ulteriore apporto alimentare. Come? Facendo “passare la fame”. La glicemia, dunque, rappresenta un efficace e semplice segnale per l’organismo: in caso di digiuno il glucosio scende, e si sente allora il bisogno di reintegrare le riserve con un pasto, che a sua volta termina non appena i valori glicemici crescono.

Fra due giorni la seconda parte! Se ti va, nella parte destra del blog puoi cliccare sull’elefantino per iscriverti ai feed o puoi inserire la tua email per ricevere gli articoli nella tua posta elettronica!

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Un attimo di relax #138

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

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“Le tue scarpe, per l’amor del cielo, rimettitele!”

Credi a coloro che cercano la verità; dubita di quelli che la trovano.” ~ André Gide

Libro della settimana:

Il Libro dei Mandala

Come si prende il “verme solitario”? E quali sintomi produce?

Oggi un’altra domanda e risposta della rubrica: Psichesoma Answers!

In questa rubrica troverete risposta alle domande che mi avete posto via email e che ho reputato essere di interesse generale.

D. Come si prende il “verme solitario”? E quali sintomi produce?.
R. Con il termine “verme solitario” si intende la Tenia soliume, più in generale, le tenie (Platelminti cestodi), vermi che parassitano l’intestino dell’uomo e di molti animali. Le tenie sono ermafrodite, cioè hanno gli organi riproduttori sia maschili sia femminili. Ogni segmento, detto proglottide, della Tenia solium ha sia testicoli sia ovaie, e ognuno insemina quello successivo, producendo migliaia e migliaia di uova fecondate, che vengono espulse con le feci. Gli esseri umani si possono infestare mangiando carni crude o poco cotte (per esempio salumi) che ne contengono le larve: la Tenia solium arriva dal maiale, la Tenia saginata dai bovini. I vermi intestinali sono molto dannosi e producono vari disturbi, come allergie, nausea, calo di peso, nervosismo, dolori addominali. E sono diffusi tra gli esseri umani più di quanto si pensi. Questa patologia si cura con farmaci specifici che uccidono il parassita. La Tenia solium può raggiungere gli 8 metri di lunghezza.
Hai qualche domanda da pormi? Invia subito una mail a GMail

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L’uomo in cifre. Parte 2

Ecco la seconda parte del post in cui elenchiamo tutti i numeri dell’essere umano. La prima parte la trovate qua.

La bocca
Quando diamo un bacio muoviamo 37 muscoli, alcuni dei quali tanto piccoli che spesso non vengono utilizzati in altro modo. In bocca le sei ghiandole salivari secernono fino a un litro e mezzo di saliva al giorno. Sembra moltissimo, ma alcuni animali ne producono di più. Il bue, che deve ruminare il cibo, può anche secernere 65 litri di saliva al giorno.

Le cellule
Nel corpo ci sono circa 220 miliardi di cellule, 200 miliardi delle quali vengono ricambiate costantemente. Normalmente sono invisibili, misurano sono pochi micron, anche se in alcuni animali esistono cellule nervose lunghe più di 1,5 metri e cellule muscolari lunghe 2,5 centimetri. Alcune vivono pochissimo, come quelle dell’intestino (da 1,5 a 5 giorni), altre di più (i globuli bianchi durano circa 13-15 giorni e i globuli rossi 120 giorni). Altre ancora -come i neuroni- possono sopravvivere anche cento anni. Tornando all’intestino, il cui ricambio è rapidissimo, l’intero “tappeto cellulare” del viscere viene completamente rifatto ogni 4 giorni.

L’urina e le feci
Ogni 50 minuti i reni puliscono il sangue che circola nel corpo. Contengono oltre 2 milioni di cellule specialistiche (i nefroni) collegati tra loro da filtri e tubi per una rete lunga circa 80 chilometri. Ogni giorno filtrano 180 litri di sangue e producono 1,5 litri di urina. Mediamente, poi, ogni giorno vengono prodotti almeno 150 grammi di feci (la loro produzione dipende in realtà dal quantitativo di fibre alimentari, dunque nei Paesi mediterranei la quantità è mediamente maggiore che nei Paesi nordici).

I polmoni
Ogni giorno nel corpo entrano poco meno di 20 mila litri di aria. Questa scende fino agli alveoli respiratori (dai 300 ai 700 milioni) dove avviene lo scambio tra aria e sangue. Quando si è tranquilli si respira circa 15 volte al minuto, inspirando circa mezzo litro d’ aria. Se c’è bisogno, comunque, la quantità di aria inspirabile può crescere di 6 volte.

Il sangue
Nel corpo umano ci sono in media 5 litri di sangue. Una goccia contiene circa 250 milioni di cellule. Tra queste i globuli rossi, che compiono il giro dell’intera rete vascolare 300 mila volte, prima di morire. Nel corpo umano ci sono circa 96.500 chilometri di vasi sanguigni tra arterie, vene e capillari. Il sangue viaggia alla velocità media di 2 chilometri l’ora, e impiega circa 15 secondi per andare da una mano all’altra.

Le ossa
I neonati hanno 350 ossa. Molte di esse si saldano in seguito tra loro fino ad arrivare alle 206 ossa dell’adulto (oltre 25 anni d’età). Le ossa del corpo pesano soltanto 9 chili ma sono i grado di sopportare pesi altissimi. A ogni passo il femore può sopportare una pressione di quasi 90 chili per centimetro quadrato.

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L’uomo in cifre. Parte 1

Se una bella ragazza non si tagliasse mai i capelli, nella vita, che razza di chioma potrebbe avere mai? Fatti i conti, la treccia sarebbe lunga circa 10 metri e mezzo! Ma chi li fa, i conti del nostro corpo? Fisiologi, medici, biologi, esperti di statistica, naturalmente. I risultati non saranno mai validi per tutti, certo (basta pensare quanto è diverso il consumo di fibre alimentari, da Paese a Paese, e dunque quanto è variabile qualsiasi statistica che riguardi l’intestino), ma restano comunque altamente indicativi. Ecco dunque alcune delle più sbalorditive cifre riguardanti il nostro organismo. Alcune sembrano perfino inverosimili, ma bisognerà abituarcisi. Basta pensare a quanto è lunga la molecola del Dna arrotolata nel nucleo di ogni nostra invisibile cellula: ben due metri, parola di chi l’ha misurata. Il gomitolo più stretto ma indispensabile dell’universo!

Le calorie
Per la donna d’oggi si consiglia un introito calorico quotidiano di circa 2 mila calorie, per l’uomo 200-300 in più. La situazione cambia però in base all’attività fisica. Mentre per un corpo a riposo possono bastare anche 1.600 calorie, ne occorrono il doppio o il triplo se si svolge un’attività fisica molto intensa. Le calorie di cui un uomo ha bisogno in un anno potrebbero riscaldare un appartamento di 100 metri quadrati per un mese e mezzo.

Le unghie
Normalmente le unghie della mano crescono circa 4 centimetri l’anno e il loro sviluppo è più veloce di quello delle unghie del piede (1,5-2 cm l’anno). Per svilupparsi dalla base alla punta del dito, occorrono dai 3 ai 6 mesi. La loro crescita è in genere più veloce tra i 20 e i 40 anni.

I capelli
Su un totale di circa cinque milioni di peli, fino a 150 mila si trovano sul cuoio capelluto: sono i capelli. Ognuno di loro vive circa quattro anni. Questo significa che nella vita di un uomo vengono prodotti almeno tre milioni di capelli. Ognuno di essi cresce ogni anno da 12,7 centimetri a poco più di 15. I capelli sono molto elastici: quando sono bagnati, riescono ad allungarsi anche del 60 per cento rispetto alla loro dimensione.

La pelle
Pesa in media da 2,5 a 4,5 chili e, normalmente, ha le dimensioni di un grande asciugamano: circa un metro e mezzo quadrato. Ma è molto elastica tanto che, se fosse distesa e tirata, potrebbe coprire una superficie di due metri per nove. In un centimetro quadrato di pelle ci sono circa 200 recettori nervosi che consentono la trasmissione al cervello del messaggio doloroso in 0,9 secondi, di quello tattile in 0,12 secondi e di quello termico in 0,16 secondi

Il cuore
Batte mediamente 70-75 volte al minuto. Dunque circa 100 mila battiti al giorno. In caso di paura o durante un incubo notturno, comunque, le pulsazioni possono raggiungere anche le 150 per minuto. In un’ora il cuore spinge nei vasi circa 360 litri di sangue, in un giorno circa 6.800 litri. In un centenario, ha pompato 544 mila tonnellate di sangue.

Gli organi genitali
Ogni testicolo contiene circa 300-350 lobuli, entro i quali si trovano i tubuli seminiferi, con le cellule che producono lo sperma. I tubuli sono tanto attorcigliati che, se allungati, sarebbero lunghi circa 230 metri. In una normale eiaculazione vengono prodotti da 250 mila a 500 mila spermatozoi. Invece nelle ovaie, alla nascita, ci sono quasi 2 milioni di “progenitori” dei futuri ovuli. Moltissimi di questi però non arrivano alla pubertà. Sono circa 400-500 gli ovuli disponibili nella vita fertile di una donna, che può durare dai 30 ai 40 anni.

Fra due giorni la seconda parte!

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Un attimo di relax #137

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

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“Cavolo! Ho dimenticato il portafoglio a casa, che imbarazzo…”

Confessiamo i piccoli difetti, solo per convincere che non ne abbiamo di più grandi.” ~ François De La Rochefoucauld

Libro della settimana:

Scegli Vegetariano!

Che cos’è la lobotomia e chi l’ha inventata?

Oggi un’altra domanda e risposta della rubrica: Psichesoma Answers!

In questa rubrica troverete risposta alle domande che mi avete posto via email e che ho reputato essere di interesse generale.

D. Che cos’è la lobotomia e chi l’ha inventata?
R. La lobotomia è una pratica chirurgica che consiste nel recidere le connessioni nervose tra i lobi frontali e il resto del cervello e che “disattiva” alcune importanti funzioni cerebrali (i lobotomizzati perdono la capacità di fare qualsiasi progetto). Fu inventata nel 1935 dal neurochirurgo portoghese Egas Moniz che incominciò a praticarla sperimentalmente su alcuni malati mentali del manicomio di Lisbona. L’invenzione gli valse il premio Nobel (ora contestatissimo) nel 1949. Moniz, infatti, aveva notato che i sintomi di gravi malattie mentali come la schizofrenia sparivano immediatamente nei soggetti lobotomizzati. Ciò che purtroppo sottovalutava era che i danni causati al cervello erano ben maggiori dei benefici, tanto che dopo la “cura” molti dei pazienti cadevano in uno stato vegetativo. Ciò nonostante la lobotomia ebbe un grande successo e fu utilizzata fino agli anni Cinquanta non solo su migliaia di malati mentali ma anche su bambini iperattivi e detenuti considerati “pericolosi”. Tra i maggiori sostenitori della lobotomia negli Stati Uniti vi fu un medico di nome Walter Freeman, che negli anni Cinquanta girava il Paese a bordo della sua “lobotomobile” eseguendo migliaia di lobotomie con una tecnica rapida di sua invenzione: utilizzava un piccolo scalpello che infilava tra l’occhio e il cranio fino a raggiungere il lobo frontale, quindi recideva i nervi interessati picchiettando con un martelletto. Questa pratica quando ormai sembrava in disuso è tornata in auge alla fine degli anni 90 , facendosi più moderna e prendendo il nome di “lobotomia virtuale”. Consiste nel guardare almeno 3 ore al giorno la maggior parte dei programmi televisivi trasmessi dalla tv pubblica italiana.

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Check-up, sì o no?

Si scrive check-up e si pronuncia cecàp: è un vocabolo inglese ormai assorbito nel vocabolario italiano. Significa “serie completa di indagini cliniche effettuate per individuare eventuali malattie”: una pratica americana che si prefigge di diagnosticare le patologie prima che diano sintomi, nella speranza che la tempestività delle cure consenta di guarirle. Ma vive effettivamente di più chi fa tanti check-up? La diagnosi precoce è sempre desiderabile? Quali esami servono davvero? E quando?

Verifichiamo quali sono gli esami utili e quelli controindicati con l’aiuto della “medicina delle prove”. Ne gettò le basi a metà del Seicento Jean Baptiste van Helmont che, per verificare l’efficacia delle terapie, propose ai suoi contemporanei: «Prendiamo da 200 a 500 poveracci, li dividiamo in due gruppi e li curiamo con i due metodi che vogliamo valutare. Alla fine contiamo i funerali». Un metodo brutale, che consente però di valutare l’efficacia degli esami. Con questa tecnica sono stati valutati gli esami diagnostici dei 4 tumori responsabili quasi della metà dei decessi per tumore.

Pap test
Il pap test è il tipico esempio di esame utile contro il tumore all’utero, come ha dimostrato uno studio condotto nella Columbia Britannica (Canada) fra il 1955 e il 1988: riduce la mortalità dell’80%. Per prevenire una morte da tumore del collo dell’utero basta che 1.140 donne facciano regolarmente il pap test per 10 anni.

Tracce di sangue
L’esame diagnostico più usato contro il tumore del colon consiste nella ricerca del sangue occulto eventualmente presente nelle feci. Su 10 mila soggetti ai quali viene proposto questo screening biennale, 3.300 fanno almeno un esame, il che basterebbe a prevenire 8,5 casi di morte per tumore del colon retto nell’arco di 10 anni. Alla condizione, però, che di fronte a un risultato positivo il paziente accetti di approfondire gli accertamenti. Purtroppo però i falsi positivi, cioè gli esami che segnalano problemi inesistenti, sono molti. E su 10 mila test, devono seguire in media 2.800 scopie (osservazioni dirette) del colon. Su 2.800 scopie del colon però il rischio è che si verifichino circa 3,4 complicazioni,come perforazioni ed emorragie. Su 10 mila test si devono eseguire, per 600 individui, pure una scopia del sigma (altra parte dell’intestino) e un clisma opaco, e anche questo causerebbe 1,8 complicazioni. Insomma, i ricercatori del Cochrane http://www.marionegri.it/mn/it/sezioni/dipartimenti/labInfo167/attRicerca.html (un’associazione di epidemiologi), che hanno calcolato rischi e benefici dello screening, hanno concluso che i benefici superano gli effetti negativi solo nel caso di popolazione a rischio.

Mammografia
La mammografia è uno degli esami preventivi più efficaci. Ma è ancora controversa l’età alla quale iniziare l’esame. Nella fascia fra 50 e 74 anni l’esame serve anche a chi non è a rischio specifico. Mentre nella fascia tra 40 e 49 anni serve meno: per salvare una sola donna bisognerebbe analizzarne 3.125 per 10 anni, con un rischio di falsi positivi ancora più alto. Quindi secondo i National Institutes of Health americani, la decisione va presa caso per caso, in base ai fattori di rischio della paziente. Ma non aspettatevi miracoli. «Su 1.000 donne sottoposte a mammografia, 200 avranno un falso positivo e si spaventeranno per niente, 20 di queste subiranno una biopsia inutile, i casi di tumore scoperti saranno 30 circa, e fra questi solo 4 saranno debellati con sopravvivenza della paziente» riassumono Filippo Bianchetti e Romeo Riundi, medici di famiglia di Varese, sul settimanale Tempo medico. Per non contare i tumori che ci sono ma non saranno diagnosticati. Insomma, fate la mammografia, ma se il risultato è positivo non è detto che siate malate: prima di angosciarvi, aspettate i successivi accertamenti.

Guardate la prostata
L’esame per individuare un eventuale tumore alla prostata consiste nel cercare nel sangue una proteina, la “Psa”. È forse il test di screening più controverso. Il 70% dei tumori diagnosticati, anche se maligni, non avrebbe mai dato segno di sé. Invece, poiché non si è in grado di riconoscere l’aggressività dei tumori, in genere li si toglie comunque. Ma le possibili conseguenze sono difficili da sopportare: impotenza, eiaculazione retrograda, difficile controllo della vescica. Se non ci sono rischi o sintomi, lo screening non vale la pena».

La vera prevenzione
Forse in futuro sarà diverso. Un test genetico consentirà di prevenire un rischio ambientale, e terapie efficaci e diagnosi precoce ci consentiranno di guarire. Ma per ora, fatta eccezione per il pap test e la mammografia, la fiducia nei check-up ha dimostrato di non avere basi scientifiche, mentre il rischio è che dia una sicurezza fallace. Infatti negli Usa, dove la spesa sanitaria per abitante è sei volte quella della Grecia, la mortalità è più alta del 17%: proprio per lo stile di vita. Per prevenire le malattie serve di più individuare insieme al medico a quali malattie siamo più esposti per ereditarietà, per l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo e per stile di vita. E prevenirle correggendo le abitudini pericolose.

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Un attimo di relax #136

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

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“Che bello dormire la domenica mattina…”

Non perdere mai un minuto a pensare a gente che non ti va a genio.” ~ Dwight David Eisenhover

Libro della settimana:

Guarisci il tuo Apparato Digerente

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