Psiche e Soma

Ricette per una vita migliore!

Month: novembre 2010 (Page 1 of 2)

Curarsi con il cibo.

Il miglior sistema per mantenersi sempre in forma è quello di nutrirsi normalmente. E’ così difficile?

Danno energia, mantengono il corpo a temperatura costante, consentono il ricambio e il buon funzionamento delle cellule all’interno dell’organismo. I principi nutritivi contenuti negli alimenti (cioè vitamine, proteine, glucidi, sali minerali) però non sono tutti uguali. Esistono, per esempio, proteine di facile assorbimento, come quelle della carne, e altre che richiedono tempi di assimilazione prolungati. Ogni alimento, insomma, contiene queste sostanze in dosi diverse, e di qualità differenti. Ma sono tutte indispensabili per il buon funzionamento organico e quindi per mantenersi in buona salute. Ecco perché bisognerebbe mangiare ogni tipo di cibo, dalla cicoria, ricca di cellulosa e vitamina A, alla selvaggina, che contiene grandi quantità di amminoacidi (anche se la carne può essere facilmente rimpiazzata nelle diete vegetariane). Naturalmente esistono alimenti più importanti di altri. Sono quelli che non dovrebbero mai mancare sulla tavola, anche quando si vuole dimagrire. E nutrendosi grazie ad essi, in modo corretto e “normale” ci si ritrova in perfetta forma, senza gli eccessi di una dieta o della palestra.

● Pane, pasta e riso: niente colesterolo.
Vengono spesso dimenticati da chi decide di “pensare alla linea”.Invece recenti ricerche americane hanno evidenziato che l’aumento di alcune malattie come obesità, aterosclerosi, calcolosi e ipercolesterolemia, dipende proprio dal consumo ridotto di questi alimenti (alla faccia delle diete low carb!). Ognuno di loro svolge infatti una serie di azioni importanti all’ interno dell’organismo. Il pane è ricco di proteine vegetali (dal 7 al 9 per cento) vitamine B1 e B2 (intervengono nel metabolismo di zuccheri, grassi e proteine per fornire energia all’organismo) e sali minerali. E’ un alimento pregiato, anzitutto perché non contiene colesterolo. E poi perché fornisce dosi elevate di carboidrati e di fibre che regolano l’attività intestinale. Nonostante lemode recenti, che hanno rivalutato i cibi naturali, spesso è preferibile il pane bianco a quello integrale: quest’ultimo contiene un maggior numero di vitamine e sali minerali, però la presenza di crusca (il rivestimento esterno del chicco di grano) stimola di più l’intestino e quindi l’assorbimento dei principi nutritivi non può essere completo. Inoltre, la maggior presenza di scorie può irritare l’apparato gastroenterico di dispeptici e colitici. Anche la pasta non contiene colesterolo, a eccezione di quella all’ uovo. E se è condita “a crudo” e cotta in modo corretto diventa unalimento straordinario, visto che fornisce all’organismo carboidrati complessi in grado di produrre grandi scorte di energia. La pasta va alternata al riso (contiene meno proteine, ma di qualità superiore) e cotta al dente: in questo modo la masticazione è più prolungata e coinvolge i succhi delle ghiandole salivari che contribuiscono alla digestione. Se, al contrario, la pasta è molto cotta, scivola rapidamente nello stomaco e diventa indigesta. Quale tipo scegliere? Meglio quella integrale, che richiede una masticazione più accurata, provoca una maggiore distensione dello stomaco e consente di raggiungere in fretta il senso di sazietà.

● Pesce: sani come esquimesi
Chi consuma almeno trenta grammi di pesce al giorno riduce il rischio di disturbi cardiaci del 50 per cento e previene l’aterosclerosi. E’ una scoperta  frutto di trent’anni di studi incrociati condotti sugli esquimesi della Groenlandia e sugli abitanti delle coste del Giappone e dell’Alaska. Gli straordinari effetti del pesce di mare dipendono dalla presenza di acidi grassi particolari (EPA e DHA) che agiscono sul metabolismo dei grassi, riducono il rischio di trombosi, migliorano la fluidità della membrana dei globuli rossi (e quindi il loro scorrimento nei vasi) e regolano la pressione sanguigna.

● Verdura: magri come patate
Sulle virtù della verdura, ormai, non ci sono dubbi, visto che fornisce elevate dosi di vitamine, fibre e sali minerali. Ogni varietà contiene elementi particolari indispensabili, eppure esistono ancora alcuni ortaggi troppo trascurati. E’ il caso della barbabietola, povera di vitamine ma ricchissima di sali minerali. O della patata: molti credono che questo tubero faccia ingrassare, e ne consumano il meno possibile. Invece, i glicidi che contiene (18 per cento) non fanno affatto aumentare di peso e l’apporto calorico non è elevato. Basti pensare che un etto di patate danno circa ottanta calorie, contro le 270 fornite da un’equivalente quantità di pane. Inoltre, le patate sono ricche di vitamina B e C.

● Frutta: anche secca
Presenta le stesse virtù della verdura. Ma spesso ci si dimentica che anche arachidi, noci, mandorle e nocciole rientrano in questa categoria, e che contengono elevati quantità di sostanze fondamentali per l’attività cellulare. Si tratta dell’acido oleico, dell’acido linoleico e degli acidi grassi saturi. Questi frutti vanno però mangiati in piccole dosi: un etto di arachidi, per esempio, fornisce addirittura 600 calorie.

● Condimenti: tutti, ma crudi
Vale la regola dell’alternanza. Vanno bene il burro, l’olio di semi e quello di oliva a patto che siano usati crudi. In questo modo si riescono ad assimilare tutti gli acidi grassi indispensabili. Soprattutto quelli polinsaturi (presenti in dosi elevate nell’olio extravergine d’oliva): svolgono un’azione antagonista del colesterolo e prevengono l’aterosclerosi.

Acqua: almeno un litro e mezzo
Nell’organismo, l’acqua svolge una “funzione regolatrice”.In particolare, mantiene la temperatura ostante, trasporta le sostanze nutritive e partecipa alle reazioni metaboliche. L’acqua, insomma,consente il buon funzionamento di tutto l’organismo. Per conservare la salute si dovrebbe berne almeno un litro o un litro e mezzo al giorno. Le acque minerali hanno un residuo di un grammo di sali minerali per litro che, a seconda dei casi, possono moderare o stimolare processi secretivi, attività enzimatiche e metaboliche, eccitare la motilità intestinale o rimuovere spasmi. Il loro impiego deve essere moderato: chi soffre, per esempio, di ulcera duodenale e beve molta acqua gasata, rischia di peggiorare la situazione. Le acque oligominerali sono quelle che lasciano un residuo secco non superiore a 0,2 grammi per litro. Hanno un’azione prevalentemente diuretica. Sono utili in presenza di calcolosi renali, e nei processi infiammatori degli ureteri. Questo tipo di acqua può essere consumata con tranquillità da tutti, tranne che dai bambini: attraverso una diuresi eccessiva possono perdere sali necessari allo sviluppo.

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Un attimo di relax #121

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

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“Io prendo questo, cottura media e una bottiglia del vostro miglior latte “

Si vive una sola volta. E qualcuno neppure una.” ~ Woody Allen

Libro della settimana:

Consapevole - n. 23 Ottobre/Dicembre 2010
Autori Vari

Malattie ereditarie: ecco quelle che colpiscono di più.

Legami geografici, di famiglia, di comunità, aiutano il gene anomalo a diffondersi da una generazione all’altra.

La Fibrosi Cistica

E’una malattia che nella popolazione di origine europea e caucasica colpisce un neonato ogni 2500. Il difetto genico che la origina è localizzato sul cromosoma 7, e i sintomi si manifestano nell’apparato respiratorio o in quello digestivo: in entrambi i casi la fibrosi cistica (o mucoviscidosi) provoca ripetute infezioni, e a lungo andare rende sempre più precaria la qualità della vita. I recenti progressi delle tecniche di laboratorio rendono possibile la diagnosi prenatale nel primo trimestre della gravidanza. Anche la diagnosi dopo la nascita è stata molto anticipata: ciò permette di curare i piccoli ammalati in età precoce, quando le terapie sono molto più efficaci.

Emofilia

E’una malattia del sangue, anch’essa “X-linked”. Il meccanismo di trasmissione è così caratteristico che era noto anche nell’antichità: il Talmud (il testo giuridico sacro delle comunità ebraiche) per esempio dispensa dalla circoncisione i neonati maschi che appartengono a famiglie dove si sono riscontrati casi di emofilia. Sia la “forma A” che la “forma B” della malattia derivano dalla carenza di due sostanze indispensabili alla coagulazione del sangue, rispettivamente il “fattore VIII” e il “fattore IX”. Gli ammalati di emofilia soffrono infatti di frequenti emorragie, debbono fare attenzione anche ai piccoli interventi chirurgici e in seguito ai ripetuti micro-versamenti vanno incontro a gravi blocchi articolari. L’emofilia A colpisce un neonato ogni 10 mila maschi, la B uno ogni 50 mila.

L’ipercolesterolemia familiare

E’ la più frequente tra le malattie autosomiche dominanti e colpisce un individuo ogni 500 nati. Questa patologia è determinata da un difetto dei “recettori” del colesterolo, cioè le minuscole vie attraverso le quali il grasso lascia il sangue e viene assorbito dai tessuti: ciò fa sì che i livelli di grasso nel sangue siano insolitamente alti, aumentando il rischio di aterosclerosi e infarto. Se ambedue i genitori sono affetti da ipercolesterolemia familiare, i livelli di colesterolo sono altissimi fin dall’infanzia e l’infarto può sopravvenire prima dei trent’anni. Quando viene riconosciuta precocemente, però, questa malattia non è drammatica e può essere controllata con dieta e farmaci anti-colesterolo: la terapia si rivela efficace soprattutto nel caso, di gran lunga il più frequente, in cui uno solo dei genitori è ammalato.

La Distrofia

Si tratta della distrofia muscolare tipo Duchenne. E’ una malattia “X-linked” e colpisce un maschio ogni 3500. Si manifesta in genere quando il bambino ha 2- 3 anni di età, attraverso una insolita affaticabilità muscolare. Si tratta di una malattia progressiva, e la morte sopravviene di solito entro il ventesimo anno. Come per tutte le malattie ereditarie legate al cromosoma X, il problema della distrofia muscolare è quello di una analisi genetica delle donne “portatrici sane”: ma in questa direzione molto cammino dev’essere ancora fatto.

La Talassemia

La talassemia è la più diffusa malattia ereditaria della popolazione mondiale”. Si tratta in realtà di un gruppo di patologie molto simili tra loro che -a partire dal difetto di un solo gene localizzato sul cromosoma 16-danneggiano gravemente l’emoglobina. Gli ammalati di talassemia soffrono di anemia per la morte precoce dei globuli rossi, ma anche di frequenti infezioni e di disturbi ossei. Vanno curati con periodiche trasfusioni di sangue: dal secondo decennio di vita, tuttavia, questa cura è a doppio taglio perché provoca un insopportabile accumulo di ferro. Il trapianto di midollo osseo sta dando risultati sempre più soddifacenti, mentre la soluzione definitiva dovrebbe essere legata alla terapia genica (ci vorranno anni però) Una delle forme principali della talassemia, la beta, è frequente in Italia. Infatti, mentre i “portatori sani” della malattia sono, in tutto l’Occidente, circa l’uno per cento della popolazione, nella zona del delta del Po e in Sardegna la percentuale arriva talvolta al 20 per cento, e in tutto il meridione e in Sicilia al 10 per cento.

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Malattie ereditarie:impariamo a conoscerle.

Sono tremila i mali ereditari. Ecco come si trasmettono di padre in figlio.

Genetiche, ma non ereditarie.
Le malattie ereditarie non vanno confuse con quelle cromosomiche, che dipendono dalla perdita o dall’aggiunta di interi cromosomi: questi, come è noto, sono i “pezzi” nei quali è organizzato all’interno della cellula il Dna. Di solito il loro numero è di 23 coppie. Circa un neonato su 150 presenta anomalie cromosomiche. Le malattie che insorgono in questo modo sono anch’esse genetiche, poiché dipendono da un difetto del corredo biologico originale, ma non sono presenti nei genitori e per questa ragione non sono ereditarie. Nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, il padre e la madre di un bambino colpito da malattia cromosomica hanno un Dna integro: il difetto genetico si verifica cioè direttamente nell’ embrione durante le sue primissime ore di vita, quando le poche cellule da cui è composto si sdoppiano, trasformandolo in feto. La più diffusa della malattie cromosomiche è il mongolismo o “sindrome di Down”: essa deriva dal fatto che la ventitreesima coppia di cromosomi è costituita da tre elementi invece che da due. Un’altra patologia legata a difetti cromosomici è l’aborto spontaneo: oggi si ritiene che in una percentuale compresa tra il 40 e il 50 per cento del totale gli aborti spontanei (quelli che avvengono soprattutto nel primo trimestre della gravidanza e senza motivo apparente) siano causati da difetti cromosomici che si sono verificati nell’embrione o nel feto. Sul piano pratico, infine, è fondamentale sapere che la probabilità di malattie cromosomiche aumenta parallelamente all’età di gestazione della madre.

Le malattie che vengono dal passato
Sono diventati celebri in tutto il mondo grazie a Witness, il film interpretato nel 1985 da Harrison Ford: gli Amish, una setta religiosa, discendono da una ventina di coppie emigrate dalla Germania negli Stati Uniti alla fine del Settecento: ebbene, vent’anni fa gli studiosi di statistica sanitaria si sono accorti che in questo gruppo si verifica un enorme numero di casi di acondroplasia, una grave malattia ereditaria caratterizzata da un insufficiente sviluppo del sistema immunitario, e dal nanismo “dalle gambe corte”. Molte altre malattie ereditarie, del resto, sono concentrate in determinate popolazioni. La fibrosi cistica colpisce per esempio 40-50 nati ogni 100 mila tra i bianchi, ma soltanto un nato ogni 100 mila tra gli africani e gli asiatici, mentre la porfiria variegata, vedi sito associazione malati di porfiria, è rarissima in Europa (un ammalato ogni 100 mila nati), ma è invece molto più frequente tra i boeri (300 casi ogni 100 mila nati). Ancora: l’anemia mediterranea (o talassemia) colpisce1000- 2000 nati ogni 100 mila nel bacino del Mediterraneo e nel sud-est asiatico, ma è molto più rara nei paesi del nord-Europa. Il motivo di questa irregolare distribuzione di alcune malattie è comunque tutt’altro che misterioso. Infatti, per ragioni geografiche (come nel caso dei boeri) o culturali certe popolazioni si mescolano alle altre molto raramente: i loro membri si sposano quasi sempre all’interno della stessa comunità e ciò fa sì che i difetti presenti nelle prime generazioni si ripetano con insolita frequenza anche nelle generazioni che seguono. Si è sempre saputo, del resto, che i matrimoni tra consanguinei sono rischiosi per la prole.

Attualmente si conoscono almeno tremila malattie ereditarie diverse, generalmente gravi. Secondo le stime più recenti si può dire che nel loro complesso le malattie ereditarie sono la causa del 10 per cento dei decessi che si verificano nei primi 12 mesi di vita di una persona. Durante gli anni della scuola e in età adulta esse provocherebbero l’8-10 per cento circa di tutti i ricoveri ospedalieri: le sofferenze e i costi generati da queste patologie sono molto alti. Quelle ereditarie sono invece malattie croniche e progressive, e in molti casi non lasciano sopravvivere oltre i trent’anni di età. Per capirle meglio bisogna tener presente che queste patologie non vengono acquisite dall’esterno, come le infezioni, e non sono dovute a un processo degenerativo, come l’infarto o il cancro: al contrario, dipendono esclusivamente dal patrimonio biologico, cioè da un difetto presente su quel Dna che, come una carta di identità duplicata milioni di volte, caratterizza dal primo istante di vita tutte le cellule di ogni individuo Non tutte le malattie ereditarie, però, si manifestano alla nascita: alcune di esse, come l’ipercolesterolemia familiare, compaiono soltanto in età giovanile. Ciò che caratterizza soprattutto le malattie ereditarie è il fatto che il difetto del Dna che le provoca è già presente in entrambi i genitori o almeno in uno di essi: non solo, i meccanismi di trasmissione da una generazione all’altra obbediscono ad alcune leggi matematiche che sono note alla biologia già da molto tempo. Queste patologie possono così essere previste con sicurezza. In particolare è possibile riconoscere, con esami specifici, il difetto genetico negli adulti che le trasmetteranno. E’ anche possibile diagnosticare una malattia ereditaria direttamente nel feto, prima della nascita. Conoscere in tempo lo stato di salute del futuro figlio non serve soltanto a pianificare una eventuale interruzione della gravidanza. Può servire anche al contrario: le coppie che sanno di essere a rischio per una malattia ereditaria, o che hanno già avuto un figlio ammalato possono apprendere dagli esami fetali che il figlio che aspettano è sano.

Portatori sani: attenti ai figli

Ecco come si trasmette l’ereditarietà autosomica recessiva, scoperta da Mendel. I due genitori sono portatori sani: infatti, in ognuno di essi, solo uno dei due geni responsabile della malattia è anormale. Ma nella prole i quattro geni si mescolano in modo che un figlio sarà sano (il primo a sinistra della fila in basso), due saranno portatori sani, come i genitori i due al centro), e uno ammalato (l’ultimo a destra).

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Un attimo di relax #120

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

Funny Pictures - Cyoot Kittehs of teh Day

“I tuoi baci mi ingarbugliano la faccia!”

Quando perdiamo il diritto ad essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi.” ~ Charles Evans Hughes

Libro della settimana:
La Meditazione con i Mudra

Radicali liberi: basta la carota.

Viviamo in pieno clima di guerra ai “radicali liberi”. Crema di bellezza contro l’invecchiamento, complessi vitaminici “antiossidanti”, integratori alimentari ricchi di minerali “riparatori” come il selenio.

Dobbiamo preoccuparci? E’ un problema serio. Se ne parla tanto perché solo da pochi anni possiamo studiarli con apparecchiature sofisticate, dal momento che i radicali hanno una vita fulminea (frazione di secondo) e rimangono pochissimo nel sangue. Si possono paragonare a schegge biochimiche, frammenti di una molecola che si spezza, che trovandosi “liberi” vanno a far danni alle cellule. Risultato: invecchiamento precoce, malattie cardiovascolari, perfino tumori.

Ma non c’è da drammatizzare. Se infatti i radicali possono essere generati da sostanze esterne come lo smog, il fumo delle sigarette e i farmaci, è anche vero che si producono nel nostro organismo nel corso dei normali processi metabolici. Il che significa che il nostro organismo possiede le armi per difendersi da solo grazie alle sostanze antiossidanti (i radicali più dannosi contengono ossigeno) contenute in frutta e verdura: e cioè la vitamina C, i caroteni, ossia i precursori della vitamina A, il selenio. E un aiuto concreto viene dal flavonoidi, contenute ancora nelle verdure, ma anche nel tè, nel vino e nei frutti come mora, mirtillo e uva nera. Ecco la vera guerra contro i radicali liberi, che nessun prodotto commerciale potrà mai eguagliare.

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Pronto soccorso: come aiutare davvero.

Addestrato o no, chiunque può salvare la vita di un infartuato in arresto cardiaco. Basta non perdere la testa, chiamare il 118 e tirare su le maniche, senza respirazione bocca a bocca.

Ogni anno 50 mila italiani muoiono per arresto cardiaco: metà a casa, un terzo al lavoro o per strada, il 65% in presenza di testimoni. Se i soccorsi non sono tempestivi l’arresto diventa irreversibile: le cellule del cervello hanno 6-10 minuti di autonomia, poi le lesioni da mancanza di ossigeno non si possono più riparare.

Rapidità.
La prevenzione del danno cerebrale dipende quindi dalla rapidità e dall’efficacia dell’intervento dei presenti. L’American heart association ha appena aggiornato sulla rivista scientifica Circulation le sue linee guida in base al risultato degli ultimi studi. Questi hanno dimostrato che la rianimazione cardiaca, effettuata senza respirazione bocca a bocca e da chi non ha alcuna preparazione, ha la stessa efficacia di quella con respirazione bocca a bocca effettuata da persone addestrate: raddoppia i casi di sopravvivenza all’infarto. Se questo non bastasse, l’articolo 593 del Codice penale obbliga i presenti ad avvisare l’autorità, cioè a chiamare al più presto il 118, e a prestare assistenza, cioè a praticare la rianimazione cardiaca descritta in queste pagine.

Stato di necessità.
Michael Sayre, docente di pronto soccorso all’Ohio State University negli Stati Uniti e autore delle raccomandazioni, invita a non temere di danneggiare il malato, perché senza rianimazione la sua morte è certa. Anche la legge tutela chi interviene: l’articolo 54 del Codice penale, infatti, invocando lo stato di necessità, afferma che chi, intervenendo, causasse un danno, come la rottura di qualche costa, non è penalmente perseguibile.

Quando intervenire e quando non farlo
Il comitato dell’American heart association precisa che NON si deve intervenirecosì nei bambini e negli arresti cardiaci non dovuti a infarto (come nei casi di annegamento, trauma, ostruzione delle vie aeree,patologie respiratorie acute e overdose da droga). Nei casi di trauma, infatti, muovere il paziente può causare lesioni al midollo spinale. Nell’annegamento il sangue non contiene più ossigeno, quindi è necessaria la ventilazione; quanto all’ostruzione delle vie areere, esse vanno prima liberate.

Il solo massaggio cardiaco è invece utile nell’arresto cardiaco da infarto: il malato perde coscienza segnalando acuto dolore al petto o alla schiena. Per prima cosa conservare il sangue freddo echiamare il 118, precisando cosa è successo e dove (via,numero, piano, nome sul campanello, vostro numero di cellulare). In attesa dei soccorsi, tocca a voi. Verificate prima se il cuore si è fermato ponendo indice, medio e anulare sul collo, esattamente sotto la mandibola, premendo un po’ nel muscolo di fianco alla carotide. Se non percepite l’arteria carotidea dovete effettuare il massaggio cardiaco: il cuore risulta compresso tra due strutture rigide, la colonna vertebrale e lo sterno, e il sangue in esso contenuto viene spinto nelle arterie come accade nella contrazione sistolica. Nell’istante in cui cessa la compressione dello sterno si ha la riespansione elastica del torace e del cuore, che ha l’effetto di risucchiare il sangue dalle vene al cuore, come nel normale rilasciamento diastolico. Iniziata la rianimazione non dovete fermarvi più di 7-10 secondi.

Respirazione bocca a bocca
Uno studio su 4.000 interventi di rianimazione pubblicato nel 2007 sulla rivista The Lancet ha dimostrato che eliminando il bocca a bocca, le speranze di far sopravvivere una persona in arresto cardiaco fuori da un ospedale raddoppiano passando dal 10,2% al 22%.

6-10 minuti preziosi da sfruttare
Se i soccorsi non sono  tempestivi l’arresto cardiaco diventa irreversibile: le cellule cerebrali hanno 6-10 minuti di autonomia; poi le lesioni da assenza di ossigeno diventano irreversibili. Ai globuli rossi, fermi nelle arterie, è però legato dell’ossigeno e il pompaggio manuale del torace ha il compito di farle giungere al cervello per prolungare la sopravvivenza delle cellule e consentire ai soccorsi di arrivare per tempo.

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Come si protegge il cervello?

Ecco il quarto ed ultimo articolo su quest’organo a dir poco fondamentale. Sarà possibile leggerli tutti cercandoli nella categoria Salute del Cervello.

Per i neuroni il pericolo viene dai radicali liberi, cioè molecole che si formano durante il metabolismo dell’ossigeno, e che col tempo possono danneggiare la membrana cellulare, rendendo il neurone più sensibile agli stimoli esterni, e alterandone la capacità di risposta elettrica. Inoltre i radicali liberi incidono sulla corretta produzione del DNA cellulare. Alla fine quindi accelerano il processo di invecchiamento. Per questo la scienza ha concentrato la propria attenzione sulle sostanze ad azione antiossidante, che possono contrastare il danno indotto dai radicali liberi.
Tra i difensori dei neuroni ci sono innanzitutto le vitamine. L’alfatocoferolo, o vitamina E, sembra correlata con una maggior fertilità e longevità. Inoltre la vitamina E è necessaria perché alcuni “scavengers” (spazzini) intracellulari riescano a ripulire le cellule dai composti tossici. E’ il caso del glutatione, una sostanza che favorisce l’azione di alcuni enzimi con effetti antiossidanti.

I carotenoidi, precursori (cioè sostanze che intervengono nel processo di formazione) della vitamina A, vengono invece sintetizzati dalle piante per proteggersi dai radicali liberi che si producono nel corso della fotosintesi. Pare che un’azione simile, pur se non dimostrata, sia possibile anche nell’uomo. L’osservazione che nel sangue delle specie animali più longeve, e dotate di maggior intelligenza, l’acido urico sia presente in concentrazioni elevate ha posto l’attenzione su questa sostanza. Sembra davvero che l’acido urico protegga i lipidi della membrana ellulare dalla perossidazione, cioè dal danno provocato dai radicali liberi. Ma è altrettanto vero che valori di acido urico superiori alla norma possono scatenare attacchi di gotta, perché la sostanza si deposita nelle articolazioni creando un’infiammazione, e danneggiare anche arterie e reni.

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Un attimo di relax #119

Foto, citazione e libro della settimana sono il mio modo per regalarvi un minuto di relax.

Funny Pictures - Karate Cat

“Karate Cat!”

Sono abituato a vedere il tempo come un lampo tra due eternità.” ~ William Morris

Libro della settimana:

Arti Marziali per Negati

Quali malattie colpiscono il cervello?

Ecco il terzo articolo su quest’organo a dir poco fondamentale. Sarà possibile leggerli tutti cercandoli nella categoria Salute del Cervello.

Le malattie che colpiscono il cervello sono diverse, e seguono una evoluzione che dipende dall’età del soggetto interessato. Ci sono cioè disturbi tipici della gioventù, della maturità e della vecchiaia, sempre diversi.
Vediamo i principali.

Peccati di gioventù
La completa maturazione dell’encefalo avviene nei primi anni di vita, quando i neuroni, ovviamente già presenti al momento del parto, vengono stimolati dall’esterno. In questa fase possono comparire i primi attacchi epilettici. L’epilessia è la malattia neurologica (si manifesta con convulsioni, alterazioni dello stato di coscienza o altri disturbi legati alla zona encefalica colpita dal fenomeno patologico) più frequente nei bambini e nei giovani. In circa tre quarti dei malati non è però possibile trovarne la causa. I primi attacchi compaiono normalmente tra i 2 e i 14 anni. Quando i fastidi si presentano in età neonatale bisogna pensare invece a malformazioni, malattie metaboliche rare o traumi da parto, mentre un’epilessia che compare in età adulta può essere il primo segno di un tumore cerebrale o di altre malattie. Come funziona l’epilessia? Nel caso di epilessia a insorgenza focale (cioè in un punto determinato del cervello) un certo numero di neuroni, spontaneamente o in seguito a uno stimolo (per esempio, rumori o luci intense) produce una scarica elettrica anomala. Da questa può derivare un transitorio stato confusionale oppure anche scosse muscolari ripetute in una parte del corpo. In questo caso si parla di crisi parziali. Se l’epilessia è generalizzata invece la scarica anomala si diffonde immediatamente all’intero cervello. Attenzione però anche un cervello normale, in condizioni di ipoglicemia o carenza di ossigeno, oppure quando stimolato con farmaci che possono indurre convulsioni, può essere soggetto a crisi epilettiche. La cura dell’epilessia, che in molti casi può anche sparire da sola, prevede diverse possibilità: dai farmaci che mettono “a riposo” il potenziale elettrico cerebrale (per esempio i barbiturici) a quelli che aumentano la disponibilità di mediatori cerebrali a funzione inibitoria (come l’acido gamma aminobutirrico o Gaba), fino a piccoli interventi chirurgici che rimuovono il nucleo di cellule responsabile degli attacchi. Se le crisi sono invece legate alla presenza di un tumore, o sono l’esito di un passato trauma cerebrale, la terapia va ovviamente scelta in base alla causa.

Crescendo, crescendo
Più si va avanti con gli anni, più i neuroni si deteriorano. Questo avviene per un normale fenomeno di invecchiamento che può però essere accelerato dalla presenza di malattie cerebrovascolari o malattie cerebrali. Il cervello ha costantemente bisogno di nutrimento, tanto che almeno il 15 per cento del sangue circolante è destinato proprio a questo organo. Ed è irrorato da una rete di vasi che può compensare, almeno per un certo tempo, eventuali deficit dovuti alla presenza di lesioni aterosclerotiche. Ma a volte questi meccanismi compensativi non bastano. E’ in questi casi che possono comparire le patologie cerebrovascolari: dall’attacco transitorio, causato da una temporanea ma reversibile alterazione dell’apporto di sangue a una zona cerebrale, fino al vero e
proprio ictus, legato alla morte di un certo numero di neuroni per un blocco della circolazione sanguigna. Anche un’emorragia cerebrale può causare un ictus. Per la terapia occorre anzitutto diagnosticare con certezza se si tratta di una forma ischemica o emorragica. Si deve cioè fare una Tac per conoscere l’origine della lesione. Poi si procede al trattamento: nella forma ischemica si cerca di far ricircolare il sangue aumentandone l’afflusso e riducendo l’edema che comprime le cellule colpite. Nella forma emorragica bisogna, al contrario, evitare che la pressione arteriosa elevata faccia aumentare la perdita di sangue.

Anziani a rischio
La forma più diffusa di malattia cerebrale negli anziani è il morbo di Alzheimer: nelle prime fasi esso induce confusione e perdita delle memoria, in un secondo momento porta il paziente a una totale scomparsa dell’indipendenza psicofisica. Per ora ci sono soltanto ipotesi sui meccanismi che conducono all’Alzheimer. Probabilmente esiste una predisposizione genetica (sul cromosoma 21 c’è infatti un gene che codifica la proteina precursore della sostanza amiloide che invade i neuroni nella malattia). Di sicuro nei malati esiste un difetto nell’attività di alcuni neurotrasmettitori, in particolare dell’acetilcolina, con conseguente allentamento nello scambio di informazioni all’interno del cervello. Nel tessuto cerebrale dei malati si formano placche che lentamente portano a una degenerazione dei neuroni, in particolare nella corteccia e nell’ippocampo una formazione interna del cervello che coordina la memoria, il pensiero e la percezione). Piano piano vengono danneggiate anche le sinapsi, cioè le zone di contatto tra i diversi neuroni, e si crea così una sorta disconnessione tra le cellule. Oggi non esistono farmaci risolutivi, per l’Alzheimer. Quadri clinici simili a quello della malattia di Alzheimer, si possono avere anche in altre patologie: soprattutto nel morbo di Parkinson, una malattia dovuta alla riduzione el numero dei neuroni cerebrali, e da un deficit di dopomina, una sostanza che favorisce il passaggio dei messaggi tra le terminazioni nervose. Si manifesta con lentezza e povertà dei movimenti, rigidità muscolare, tremori.

A tutte le età
Indipendentemente dall’età, poi, una serie di malattie può in effetti interessare il cervello. Alcune infezioni come la meningite o le malattie fungine, per esempio, possono avere gravi conseguenze. Anche alcuni virus del gruppo herpes possono entrare nel tessuto cerebrale, causando una encefalite erpetica: si tratta di una patologia grave, perché il virus avanza distruggendo le cellule cerebrali e formando aree “vuote” di tessuto. Anche il morbillo può provocare una encefalite, e per questo è sempre bene provvedere a una vaccinazione. Lo stesso Aids può interessare l’encefalo: nelle fasi più gravi della malattia si possono avere manifestazioni già definite, come “Aids dementia complex”, che portano a difficoltà di concentrazione, debolezza e difficoltà di mantenere la posizione eretta. Influenza possono avere anche le malattie respiratorie e renali. Una grave bronchite o un enfisema polmonare inducono per esempio un ridotto apporto di ossigeno al cervello, mentre una insufficienza renale può provocare un accumulo di sostanze tossiche non adeguatamente eliminate dai reni. In questo caso i messaggi nervosi non vengono condotti nel modo migliore, e si ha un rallentamento dell’attività cerebrale. Qualcosa di simile accade anche in caso di grave insufficienza epatica legata soprattutto alle cirrosi. Infine le malattie ormonali. Alcune di esse (come l’ipotiroidismo o il morbo di Cushing) possono realmente provocare quadri di demenza, che si manifestano anche con disturbi nei movimenti

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